Eighties gonna hate
Immaginate di tornare con la mente ai mirabolanti anni ’80. Spalline, capelli cotonati, chiodo, colori sgargianti che daltonismo portami via, Maurizio Seymandi. Siete di ritorno dal classico week-end post-paturnie scolastiche in compagnia dei vostri amici. Ad un certo punto però l’imbarcazione che doveva condurvi a casa viene colpita da alcuni proiettili esplosivi partiti dal bagnasciuga. Nonostante le ferite, per fortuna lievi, riuscite a sopravvivere ed a raggiungere la riva. Ad un tratto però, in preda al panico più puro, vi imbattete in una sorta di minaccia robotica che vi stanerà anche in una fossa di un metro per un metro. Benvenuti in Generation Zero, titolo survival fps di quei mattacchioni della Avalanche Studios.
Once upon a time in a pagan wastlands
Scenario: Svezia, secondo dopoguerra. Dichiaratasi neutrale ed uscita altresì incolume dal secondo conflitto mondiale, la nazione che ha dato i natali agli Europe, paga a caro prezzo l’essere rimasta intonsa dopo la guerra. Si vede difatti costretta a stringere patti con Adolf Hitler ed a spendere le proprie ricchezze in un corposo programma di difesa militare. In una sorta di clima da guerra fredda, ogni cittadino è pronto per combattere in guerra. La minaccia proviene da est ed incombe sempre più.
Si comincia creando il proprio avatar, in maniera sin troppo spicciola e predefinita. Si può difatti personalizzare il proprio personaggio scegliendo solo: genere sessuale, fisionomia del volto, tipologia di outfit, stile del dresscode scelto in precedenza. All’inizio la dispersività (sopratutto in single player) la fa da padrone. Il personaggio da voi creato, come da tradizione, ha un sistema di progressione. Ogni livello fa fede a determinati parametri come: luoghi scoperti, livello di occultamento, abilità con le armi, scontri vinti e capacità di fuggire dalle grinfie dell’entità robotica di turno (ebbene si). Ogni livello vi fa inoltre guadagnare un’abilità.
Prendete subito confidenza con l’arma che risulta essere in possesso di un discreto feeling. Realistico anche, fucile in mano, il dover rimanere fermi sul target. Il problema più che altro risiede nei pattern d’attacco nemici: movimenti parecchio veloci, ma alquanto prevedibili e stereotipati. Altra pecca della minaccia robotica risiede in un’intelligenza artificiale piuttosto altalenante, e in una copertura che lascia alquanto a desiderare sopratutto nei punti ciechi o dietro ostacoli di pari situazione altimetrica alla vostra (come rocce o siepi). Fanno da contraltare infallibili modalità di ingaggio che non vi lasciano scampo. Ogni luogo reca l’indicazione di ciò che ivi può essere raccolto, proprio per far fede all’animo molto da accattino del gioco stesso: armi, munizioni, cosmesi da guerra, numismatica, lettere, ed oggetti vari utili alla causa. Per capire perché quei robot così cattivoni sono qui e con chi ce l’hanno di preciso.
I robot risultano essere alquanto simili a seconda della zona occupata. Nella quasi totalità ricordano dei meccano zoomorfi, mentre nella cittadina di Santhalm ne potete trovare altri vagamente simili a Codsworth di Fallout. Dopo un po’ fanno la loro comparsa dei particolari trasmettitori da distruggere: questi strumenti servono per convogliare il segnale delle entità nemiche al fine di coordinare le loro azioni in tutto l’arcipelago. Cercano di stanarvi in lungo e in largo, ma hanno comunque un campo d’azione limitato al loro “accampamento” di afferenza. Il vostro unico obbiettivo è dunque quello di sopravvivere, perciò scappare talvolta non è un becero modo per svignarsela, ma un dovere, sopratutto se dovete far fronte ad un numero esiguo di munizioni.
Elemento che, in tal senso, può fare al caso nostro, è l’assenza di stamina. Il personaggio ad onta di ciò infatti, può correre come Forrest Gump per chilometri senza mai stancarsi realmente, diminuisce solo leggermente la velocità di corsa, ma niente di rilevante. Ne va del realismo, lo so, ma tant’è! Dall’altra parte però cadere da una parete rocciosa anche per pochi metri, vi può causare ingenti danni (no god mode sorry, e ce credo!). All’inizio, a causa dei pochi accampamenti a disposizione, i respawn sono disponibili solo a distanza siderale, e sommando questi elementi, il tutto vi fa bestemmiare in aramaico antico. Poi la situazione, fortunamente, migliora.
I robot non hanno fuoco secondario o razzi ad esempio, ma solo un fuoco automatico. Capito come togliervi dal loro focus visivo, non è più un problema farli fuori senza dover per forza scappare, eccenzionfatta per i tank, fratelli maggiori dei sopraccitati robot, alti quanto un palazzo di tre piani e dotati di una imponente batteria missilistica a disposizione. All’inizio il rischio di rimanere senza munizioni, se si tenta di affrontare i robot invece che scappare, è alto, perciò un buon modo quasi sistematico di abbattere i robot nemici è quello di utilizzare un fucile a pompa semi-automatico, sopratutto le prime di ore di gioco. Radio vecchio stile e segnalatori luminosi vi servono per distrarre i vostri nemici. Anche qui l’intelligenza artificiale stenta un pochettino a decollare.
