Sapete cosa ho pensato quando ho letto questa notizia sulla percentuale di giocatori di LOL che subisce molestie?
“Così pochi?”
Da completo estraneo al mondo di League of Legends, conosco il gioco come “Quello in cui ci si insulta”. È sicuramente uno stereotipo, ma la percezione di quella community dall’esterno è tale che se al posto del 79% nel titolo ci fosse stato scritto 100% non mi sarei comunque stupito.
Quindi ho letto la notizia, ho rafforzato l’idea di partenza che avevo su chi frequenta League of Legends e poteva essere finita così. Poteva, ma no. Il gruppo Facebook di Parliamo di Videogiochi ha rilanciato la notizia, e il tono predominante nei commenti era più o meno questo.
“Grow a spine”
“Smettete di fare gli snowflakes”
“Ignorateli”
“È solo un gioco”
“Benvenuti su internet”
Questi commenti hanno fatto nascere un dibattito in redazione da cui è scaturita una domanda: sono peggio gli insulti o questo atteggiamento da internet del 2009?
Perché anche se va detto che vi erano commenti di condanna (#NotAllGamers) a me il problema sembra affliggere tutta la community dei videogiochi (#YesAllGamers).
Mentre il mondo attorno a noi cresceva, sviluppava nuove sensibilità o più semplicemente intimava alle persone di smettere di fare schifo, noi videogiocatori siamo rimasti chiusi nella nostra cameretta a insultarci a vicenda per un missclick. Ma internet non è più il luogo dell’anonimato in cui sfogare i nostri peggiori istinti, le donne non sono più tutti uomini di mezza età, i bambini non sono più tutti agenti dell’FBI.
Forse è ora di maturare. Di rendersi conto che quando giochiamo non siamo chiusi in macchina. Gli insulti che urliamo arrivano a qualcuno, e possono far male. Ma dato che siamo cresciuti con l’empatia di un comodino, se preferite vi do una ragione migliore per smettere di ignorare questi comportamenti.
Se continuiamo così le software house inizieranno a sbarazzarsi di noi.
E sapete perché dico questo? Perché tra i gamer io vivo nel peccato, commetto il più atroce dei delitti. Io seguo il calcio.
L’atteggiamento di chi gioca on-line solo per insultare la gente non è diverso da quello degli hooligans inglesi che negli anni 80 andavano allo stadio solo per riempirsi di botte a vicenda. Sapete come è finita per loro? Sapete come si sono liberati di quei subumani? No, non è stata la repressione della Tatcher come molti credono. Sono state le squadre di calcio stesse. Prima un biglietto in curva costava due sterline. Dopo 50. Tempo dieci anni e il calcio inglese si è trasformato, perché se ammazzarsi a vicenda costa mezzo stipendio, non ne vale più tanto la pena. Famiglie allo stadio, spettatori a un centimetro dal campo, più soldi alle società. Ad oggi la Premier League è il campionato migliore al mondo anche per questo.
Nei commenti sotto al post di cui sopra qualcuno diceva:
“più si sale di rank meno tossici sono. I giocatori che si sono impegnati per centinaia di ore per diventare platino o più non perdono tempo a scrivere insulti”
Già, e in un gioco free to play il tempo è la sola valuta che puoi investire. Me se la cosa dovesse continuare, se diventasse un fenomeno sempre più grave, cosa impedirebbe alla Riot, alla Valve o alla Blizzard, di iniziare a farci pagare il biglietto d’ingresso? Perché se spendi soldi (magari tanti, magari ogni mese) per giocare, ci pensi due volte prima di farti bannare per insulti.
E quindi noi, quelli che “benvenuti sull’internet”, quelli che “grow a spine”, che magari non insultano ma tollerano, ignorano, si girano dall’altra parte, ci ritroveremo con 20€ di abbonamento mensile a LOL. E il trend è già iniziato, guardate Hearthstone che si prepara a chiudere le partite competitive al free to play per indirizzarlo su Battlegrounds, modalità in cui, guarda caso, l’interazione tra giocatori è impossibile.
Non sarebbe forse il caso di fermarli prima che questo accada?
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