Devo ammettere di non conoscere molto il panorama videoludico italiano. Ho avuto modo di realizzare un’intervista con Studio Evil, la software house dietro Super Cane Magic ZERO; ho provato GRIDD: Retroenhanced e sono rimasto affascinato dalla sua visione retrofuturistica tutta anni ’80, e penso di potermi fermare qua. Non credo di aver mai giocato ad altro di italiano e se l’ho fatto, non ne ero a conoscenza. Qualche giorno fa, gironzolando su Facebook, ho notato una persona nella lista amici che condivideva il link di questo HyperParasite e l’ho immediatamente adocchiato su Steam. Rogue-lite shooter/brawler con visuale isometrica? Ok, va bene, me l’hai già venduto. Il titolo è sviluppato da Troglobytes Games, una software house con una lunga esperienza alle spalle che, secondo il sito web, ha iniziato a pubblicare già nel 2001 su Game Boy Advance per poi passare al PC e ai titoli in Flash.
Il titolo, come dichiarato da loro stessi, attinge tanto dall’estetica anni ’80 con quella sorta di gusto retrofuturistico che trovo sempre di mio gradimento. Discorso ben diverso per quanto riguarda il gameplay, l’elemento che mi ha realmente ed immediatamente conquistato. Il giocatore comanda un parassita, il cui attacco è piuttosto basilare così come gli spostamenti. Girovagando per una città non meglio identificata, il nostro piccolo alter ego deve far strage di chiunque gli capiti a tiro, ed ovviamente tutti, siano essi poliziotti o vecchiette armate di carrello, vogliono fermarci. Il povero parassita ha a disposizione una sola vita: gli basta essere toccato da un nemico per veder svanire tutti gli sforzi fatti, in pieno stile roguelike. A ciò sopperisce la meccanica più interessante e su cui poggia il titolo stesso: tramite la pressione di un tasto possiamo letteralmente attaccarci ad un nemico, che diventa l’organismo ospite, e decidere se spararlo via contro altri avversari oppure entrare al suo interno. Nel caso in cui si opti per una visitina interna acquisiamo le abilità, gli attacchi e la vita dell’avversario. La scelta è piuttosto ben integrata all’interno del tessuto ludico dell’offerta, ed anzi presenta anche dei guizzi piuttosto geniali. Di fatto i nemici sono la nostra vita, senza di loro dureremmo davvero poco, soprattutto contro i boss, momento in cui la difficoltà generale del gioco, mai troppo bassa, ha un’ascesa verticale e sembra uscire fuori un animo da bullet hell la cui impostazione mi ha ricordato Enter The Gungeon, giusto per citare un titolo recente.
A ciò si aggiungono anche elementi tipici dei roguelike. Ad esempio, dopo la morte la partita ricomincia da zero ma con un livello generato in maniera diversa. Inoltre sono presenti dei potenziamenti sparsi per i livelli, il cui funzionamento, giusto per nominare un altro titolo recente, mi ha ricordato alla lontana quello presente su Dead Cells. Inoltre è presente anche un negozio in cui spendere i soldi trovati sia sui nemici uccisi che all’interno delle classici oggetti distruttibili sparsi per il gioco. Occhio però a non entrare sotto forma di parassita, in quel caso il proprietario non sarà così gentile! Per alimentare ancora di più la longevità arriva in aiuto la sopracitata possibilità di possessione dei nemici, che non è da subito disponibile per tutti. Alcuni personaggi, magari un po’ più forti della media, sono bloccati e bisogna batterli in modo da acquisirne il cervello – letteralmente – da portare poi al negozio. Una volta effettuata quest’azione, dobbiamo cominciare a investire monete fino a sbloccarli.
Ricordo comunque che il gioco è ancora in accesso anticipato, ma si presenta già estremamente bene. Molto divertente e con un’estetica che cattura subito, HyperParasite può tranquillamente farvi perdere il senso del tempo una volta catapultati nel suo mondo. Di seguito vi lascio ad una galleria di immagini e una breve intervista realizzata con il team di sviluppo, buona lettura!
Partiamo da una domanda semplice: come è nata l’idea? C’è qualche aneddoto interessante a riguardo?
Qui da noi in ufficio abbiamo un vecchio cabinato arcade degli anni ’80, e spesso giochiamo ai giochi del passato per studiarli e imparare nuove cose (vi assicuro che c’è molta più roba interessante in quelli che in molti giochi AAA moderni…). Un giorno stavamo facendo una partita ad un vecchissimo gioco chiamato Avenging Spirit: in questo gioco sei una sorta di “spirito” che può entrare nei corpi di vari personaggi e controllarli. Allora siamo stati folgorati da questa idea di un gioco con meccaniche simili, ambientato però negli anni ’80 (epoca in cui siamo nati e di cui siamo grandi appassionati). Da lì è nata poi l’idea di utilizzare personaggi e situazioni che ricordano film, fumetti, libri e videogame di quegli anni.
Quali sono le difficoltà maggiori per una software house in italia? Si pensa ne esistano poche ma sembra che con il passare del tempo lo scenario si stia allargando sempre di più, è una mia impressione o c’è effettivamente un ampliamento del settore?
