Si sentono ancora riecheggiare le risate di alcuni nostri connazionali che commentavano la possibilità che i videogiochi fossero inclusi negli sport. In un paese come il nostro, nel quale il gaming è visto come un hobby ed anche tra i meno nobili, è molto raro che qualcuno prenda sul serio certi argomenti. I tornei poi, sono considerati dall’esterno al pari delle gare di briscola nelle sagre paesane, nelle quali al massimo si vince un prosciutto o una bottiglia di vino. In verità, anche da noi esistono serie realtà che organizzano eventi di eSport, e nel resto del mondo è possibile partecipare a tornei con montepremi di centinaia di migliaia di euro: non stiamo parlando di passatempi da bambini. Di conseguenza, non dovrebbe essere affatto sorprendente (ma di certo per qualcuno lo sarà) che l’uso di sostanze stimolanti sia piuttosto diffuso nell’ambito dei giocatori professionisti. Se ne è iniziato a parlare seriamente nel 2015, dopo che un giocatore di CS:GO ammise candidamente che il suo intero team fosse sotto Adderall in un torneo ESL polacco: in sostanza, erano tutti dopati.
Il doping non potenzia solo i muscoli
Il termine doping fa automaticamente venire in mente un atleta (iconicamente un ciclista o un calciatore) che abusa di EPO o di steroidi per migliorare le proprie performance sportive, aumentando magari la propria resistenza fisica. In verità però le discipline nelle quali è possibile accrescere le proprie capacità con l’uso di sostanze sono praticamente infinite: in un report dell’anno passato anche il bridge ha brillato per irregolarità. Non esistono al momento studi precisi su come i videogiocatori competitivi possano trarre beneficio dall’abuso di medicinali, perciò per analizzare la situazione è conveniente basarsi sulle ricerche effettuate su altri “Mind Sport”, in particolare sugli scacchi.
Nel 1999 la Federazione Internazionale degli Scacchi (FIDE) ha dovuto istituire una politica interna contro il doping, ed iniziare a testare i giocatori in grandi eventi. Non è successo perché lo ritenesse necessario, ma poiché gli scacchi sono stati riconosciuti come sport dal Comitato Olimpico Internazionale, e quest’ultimo richiede obbligatoriamente di aderire a regole che proibiscono l’uso di sostanze. Vi risulta familiare? È ciò che potrebbe succedere in futuro anche nell’ambito del gaming competitivo: se si viene inclusi tra le discipline sportive, pur non essendo necessariamente invitati alle Olimpiadi, ci si adegua alle regole internazionali in materia. Ad ogni modo, erano tutti convinti che fosse una misura del tutto eccessiva ed unicamente formale: figuriamoci se gli scacchisti potessero trarre vantaggio da qualche sostanza!
In realtà, probabilmente alcuni lo fanno eccome. Un recente studio tedesco si è dedicato ad analizzare gli effettivi vantaggi ottenibili utilizzando sostanze nootrope (ovvero che aumentano le capacità cognitive), dichiarando una volta per tutte che esistono benefici anche per i giocatori più esperti, anche se i vantaggi nell’uso risultano maggiori per chi eccelle meno. Ci sono delle differenze notevoli tra scacchi e il videogioco competitivo medio, ma ci sono anche grandi somiglianze: lo studio ha analizzato il miglioramento della capacità di ragionare, di prendere decisioni, mantenere l’attenzione e di essere flessibili nel rispondere ai cambiamenti. Sono tutte caratteristiche più che utili negli eSport, con variazioni a seconda dello specifico titolo considerato.
Quali sostanze si usano?