Ciclo giorno/notte degno di nota, così come le condizioni atmosferiche, anche se di notte l’atmosfera poteva sicuramente essere più d’impatto. Sono i robot che con le loro luci sparate nel buio della notte riescono a rendere il clima leggermente più ansiogeno. Nell’inventario non esistono torce, ma al buio il personaggio ne ha una di default, attivabile col tasto F: non dico di imitare Outcast o Rec ma di certo rendere la torcia un oggetto lootabile a parte non sarebbe stata malaccio come idea per aumentare pathos e realismo. Nei bunker, inizialmente al buio, vi è sempre la possibilità di attivare il sistema elettrico. Vi è inoltre una discreta personalizzazione delle armi: si va dal classico silenziatore ai mirini ottici x4 dei fucili, quello che forse manca è la cosmesi vera e propria dell’arma (meglio così).
Chi non uccide in compagnia non è figlio di Odino
In multiplayer (cooperativo per 4) il livello di divertimento aumenta discretamente. La modalità online può essere attivata sia bel mezzo di una run in single player che, come d’uopo, prima di cominciare a giocare. Una volta piombati in modalità co-op, ottenete lo stesso numero di munizioni e le stesse armi che avete raccolto in single player. Il tutto risulterà meno dispersivo rispetto alla modalità in singolo, a patto che i vostri sodali siano nelle vicinanze, altrimenti gambe in spalla e pedalare. In coop attaccare un accampamento vi regala un senso di immediatezza e divertimento in più, senza perdervi in inutili escursioni fini a se stesse. Quello forse che manca in questa modalità cooperativa è la possibilità di coordinare l’attacco con particolari scorciatoie comandi alla mano: solo comandi vocali. Forse un minimo di tatticismo in più avrebbe aiutato.
Tecnicamente parlando…
Da un punto di vista tecnico presenta un solido motore grafico: sopratutto su Pc alle alte risoluzioni, la foresta è costellata di particolari ,come texture del fogliame, rugiada, pioggia, effetti luce e foschia che rende il tutto ancor più palpitante. Sufficiente la resa delle armi, tra usura ed intagli. Le colonne sonore action eighties vi accompagnano in ogni fattoria “svaligiata” e forniscono quel quid in più in termini di suspance. Effetti discreti ma migliorabili, fisica ambientale nella norma (non fa decisamente gridare al miracolo) così come quella delle armi. Effetti particellari da rivedere, esplosioni godibili ma c’è di meglio.
È intelligente ma non si applica
Titolo parecchio free roaming se giocato in singolo,sopratutto le prime ore di gioco sarete dei provetti Mc Giver, Generation Zero fornisce un’esperienza esplorativa tanto ridondante quanto, paradossalmente, interessante. Non tanto per il poter lootare il mondo da villette, fattorie, garage, chiese, pied a terre e quant’altro, ma per il buon taglio cinematografico e le musiche d’atmosfera parecchio sci-fi anni ’80. Queste ultime contribuiscono a dare quel pathos e quella profondità alla foresta (così come la foschia rilevante a livello di resa) che, invece, interazioni alla mano, non ci sono. Due enormi pecche fanno da contorno al tutto: non vi è la presenza di alcun NPC interagibile e non si può guidare alcun veicolo. Questi ultimi difatti vengono utilizzati solo come una sorta di portagioie di tutti i monili da survivor presenti in loco.
Modalità in singolo e multiplayer cooperativo, per certi versi viaggiano in parallelo. La seconda serve per rendere più divertente e meno ridondante la prima, e ci riesce a metà sempre a causa di una dispersività che sottostà alla totale assenza di mezzi di locomozione. Un vero peccato. Se giocato in compagnia di 3 amici, come d’uopo in modalità del genere, il divertimento ne potrebbe giovare ed il senso di dispersività scemare. Per risolvere le missioni vi basta raggiungere o liberare dalle entità robotiche, la postazione di turno. Nessun caso da risolvere, mini-game o similare: anche un qualcosa di diverso dal doversi limitare all’abbattere la ferraglia aliena sarebbe bastato, mentre l’unica eccezione rimane il dover distruggere i ripetitori sopraccitati.
A far funghi tra minipimer incattiviti
Un discreto potenziale di fondo tra storia, atmosfera e ambientazione, letteralmente sprecato in un gioco che sembra una beta incompleta venduta a prezzo pieno. In multiplayer tra sodali ha il suo perchè, ma da qui a giustificare un investimento a prezzo pieno per un titolo del genere, ce ne passa. Dare un’altra possibilità agli Avalanche Studios in merito ci sembra d’obbligo. Sperare in un secondo capitolo magari meno dispersivo, con dei mezzi a disposizione (per la serie Far Cry ma non troppo) e degli NPC vivi, vegeti ed attivi ai fini delle meccaniche di gioco, ci sembra cosa buona e giusta. Ripartire da comparto tecnico, atmosfera, storia e ambientazioni: forza Avalanche, datti da fare!! Vi ricordiamo che Generation Zero è disponibile ora per Pc, Ps4 e Xbox One.
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