Come da titolo, per Rust è giunto il momento di pagare. Pagare per i tanti piccoli (e grandi) errori commessi nella gestione tecnica e commerciale del titolo. Anche se, più di pagare, parliamo di rendere. A mettere in giro la notizia è proprio un membro di Facepunch Studios (sviluppatori di Rust), tale Garry Newman, che su Twitter posta un’immagine tutt’altro che confortante:
https://twitter.com/garrynewman/status/880154963334365185
Quello che si evince è semplice e diretto: 329.970 sono infatti le copie vendute di Rust che Facepunch ha dovuto rimborsare. Rimborsi che, in termini monetari, equivalgono a ben 4 milioni di dollari. Parlando di percentuali, sempre Newman fa sapere che tali copie corrisponderebbero a circa il 6% delle vendite totali; cifra verosimile considerando i dati di Steamspy, che attesta circa 5.5 milioni di possessori.
Secondo PC Gamer, che avrebbe contattato direttamente Newman, la motivazione più comune risulta essere “non divertente” seguita da “cattiva prestazione”. Tutte motivazioni, secondo Newman, giuste e condivisibili.
E’ anche vero, e bisogna dirlo, che le politiche di rimborso Steam diventano in alcuni casi limitanti facendo credere ad alcuni utenti che possano bastare meno di due ore per decidere la qualità di un gioco. Tolti problemi tecnici subito individuabili, titoli come Rust, ad esempio, meriterebbero molto più di due ore per essere capiti e apprezzati a pieno.
Tolte le motivazioni addotte da Newman, comunque, la vera causa del declino di Rust noi la conosciamo bene e ci ha colpito tutti in prima persona: la chiusura del server PDV, baluardo della sopravvivenza italica e dei raid 10 vs 1. Torneremo.
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