730 giorni trascorsi
Un altro giorno è passato, anche se forse sarebbe meglio dire che ne sono passati anche troppi. Due anni di stenti, di fughe, di lotte. Due anni da quando se n’è andata lei e tutto è cambiato. La pandemia si è sparsa per il mondo lasciandolo in balia degli infetti. Li chiamiamo Furiosi, un nome decisamente appropriato. Vagano senza una reale meta, comandati ormai da un mero istinto selvaggio. Quello di sopravvivenza appartiene al mondo antico, è stato dimenticato. Un po’ come i Ripugnanti ma quegli psicopatici non hanno nemmeno la scusa di essere stati infettati, sono solo pazzi. Come se non bastasse ci si mettono anche questi dannati Randagi. Sarò pure considerato come uno di loro ma non sento di farne parte, la maggior parte combina solo guai su guai. A me sì che interessa sopravvivere, ho un obiettivo, devo andare a nord. Gli accampamenti organizzati da coloro i quali credono di avere ancora un barlume di lucidità in un mondo ormai perso mi permettono di riposare ed organizzarmi, tocca farseli amici. Meglio che mi rimetta in sella ora, la strada davanti è ancora lunga e anche questo giorno sta passando.
È con queste premesse che inizia Days Gone, l’ultimo titolo della software house americana SIE Bend Studio. L’azienda è conosciuta globalmente per la celebre saga di sparatutto in terza persona Syphon Filter, realizzata quando lo studio portava ancora il nome Eidetic, che venne abbandonato in seguito all’acquisizione da parte di Sony. Da allora, dopo una lunga serie di titoli che hanno attraversato tre diverse generazioni di console, con una puntatina anche alle sfortunate console portatili PlayStation, Bend Studio approda all’ultima generazione. Lo fa con tanto, forse troppo ritardo, e con quello che dalle premesse sembra un titolo ambizioso, se rapportato a quanto realizzato fino a quel momento dallo studio, ma con i piedi ben piantati per terra. Dopo l’annuncio nel 2016 se ne persero le tracce per molto tempo, tanto che ci si aspettava il peggio ma, con una strategia di marketing ben piazzata, negli ultimi mesi sono usciti a cadenza più o meno regolare una serie di video che mostravano vari elementi del gioco e che hanno saputo riaccendere la fiamma della curiosità in molti videogiocatori. Allacciate la bandana, accendete la moto e preparatevi a scappare, perché la vita è davvero dura nella regione di Farewell, nell’Oregon.
C’è da sottolineare subito un elemento molto importante del gioco, che avevo inizialmente preso sotto gamba ma che mi è arrivato addosso con brutalità: siete in un open world survival. Dimenticatevi subito GTA e similari, poiché in queste terre nessuno vi regala niente e dovete lottare con le unghie e con i denti per sopravvivere ogni istante. Ogni munizione, ogni oggetto raccolto potrebbe fare la differenza tra la vita e la morte. O dare la possibilità anche di fuggire, dato che tale opzione si presenta piuttosto spesso. La campagna principale si snoda attraverso una serie di missioni impartite o via radio o conseguenziali alle nostre azioni, e da questo punto di vista Bend Studio non ha puntato a modificare un sistema già ben rodato, bensì ha optato per una scelta semplice e funzionale. Insomma, è un sistema di progressione del tutto simile a quanto visto negli ultimi capitoli di Grand Theft Auto o Horizon Zero Dawn, giusto per citarne due. Progredendo con la storia di Days Gone, Deacon fa la conoscenza di svariati personaggi che popolano le pericolose zone del gioco, sviluppando con ognuna di loro una sotto-trama che si intreccia perfettamente con il tessuto narrativo creato. I toni cupi fanno da contorno ad un racconto di disperazione e di speranza, approfondito soprattutto dai molti video presenti, anch’essi ben incastonati nel comparto ludico. Certo, non mi hanno mai fatto gridare al miracolo né puntano alla perfezione, ma non è su di loro che poggia l’offerta proposta e devo dire di averli generalmente apprezzati, anche grazie alla carica emotiva che spesso riuscivano a trasmettere. La narrazione riesce a tenere alta l’attenzione sfruttando una buona dose di colpi di scena, non strabilianti e forse prevedibili ma che raccontano una storia di dolore che vi fa entrare nei panni di Deacon e vi trascina per bene durante tutto il gioco. Ogni tanto sembra che abbiano preso un po’ troppo spunto, sia narrativamente che ludicamente, da altri titoli first party di Sony come The Last of Us o Uncharted 4 ma il protagonista di Days Gone riesce a ritagliarsi comunque una sua nicchia ed una identità ben precisa.