Onestamente, al momento l’Italia non è il Paese adatto dove sviluppare videogame, soprattutto se parliamo di giochi/team indipendenti. La burocrazia, la lentezza e spesso l’assenza totale delle istituzioni in questo settore sono un grosso deal-breaker per chi vuole sviluppare giochi qui. Purtroppo ci sono tanti casi (che preferisco non citare) di software house nate in pompa magna, con grandi investimenti di capitali, che si sono sciolte come neve al sole in brevissimo tempo, nella maggior parte dei casi per colpa di un management spericolato quando non del tutto incompetente. Se parliamo di competenze tecniche, la situazione è decisamente più rosea: ci sono, in Italia, tantissimi bravi artisti, programmatori e tecnici in grado di competere tranquillamente con le loro controparti estere. A causa dei suddetti problemi, però, molti vanno via dal nostro Paese per cercare fortuna (e riconoscimenti) all’estero. Molta gente validissima e in gamba che conosciamo ha operato questa scelta, ed è difficile dargli torto… Negli ultimi anni però si è assistito anche alla nascita di diverse realtà indipendenti, che stanno pian piano ritagliandosi il loro posto nel settore, ed alcune entità come AESVI (Associazione Editori Sviluppatori Videogiochi Italiani) che offrono un prezioso supporto agli sviluppatori. Staremo a vedere come si evolve la situazione.
Le fiere aiutano realmente gli sviluppatori (al di là del fattore marketing)?
Assolutamente sì, sono uno strumento e un’occasione per gli sviluppatori di far conoscere il proprio gioco e le proprie competenze. Esclusa la questione marketing (che comunque richiede investimenti che non tutti possono permettersi, basti pensare a quanto costa, ad uno sviluppatore, esporre ad eventi come GDC o gamescom), ci sono mille altri motivi per presenziare a questi eventi: conoscenza più approfondita del settore, networking con altri sviluppatori, possibilità di sviluppo business con publisher/investitori, rapporti con media, giornalisti e creatori di contenuti come streamer/youtuber, ecc. Tutto questo senza menzionare la cosa più importante: il feedback dei giocatori. Avere un prodotto in uscita e poter assistere di persona mentre centinaia (o addirittura migliaia) di persone lo provano è una miniera inesauribile di preziose informazioni che aiutano a migliorare quel prodotto e a portarlo ad un livello di rifinitura ancora più alto.
Che tipo di formazione avete e quali competenze servono per lavorare ad un prodotto come HyperParasite?
Nessuno di noi è laureato, abbiamo iniziato a lavorare quasi subito dopo la scuola (qualcuno anche in settori che con l’informatica non hanno nulla a che vedere), per poi ritrovarci nel 2015 a fondare un team di sviluppo indipendente, condividendo la nostra passione smodata per tutto ciò che riguarda i videogame e soprattutto le meccaniche che li compongono. Alcuni di noi hanno invece un’esperienza ormai ventennale nel settore, avendo lavorato per lo più sotto altre etichette o come freelancer sempre in ambito di videogame ed applicazioni multimediali.
Se aveste potuto creare un qualsiasi videogioco del passato quale sarebbe stato?
Sicuramente avremmo voluto creare Tetris, perché è geniale e imperituro (e infatti continuano a sfornarne cloni e varianti anche al giorno d’oggi), e la gente di tutto il mondo lo conosce e lo adora.
Da quale tipo di background nascono i personaggi del gioco? L’ambientazione ed il setting, come da voi dichiarato, ricade negli anni ’80 ma avevate in mente un personaggio/gioco/film ben preciso in mente durante la pre-produzione?
L’idea alla base di HyperParasite è proprio quella di pescare a piene mani dall’immensa cultura pop degli anni ’80, creando personaggi, meccaniche e situazioni ad essa correlate. Non c’è un solo film/gioco a cui ci siamo ispirati, bensì centinaia: dai personaggi, ai classici cliché dei film d’azione di quell’era, ai poster che trovate appesi in giro per i livelli di gioco. Abbiamo cercato di mantenere una coerenza costante per l’ambientazione ed abbiamo effettuato diverse ricerche al fine di immergere i giocatori (anche quelli più giovani che non hanno vissuto gli anni ’80) in quell’atmosfera.
Come stanno andando le vendite del gioco? Ultimamente è partita una guerra di revenue tra Steam ed Epic Games Store, siete soddisfatti della vostra scelta?
HyperParasite è uscito da meno di una settimana in Early Access su Steam, quindi non abbiamo ancora dati a sufficienza per poter rispondere a questa domanda. Siamo sicuramente molto contenti di come è stato recepito dai giocatori (l’abbiamo portato all’EGX Rezzed di Londra) e dalla stampa specializzata, anche del calibro di Rock Paper Shotgun, che ha dedicato al nostro progetto articoli e review. Riguardo la diatriba Steam/Epic, secondo il nostro modestissimo punto di vista, al giorno d’oggi, uno sviluppatore dovrebbe cercare di portare il proprio gioco su qualsiasi piattaforma disponibile, quindi noi saremmo per pubblicarlo ovunque. Ci rendiamo tuttavia conto che l’offerta di Epic sia allettante per via
della percentuale che offre, e quindi comprendiamo coloro che hanno accettato l’esclusiva.
Se doveste consigliare un altro indie italiano oltre il vostro, quale sarebbe?
Ci sono diversi team italiani con prodotti interessanti e di tutto rispetto; team come Studio Evil, Untold Games, DESTINYbit, ecc. Consiglieremmo anche Empires in Ruins degli amici Hammer & Ravens!
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