Il farmaco che sembra andare per la maggiore è l’Adderall, una sostanza della famiglia delle anfetamine che si utilizza per la terapia dell’ADHD e della narcolessia. In Italia non si prescrive, ma negli USA è relativamente facile venirne in possesso. Il Ritalin (Metilfenidato cloridrato) invece si utilizza anche da noi, più o meno con indicazioni simili. Anch’esso è strutturalmente simile alle anfetamine, anche se il suo funzionamento è leggermente diverso, e condivide in buona parte con esse gli effetti collaterali. Nel nostro paese per assumerlo è necessario un piano terapeutico, perciò deve essere prescritto da uno specialista pubblico, e successivamente segnato da un medico di famiglia. Chiude il magico terzetto il Provigil (Modafinil) che in Italia si utilizza solamente per trattare la narcolessia, anche se come i suoi colleghi sembra essere valido anche in altre patologie neuro-psichiatriche. Queste sostanze danno raramente dipendenza se usate a scopo terapeutico, ma la faccenda è ben diversa con l’abuso/doping. Rendono più concentrati, più motivati e permettono di vincere il sonno, perciò sono spesso utilizzate dagli studenti universitari per superare sessioni d’esame, e sono ovviamente perfette per migliorare la propria efficienza nel gaming. I loro effetti collaterali possono essere notevoli, e sono sostanzialmente un potenziamento della loro attività: troviamo tremore, mancanza di respiro, disturbi cardiaci fino all’infarto e disturbi neuro-psichiatrici anche gravi. Senza arrivare a tanto, l’effetto più comune è l’estremo nervosismo, insonnia e calo dell’appetito. Sono droghe con effetto ad “U invertita”, ovvero funzionano bene a dosi intermedie ma hanno effetti opposti con sotto o sovradosaggio. Inoltre, pur essendo efficaci su tutti i giocatori, sembrano essere più utili per chi è meno bravo ed esperto, ed allo stesso modo sembrano potenziare maggiormente le capacità cognitive in chi ha un quoziente d’intelligenza più basso.
Merita un discorso a parte la caffeina, poiché a differenza delle altre sostanze rientra nel nostro uso quotidiano, specialmente nel bel paese. Il dosaggio massimo consigliato per un uomo adulto è di 400 mg al giorno, ed una tazzina di espresso ne contiene circa 80mg, come pure una lattina di Red Bull. Ci sono Energy Drink che contengono fino a 250 mg di caffeina, non considerando peraltro gli altri componenti che spesso aumentano l’effetto, e sono usati ed abusati nei tornei competitivi. Capita praticamente sempre di vedere giocatori che ne bevono, complice anche il caldo in certe location, ed alcune marche di bevande sono sponsor di eventi di alto livello. La caffeina, come dimostrato anche nello studio sugli scacchisti, ha effetto sulle performance, e diminuisce la stanchezza, permettendo di concentrarsi più a lungo. È disponibile anche in gocce, pasticche e spray, ed è senza dubbio la sostanza di cui più facilmente si abusa in questo ambito. Se pensate che vietarla o regolarla sia una pura utopia, sbagliate: già dal 2017 è entrata tra i composti monitorati dalla World Anti Doping Agency (WADA) ed è previsto il suo accurato studio anche nel 2018. Ciò nonostante, parlarne come una droga può certamente far sorridere, ma è bene non sottovalutarne l’effetto.
Impossibili da elencare per la loro numerosità sono infiniti altri agenti nootropi, che includono farmaci e composti fitoterapici, spesso acquistabili online senza alcuna garanzia nella loro composizione o nel loro effetto. Potenzialmente, possono essere più pericolosi del resto, visto che spesso non sappiamo cosa contenga ogni singola pasticca: il consiglio è di non comprare mai online nulla di simile, nemmeno per scopi terapeutici e non di abuso.
Cosa dice la legge?
Tutte le discipline che accettano le regole antidoping della WADA, proibiscono l’uso delle sostanze da essa elencate come dopanti. Di conseguenza, gli atleti possono essere testati in qualsiasi momento, sia durante le competizioni che al di fuori, poiché alcuni farmaci sono vietati anche nel quotidiano. I videogiochi per ora non sono costretti a seguire alcuna regola, se non quelle delle leggi vigenti in ogni paese: possedere ed utilizzare droghe illegali o farmaci senza ricetta, è ovviamente punibile. Per le sostanze legali, ogni singolo organizzatore di torneo si riserva al momento di scegliere cosa accettare o no, ma è possibile che in futuro le regole cambino. Con l’aumento della rilevanza, soprattutto in termini economici, dell’eSport, ci sarà sempre più attenzione riguardo il doping e l’uso di sostanze psico-stimolanti. Ciò sarà necessario anche per garantire il benessere dei giocatori, spesso di giovane età, che si potrebbero trovare dipendenti da anfetamine e subirne gli effetti nocivi. Il problema è che se tanti atleti utilizzano una sostanza che accresce le loro capacità, è difficile per i restanti “puliti” riuscire a competere, generando un effetto domino che presto coinvolge tutto l’ambito competitivo. Bandire la caffeina, o limitarne l’uso, appare molto più complesso per una miriade di ragioni, in primis il fatto che bere caffè fa parte della nostra cultura, così come l’occasionale bevanda frizzante. Ma non si può nemmeno fingere che l’effetto dopante non esista. Sarà, insomma, una bella gatta da pelare per chi si occupa di regolamenti (ed etica) delle competizioni sportive.
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