Un rapporto difficile
Oh m****, possibile che questa dannatissima moto debba rompersi sempre? Benzina, pistoni, devo tenere sott’occhio troppe cose e, inevitabilmente, qualcosa mi sfugge. Per fortuna il carburante è piuttosto comune e le pompe continuano a funzionare così come è facile trovare pezzi di ricambio, diventati una merce piuttosto comune, anzi, nemmeno devo pagarli di solito, basta saper cercare bene! I Furiosi sanno a malapena concepire l’atto di nutrirsi, se prendo i pezzi che mi servono dalle auto oramai abbandonate non credo proprio si lamenteranno. Devo solo stare attento a non fare troppo rumore, non è divertente trovarsi di notte a rovistare nel motore di un rottame e sentire il rumore dell’antifurto che parte. Anche perché il suono immediatamente successivo è solitamente quello di un’Orda che arriva per nutrirsi e, se si è abbastanza fortunati, il rumore dopo sarà quello prodotto dalla fuga. Se si è sfortunati non si sente più nulla.
Dopo la prima oretta di gioco di Days Gone, che funge da introduzione per una serie di elementi base del gameplay, vi trovate a poter girovagare con la vostra moto, alquanto malridotta. La mappa di gioco si apre davanti a voi, con le dovute limitazioni del caso rintracciabili anche in altri titoli simili e superabili tramite l’avanzamento nelle missioni storia. Cominciate subito ad apprezzare la moto, poiché è la vostra unica e più fidata compagna, vera co-protagonista del gioco. Solo grazie a lei siete in grado di sfuggire alle Orde e, da questo punto di vista, gli sviluppatori hanno voluto premere il pedale del realismo a livelli piuttosto alti. Quella su cui state in sella non è certo una moto ultimo modello e ha bisogno della giusta cura ed attenzione. Deacon, durante il periodo precedente alla distruzione della civiltà, faceva parte di una banda di motociclisti – e non solo – e sa bene come prendersi cura della sua piccolina. State quindi attenti a non andare a sbattere troppo spesso o ad atterrare male. Oltre a veder ridotto l’indicatore dello stato della moto, potreste anche essere sbalzati dalla sella e morire in un colpo solo. Fortunatamente ripararla non è un compito difficile: le strade percorse sono disseminate di relitti meccanici da frugare, tra cui automobili, camion, ambulanze e macchine della polizia tra cui fare lo slalom e che interrompono spesso le nostre scorribande.
Senza dubbio conviene molto dare un’occhiata ai veicoli, dato che all’interno del cofano, la cui apertura richiede pochi secondi in cui si è indifesi agli attacchi, è possibile ritrovare rottami con cui poter far tornare in splendida forma la nostra moto. La sua perdita di integrità è indicata da un progressivo malfunzionamento che porta prima ad una diminuzione della velocità massima e infine ad uno stop totale, che obbliga a portarla avanti a spinta. Questa evenienza chiaramente si presenta anche nel momento in cui finiamo la benzina e siamo obbligati ad arrivare alla più vicina stazione di rifornimento, fortunatamente tutte funzionanti, o a trovare una preziosa tanica rossa con cui riempire il serbatoio. Ad inizio gioco sono piuttosto complicate da trovare ma una volta capito il loro posizionamento, fisso e vicino ad elementi ben distinguibili, non si hanno problemi. Se invece vi capita di rimanere fermi in mezzo al nulla, forse la soluzione migliore è il suicidio, scelta che di fatto non vi attribuisce penalità di sorta, se non la perdita degli oggetti raccolti dopo l’ultimo salvataggio, che avviene manualmente quando si è vicini alla moto oppure automaticamente all’inizio e alla fine delle missioni, o infine ancora quando si compiono determinate azioni. Se vi trovate fermi in mezzo al nulla quindi, evitate di salvare! A questi sistemi di manutenzione viene affiancato anche un modesta serie di potenziamenti da applicare alla moto, acquistabili da alcuni meccanici – non tutti -, che permettono di aumentare velocità, resistenza o ridurre il rumore prodotto. È anche possibile divertirsi nel modificare la livrea e l’estetica generale. Sinceramente mi aspettavo qualcosa in più da questa sezione, data l’importanza che hanno voluto donare alla moto anche nel marketing di Days Gone precedente alla pubblicazione: non l’ho trovata una componente così estesa come immaginavo. I potenziamenti sono pochi ed essenziali, così come le possibilità di personalizzazione. Un discorso a parte va fatto per il sistema di guida, che fornisce un primo impatto piuttosto negativo e con uno strano effetto saponetta. Dopo qualche ora di gioco ed essermi abituato, devo dire di averlo generalmente apprezzato, trovando piacevole correre lungo i sentieri sterrati. È però ben lungi dall’essere perfetto: gli impatti con i nemici sono mal realizzati e se andiamo a sbattere, per fare marcia indietro e ripartire c’è un inspiegabile ritardo piuttosto fastidioso. Vi sono anche differenze nella guida a seconda che si stia percorrendo un sentiero asciutto, uno bagnato dalla pioggia o uno innevato ma non sono poi così marcate.
