Epic Games prende molto seriamente il problema del cheating in Fortnite. Forse troppo. L’azienda ha infatti intrapreso un’azione legale contro due giocatori accusati di cheating, ma ha poi scoperto che uno degli utenti a cui ha fatto causa è un ragazzo di quattordici anni. La madre del giovane non l’ha presa bene, e ha difeso suo figlio in tribunale.
Il ragazzo in questione è accusato di aver usato un servizio di aimbot per ottenere un vantaggio scorretto nel gioco. L’aimbot è un servizio a pagamento, che monitora gli streamer di Twitch attivi in gioco, e li attacca direttamente in modo da assicurarne la sconfitta; una tecnica nota come stream sniping. Secondo Epic Games, questo delinea un quadro di violazione del copyright, e della licenza destinata all’utente finale. Il giocatore sotto accusa è stato bannato quattordici volte dalla battle royale di Fortnite; a inizio ottobre, Epic Games ha deciso di intraprendere direttamente la strada legale.
I dev hanno definito il cheating una pratica inaccettabile a prescindere dall’età del reo. La madre del ragazzo ha difeso il figlio in tribunale, dichiarando che Epic Games ha violato la legge dello stato di Delaware rilasciando pubblicamente il nome di un minore. Inoltre, ha sottolineato che il figlio non ha aiutato a programmare l’aimbot in questione, come sostiene Epic Games, ne è solo un utente finale; secondo lei, se qualcuno va preso di mira, è chi produce e offre questi software. Infine, Epic Games dovrebbe spiegare su che basi accusa il ragazzo (fra le altre cose) di aver causato perdite di profitto, dato che Fortnite è free to play. La lettera da lei firmata è consultabile qui.
A fronte di queste argomentazioni, e soprattutto della natura problematica di tentare una causa contro un minorenne, Epic Games ha iniziato a cambiare tattica – ad esempio sostenendo che il suo obiettivo è la rimozione dei video di stream sniping da YouTube. A questo punto è probabile che la causa non andrà lontano, ma per averne la certezza non ci resta che attendere ulteriori sviluppi.
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