Di mondi distopici nell’ultima decade se ne sono visti parecchi, e se dovessimo andare alla ricerca di quando hanno iniziato a comparire sul mercato, si potrebbe quasi affermare con certezza che tutto è partito dal 2011 con il ritorno su PlayStation 3 di uno dei franchise più iconici di sempre ovvero quello di Deus Ex. E’ stato infatti grazie all’arrivo di Adam Jensen (il protagonista di Deus Ex: Human Revolution) che gli sviluppatori di videogiochi hanno iniziato a proporre mondi distopici dalle forti tinte Cyberpunk.
Tuttavia, a causa della vastissima offerta ludica incentrata su questo sottogenere della fantascienza, mi sono approcciato a Dry Drowning con una certa dose di scetticismo, durato per un breve lasso di tempo. La prima cosa che colpisce del titolo è la direzione artistica capace di stupire e affascinare, grazie ad una palette di colori che alterna tinte pastello a scale di grigio, bianco e nero, che donano all’intera esperienza una ammaliante atmosfera Noir. L’immaginario narrativo costruito dal team di sviluppo riporta alla mente l’iconografia di quel capolavoro firmato dal regista Ridley Scott, che porta il nome di Blade Runner. Il protagonista del gioco, il detective Mordred Foley, per certi versi ricorda molto Deckard (il protagonista del film citato poc’anzi) non tanto nel look quanto nel suo modo attento e meticoloso di condurre le indagini, ponendo attenzione anche ai dettagli all’apparenza più insignificanti.
Nonostante gli evidenti punti di contatto con l’immaginario del celebre film, l’opera di debutto di Studio V riesce comunque a mantenere una sua fortissima identità iconografica. La corposa sceneggiatura è composta interamente da bivi: ogni scelta che il giocatore è chiamato a compiere ha una ampia ripercussione sugli eventi del gioco. Sempre a proposito della storia, va detto che vi sono ben tre finali possibili, e che la durata complessiva dell’avventura si attesta sulle otto ore, che possono facilmente superare le venti se si decide di provare tutti i bivi narrativi disponibili. La colonna sonora composta per lo più da brani di pianoforte riesce ad accompagnare molto bene ogni cosa che succeda su schermo. Il gameplay è costruito in modo da offrire un’esperienza investigativa davvero appagante: come ogni buon detective che si rispetti, infatti, la prima cosa da fare è cercare indizi che vi possano portare alla risoluzione del caso. Detto così può sembrare una cosa abbastanza semplice e lineare, ma non lo è affatto: per risolvere il caso è richiesta una ottima memoria sia delle persone che man mano incontrerete nel corso dell’avventura. sia delle prove che raccoglierete durante le indagini. Durante gli interrogatori, può succedere che sul volto del vostro interlocutore compaia una maschera dalle forme animalesche, quando ciò avviene significa che vi sta mentendo.
Oltre alla splendida direzione artistica, l’altra vera protagonista del gioco è sicuramente l’ambientazione: Nova Polemos, la tentacolare città che fa da sfondo alle vicende è davvero ben caratterizzata e ricca di fascino; strade bagnate da una pioggia incessante, vento che spira forte, luci e insegne al neon, sono alcuni dei dettagli che vi colpiscono come un pugno in pieno volto, non appena avete superato il menù del gioco e l’introduzione iniziale. Studio V è riuscito a proporre una versione molto convincente e personale del celebre “effetto farfalla”, e a far sì che il giocatore senta il peso e la responsabilità di ogni singola decisione. Dry Drowning però esattamente come Nova Polemos: qualche ombra oscura ce l’ha, ed è da ricercarsi principalmente nel design di menù non proprio ispirato e in alcune semplificazioni inserite nelle indagini. In conclusione, VLG e Studio V hanno fatto davvero un ottimo lavoro con Dry Drowning, e se siete alla ricerca di un titolo con una forte componente investigativa, allora non esitate oltre: prendete cappello ed impermeabile e andate a esplorare la città, non ve ne pentirete.
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