Meglio armarsi bene prima di partire
Comunque fa ridere che una delle poche cose che si sia salvata dal mondo antico siano le armi. Per carità, è piuttosto normale data la loro presenza in ogni casa, ma tentare di ricreare una società con l’aiuto di oggetti che di solito la fanno morire è assurdo. Fortunatamente ho imparato a muovermi e spesso non sono nemmeno costretto ad usarle. Basta nascondersi per bene, cercare i cespugli, arrivare alle spalle del furioso di turno e zac, con una coltellata finisce tutto. Così si evita anche di far casino, non avete idea di cosa significhi ritrovarsi addosso un’orda. Oh, no che non lo sapete… ed è meglio così. Non immaginate nemmeno cosa sia la paura se non ne avete vista una. Grazie a dio Sarah mi ha insegnato qualcosa di utile, e so almeno le basi di primo soccorso, altrimenti la mia vita qua fuori sarebbe stata decisamente più breve.
Deacon non è sempre costretto alla fuga, anche se questa scelta vi mostra tutto il suo fascino in ben più di una occasione. Days Gone è un misto tra uno sparatutto in terza persona, un survival – dove, in sostanza, all’indicatore della fame si sostituisce quello della benzina della moto – e uno stealth. Ogni colpo sparato deve essere ben ponderato e soprattutto deve essere successivo ad uno accurato studio dell’ambiente. Non è mai consigliato sparare, chiaramente, se vicino ci sono più zombie in quanto sono sensibili ai rumori prodotti, che siano armi, sirene o antifurto delle macchine (un classico). Per quanto riguarda la mia esperienza, ho trovato molto più soddisfacente ed utile un approccio stealth alla maggior parte delle situazioni, con l’utilizzo di pietre per distrarre o attirare i nemici al punto prescelto, potendo così eliminarli in maniera rapida e non discreta. Nel caso in cui si fallisca, si passa alle maniere forti. Il sistema di mira mi ha ricordato un po’ quello di Uncharted 4 solo più pesante e non perfettamente calibrato ma che svolge bene il suo compito. I colpi delle armi si “sentono” e l’headshot, dopo qualche ora di pratica, è garantito. Se i nemici si avvicinano troppo potete ricorrere alle armi corpo a corpo, che trovate disseminate in giro con un loro indicatore di danno e resistenza, oppure potete crearle ad hoc tramite dei progetti, ottenuti una volta finite alcune serie di missioni. La vostra ricerca di materiali deve essere incessante anche perché, grazie a loro, potete riparare queste armi in qualsiasi momento tramite i rottami oppure creare bombe di vari tipi, tra cui spiccano le fidate molotov. Non aspettatevi però volumi di fuoco alla Gears of War! Anzi, in Days Gone è sempre meglio puntare sempre alla testa, soprattutto contro le Orde.
