Durante la gamescom 2019 abbiamo avuto il piacere di incontrare e intervistare Patrice Désilets, la mente creativa dietro i primi tre titoli di Assassin’s Creed. Patrice ha fondato nel 2014 la Panache Digital Games, studio di Montreal che ha lavorato in questi anni al primo progetto, ovvero Ancestors: The Humankind Odyssey. La sua grande esperienza e creatività è nota a tutti, e la chiacchierata è stata un autentico piacere.
Parliamo di Ancestors. Intanto congratulazioni, sembra un titolo magnifico. Qual è la prima emozione che vorresti che il giocatore provasse iniziando il gioco?
All’inizio vorrei che i giocatori capissero che non sarà un’impresa facile. L’Africa è lì per mangiarli. Devono esserne almeno un po’ intimoriti.
Quindi la paura?
Sì, ma non paura del tipo “aargh”! Devono capire che sarà difficile, perché sono prede. Sì, sei una preda e l’obiettivo è proprio diventare predatore, che è quello che siamo noi al momento. Siamo i predatori peggiori del pianeta, tanto che lo stiamo distruggendo del tutto e non sappiamo come fermarci. Ma in seguito vorrei anche che si affezionassero alle scimmie.
Riguardo ai primati: Ancestors è un survival, ma le scimmie sembrano davvero fragili. Come avete combinato i due fattori?
In un certo senso va di pari passo. Non sei solo: sei un clan, e non giochi mai davvero un singolo personaggio. Ad esempio adesso nel gioco io ne ho creati un paio e li ho fatti riprodurre, perché mi serviva qualche neonato.
Quindi il trucco è lavorare insieme, non come un singolo elemento?
Esatto. La vera differenza rispetto ad altri survival, è che gli altri in genere sono in prima persona, hai un tuo inventario personale e magari ti costruisci un castello. In questo caso è un gioco action in terza persona.Puoi saltare in giro e giocare come Super Mario, ma non devi scordarti di bere, mangiare e dormire. In più devi gestire il tuo clan, e il tuo obiettivo è di evolverti da una specie ad un’altra. Ha diversi livelli di complessità.
L’evoluzione è scientificamente accurata o vi siete presi qualche libertà?
Lo è per quanto possibile. Ma la timeline la governa il giocatore: al primo gameplay ho cercato di essere più scientifico possibile, ma poi ho capito che giocare così era noioso. L’obiettivo non è ricreare ciò che è successo davvero, bensì lasciare al giocatore la possibilità di generare la propria evoluzione personale. Il gioco in questo non ti aiuta per nulla: devi seguire il tuo istinto nel scegliere dove andare e cosa fare. In pratica sto chiedendo al giocatore: Ehi Homo Sapiens, riesci a sopravvivere come i tuoi antenati? Se il gioco fornisse troppi aiuti, sarei io stesso a rispondere alla domanda. Ma al contempo abbiamo fatto le nostre ricerche, perciò il titolo è più accurato possibile, ma con un po’ di poesia aggiunta.
Quindi avete dovuto studiare anche un po’ di paleoantropologia?
Eh sì, i primi due anni sono stati tutti di ricerca. Ci sono ben 23 specie tra l’ultimo antenato comune e l’Homo Sapiens, e nel gioco ne interpreti 6. Abbiamo inoltre dovuto anche studiare cosa fosse presente in Africa all’epoca: abbiamo idee su quel continente molto sbagliate. Ad esempio, non c’erano banane in Africa! Nemmeno il mango: veniva dall’India e ce l’hanno portato gli esseri umani.
Ho visto in un video qualche dettaglio sul sistema ormonale della dopamina, puoi spiegarcelo?
Eccolo qui nel gioco [indica lo schermo], la dopamina è legata al mio stato emotivo. Al momento la barra è piena, ma se mi allontano troppo dall’insediamento dove risiede il mio clan, il livello scende e provo paura. Ne perdo anche se si avvicina un predatore, ma ne ottengo altra se faccio ciò che mi piace: mangiare, prendersi cura dei membri del clan, dondolarsi sulle liane, o scoprire novità. Chiaramente è solo una rappresentazione di come funziona in realtà: abbiamo studiato l’argomento ma non volevamo certo realizzare una lezione al riguardo. La cosa carina è che mentre il personaggio guadagna dopamina, lo stesso succede anche al giocatore che si sta divertendo!
È vero che avete provato a limitare le ispirazioni e le contaminazioni di altri media?
Non so se questo l’ho mai detto di preciso. I miei giochi però sono diversi: non penso mai di trattare un argomento perché va di moda ed è popolare. Prima studio la materia. È il soggetto che conta: non puoi semplicemente creare un gioco e poi ficcarci dentro l’ambientazione.
Quindi prima crei il soggetto e poi espandi il mondo?
Esatto! Avevo pensato di realizzare un gioco sui nostri antenati, gli ominidi di milioni di anni fa. Come vivevano? Cosa succedeva? E realizzandolo ho capito quanto è importante per noi avere due mani, perciò l’ho inserito nel gioco: devi controllare entrambe le mani per riuscire a creare utensili.
Avete iniziato con una struttura a episodi per il titolo. È stato faticoso poi cambiarla e passare a un titolo unico?
È difficile rispondere, perché abbiamo cambiato struttura ormai da tre anni. Ma non è stato difficile all’inizio, ci siamo chiesti con il mio team se fosse fattibile. Non è un gioco tripla A, ovviamente.
Ok, ora arriva la domanda su Assassin’s Creed. Pensi che qualche elemento di Assassin’s Creed abbia giocato un ruolo nello sviluppo di Ancestors?
Ma certo. Come qualcuno mi ha detto prima: è un gioco di Patrice Désilets! Ha in comune l’immersione, la replicabilità, l’azione. Quando vieni attaccato da un predatore, la camera si muove in un modo particolare al rallentatore…Ovviamente è anche diverso in altre cose, non è la storia di un eroe e non segue una narrativa precisa. D’altronde gli ominidi non parlano nemmeno!
Hai sentito molto la pressione nel creare una nuova IP?
No, la sentirei di più nel realizzare una IP creata da qualcun altro. In Panache è tutto molto chiaro: chi siamo, cosa realizziamo. Creiamo nuove storie, è quello che siamo.
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