Queste vengono indicate come una sorta di nemico diverso rispetto al normale furioso, pur essendo da loro composte. Non appena un certo numero di zombie, piuttosto elevato, si raduna in un punto della mappa, nasce un’Orda. In questi casi sono tendenzialmente più piccole rispetto a quelle già prestabilite in quell’area e indicate nel menù di gioco, la cui eliminazione è propedeutica per il raggiungimento del 100%. Questo sistema viene velocizzato anche dalla Sirena, una Furiosa che può lanciare un grido e richiamare così tantissimi nemici. Sì, tipo Left for Dead, e non è l’unico nemico preso di peso da quel titolo, anche se non lo considero un difetto: sono elementi oramai entrati nell’immaginario collettivo e videoludico, e vengono sfruttati spessissimo. L’avvicinamento all’Orda viene indicato da un cambio della musica e dai rumori piuttosto insistenti che si sentono in lontananza. Ovviamente è impossibile disperderle senza essere visti, e bisogna essere preparati molto bene per affrontarla, soprattutto le prime volte. Anche qui è necessario uno studio della zona, in cui potreste trovare disseminati materiali esplosivi propedeutici alla vostra voglia di sterminio. Elemento molto interessante e che rende fattibile la loro eliminazione è la permanenza. Se la prima volta che vedete l’Orda eliminate cento furiosi, al ritorno la trovate ridotta, in quanto gli zombie per fortuna non si rigenerano. Una situazione comoda, che mostra il fianco a qualche lamerata ma nel complesso ritengo fosse l’unica scelta sensata. Distruggerne una intera in un solo passaggio è impossibile per quasi tutta la durata del gioco. In compenso, mi è capitato anche di tornare dopo qualche giorno nel punto in cui avevo visto la prima volta il gruppo di Furiosi senza però ritrovarlo poiché si era spostato per la mappa. Non aspettatevi ovviamente di ritrovarli dalla parte opposta del mondo: rimangono sempre in zona.
Amici e nemici
Per fortuna posso contare ancora sull’aiuto dei sopravvissuti. Beh, almeno alcuni. I Ripugnanti si sono organizzati in una specie di culto malato ed essere catturati da loro vuol dire solo una cosa: torture di tutti i tipi. Se si è abbastanza resistenti da rimanere in vita, la mente è oramai persa, e finiscono il loro lavoro con un bel lavaggio del cervello e sei pronto a servire la loro “causa”, se mai esiste. Dall’altra parte ci sono gli accampamenti. Non mi attira molto farne parte e dover sottostare agli ordini del capo di turno, è per questo che sono un Randagio. Le regole mi stanno strette e la mia casa è l’Incubo. Un nome appropriato per quella che una volta era una normale zona montana dispersa ed anonima. Al contempo ne ho comunque bisogno, è la che posso trovare medici, munizioni o anche un semplice posto sicuro per riposare. Forse mi toccherà cambiare idea ma al momento va tutto bene, sono due anni che io e Boozer siamo in giro e non ci è successo mai nulla.
Deacon sa badare a se stesso ma in suo aiuto arriva la meccanica degli accampamenti. Sono delle zone sicure. all’interno delle quali non possono entrare Ripugnanti, Furiosi o animali selvatici, e fungono da hub generale. È possibile quindi trovare meccanici da cui potenziare e sistemare la moto, mercanti da cui acquistare armi e munizioni oppure cacciatori di taglie. A loro si consegnano gli oggetti collezionabili raccolti dai corpi dei nemici con i quali è possibile accumulare crediti e fiducia. Gli accampamenti sono totalmente divisi tra loro ed hanno ognuno delle peculiarità: se in quello di Copeland è possibile migliorare la moto, in quello di Tucker si possono trovare buone armi e così via. Questa divisione si riflette anche sui crediti, la valuta del gioco. Essi non sono sempre a disposizione, ma sono spendibili solo nel campo presso cui li abbiamo guadagnati. Ciò porta a diversificare molto l’azione di gioco e a svolgere missioni per i diversi accampamenti presenti. Possiamo quindi andare a caccia di Ripugnanti e ripulirne le zone occupate oppure andare a distruggere i nidi in cui dormono, come ibernati, i Furiosi. Anche in questo caso possiamo scegliere se andare di notte, momento in cui escono a caccia, trovando più zombie all’esterno ma dovendone affrontare di meno una volta bruciato il nido, o di giorno, dove si presenta la situazione opposta. Potremmo anche dover correre in moto, all’inseguimento di ex membri degli accampamenti che hanno rubato qualcosa e stanno fuggendo. In questo caso il sistema di mira manuale viene sostituito da uno automatico nel quale il reticolo si restringe tanto più siamo vicini all’avversario, buon sistema che permette di concentrarsi quasi esclusivamente nella guida del mezzo.
Di fianco a queste sono presenti anche le missioni di infiltrazione all’interno dei campi della NERO e gli eventi random nella mappa. Nel primo caso bisogna trovare uno dei campi di ricerca della società, ripristinare la corrente ed entrare stando ben attenti a non attirare troppo l’attenzione. Molte volte mi è capitato di trovare nelle zone limitrofe un bel po’ di Larve che, è inutile girarci intorno, sono bambini infetti. Il primo impatto con loro mi ha spiazzato, poiché non ricordo un gioco oltre a Days Gone in cui si potessero eseguire delle azioni su di loro, sui bambini. Andando a memoria, in Fallout sono bloccati e non si può far loro nulla, mentre in GTA non esistono proprio. La scelta di inserirli è sicuramente di impatto, soprattutto quando ve ne ritrovate a decine che vi corrono dietro. Tornando al discorso principale, le missioni NERO sono tra le più importanti sia dal punto di vista narrativo che di gameplay vero e proprio. Nei laboratori si trovano potenziamenti per Deacon che aumentano, a scelta, Vita, Vigore o Concentrazione rendendoci più forti. A questo sistema si affianca anche una progressione del livello del personaggio tramite punti esperienza, in stile GDR. Ad ogni avanzamento si ottiene un punto abilità spendibile all’interno di tre rami diversi, che apportano miglioramenti alle armi da fuoco, a quelle da combattimento ravvicinato ed alla sopravvivenza. Le altre missioni legate alla NERO, tutte uguali nelle meccaniche e da approcciare obbligatoriamente in stealth, compongono tutto il background legato al virus diffuso nella zona e di cui non parlerò oltre proprio per evitare di dirvi troppe cose.
Per concludere, dal punto di vista tecnico Days Gone si trova su ottimi livelli. Il colpo d’occhio dell’ambiente è eccellente, e a metà gioco subisce una decisa virata dai verdeggianti panorami a cui ci siamo abituati fino a quel momento in favore di altre zone. Il cambio è preceduto da un avviso di schermo e porta Deacon ad esplorare vette innevate o “zone morte” all’interno delle quali i Furiosi hanno schemi ed energia diversi rispetto a quelli visti nella prima metà, e di cui non riferisco dettagli, considerando quanto siano legati a doppio filo alla trama. È stata una svolta che ho apprezzato molto, poiché permette sia di sviscerare ancora più a fondo la bella storia del gioco, nella quale gli sviluppatori hanno riversato buona parte delle loro energie, sia perché va ad aumentare molto l’elemento longevità, che si assesta tranquillamente sulle 35/40 ore di gioco, spese intraprendendo solo la storia principale. Ad esse si aggiungono poi tutte quelle dedicate alle varie missioni secondarie, e non sono affatto poche. Una piccola nota dolente potrebbe essere rappresentata dai modelli dei Furiosi, tutti piuttosto standardizzati – su questo Dead Rising rimane incontrastato – ma la varietà dei nemici non manca, e vengono introdotti nuovi avversari da cui guardarsi le spalle durante tutto l’arco narrativo. I caricamenti sono generalmente veloci tranne in rari casi, di solito prima di video o missioni particolarmente lunghe. Il frame rate è piuttosto traballante e non mancano episodi di stuttering o repentini cali di frame su Playstation 4 Pro, console su cui l’ho giocato. In certe aree della mappa, più avanzate nella storia del gioco, non si spera nemmeno di arrivare ai 25 frame e la situazione spesso si fa tragica. Ho riscontrato anche la presenza di scie su vari oggetti in movimento e no, non era il ghosting della tv, assicurato. Ho provato il gioco su un pannello LG 55B6V Oled e non ha dato fastidi di questo tipo su nessun altro titolo. È possibile però che questi problemi possano essere risolti con patch successive, non sarebbe la prima volta.
Per essere una nuova IP, Days Gone si presenta come un titolo eccellente per Bend Studio, che dalle piccole produzioni su portatile è finalmente tornata in pompa magna sulla console principale di Sony con un gioco coraggioso, non rivoluzionario ma che si ritaglia tranquillamente una sua fetta nel panorama odierno e da cui, si spera, la software house potrà trovare il giusto slancio per nuove produzioni sulla futura home console.
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