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Resident Evil 3 Remake – Recensione

L’orrore è una delle sensazioni primordiali più diffuse, che ciascuno di noi, nelle sue forme ed accezioni più varie, ha sicuramente sperimentato almeno una volta nella vita. Senza dubbio, in qualità di videogiocatori, per noi l’interfacciarsi con la paura messa in scena da sviluppatori e designer di diversi titoli non è certo esperienza nuova. Anzi, si potrebbe dire che ci siamo quasi abituati. Ma nei confronti di determinate esperienze non ci si abitua mai, e anzi se ne vorrebbero provare sempre di più. Questo Capcom lo sa bene: inutile girarci intorno, la sua serie survival-horror di punta, Resident Evil, ha intrattenuto e intrattiene tutt’ora generazioni di videogiocatori. Dopo il passo falso rappresentato dal sesto capitolo, la software house di Osaka ha saputo correggere il tiro e, nel giro di poco tempo, tornare a farsi amare dai fan. Questo prima con un settimo capitolo diverso, innovativo e in controtendenza; poi, con un entusiasmante remake di Resident Evil 2. Oggi, scommette ancora e ci riprova nuovamente con Resident Evil 3 Remake, riproposizione delle avventure di Jill Valentine e Carlos Oliveira che avevano visto la luce nel lontano 1999. Capcom sarà riuscita a replicare il successo dello scorso anno? La risposta non è così semplice come sembra, ed è accompagnata tra l’altro da numerosi dubbi e incertezze. Ma andiamo con ordine.

Raccoon City, 1998

La storia comincia esattamente a Raccoon City, un giorno prima degli eventi narrati nel secondo capitolo. Ci troviamo nei panni di una Jill Valentine fortemente provata dalle esperienze vissute a Villa Spencer. Sospesa dal servizio, la protagonista è in procinto di abbandonare la città per denunciare al mondo gli orrori che stanno avendo luogo. Tuttavia, l’Umbrella sembra avere piani ben diversi. Mentre si trova nel suo appartamento, la telefonata di Jill con un determinato personaggio viene interrotta dall’arrivo del Nemesis, un bestione di due metri appositamente progettato proprio dalla società di biotecnologia sopracitata per far tacere gli ultimi membri rimasti della S.T.A.R.S. Jill viene però salvata in extremis da Carlos Oliveira. Il suo piano è quello di rimettere in moto la metropolitana della città per garantire una chance ai pochi superstiti rimasti. Inizia così il nostro tentativo di fuga da Raccoon City.

Per le strade della città

Dal punto di vista del gameplay, Resident Evil 3 Remake è pressoché inalterato rispetto al predecessore. Il sistema di movimento e puntamento è sostanzialmente lo stesso, complice anche il medesimo motore grafico. È possibile quindi spostarsi in tutte le direzioni e farsi strada sconfiggendo gli infetti con ogni arma a nostra disposizione. Un cambiamento degno di nota è però rappresentato dalla schivata. Se nel remake dell’anno scorso questa non era particolarmente efficace, qui se effettuata al momento giusto si rivela davvero utile: permette infatti di rallentare il tempo e contrattaccare il nemico di turno con più precisione. Inoltre, in questo rifacimento il coltello non è un consumabile. Certo, non permette più di divincolarsi dalle prese nemiche, ma rappresenta comunque un ottimo strumento di difesa, specie quando bisogna accertarsi se uno zombie è effettivamente morto. Insomma, il gameplay non mostra cambiamenti di rilievo, rimanendo ancorato agli stilemi di RE2 Remake. Tuttavia è impossibile non notare lo spirito smaccatamente più action che contraddistingue questo episodio. La mappa di gioco, quale che sia l’area che stiamo esplorando, è costellata in maniera sensibilmente frequente da generatori elettrici e barili esplosivi, che permettono di sbarazzarsi di molti nemici a schermo contemporaneamente.

Inoltre, dimenticatevi la pressione evocata dal dover dosare attentamente le munizioni a disposizione. Nonostante uno spazio iniziale dell’inventario ridotto, in Resident Evil 3 Remake i colpi abbondano considerevolmente. Non proprio un bene, dal momento che uno dei punti di forza del capitolo precedente era stato quello di saper mettere alla prova la parsimonia e il buon senso del giocatore, costringendolo di fatto ad utilizzare il proprio arsenale con criterio. Concetto che invece, in questo episodio, è assente, a favore di un feeling di gioco sicuramente più dinamico e permissivo, ma proprio per questo leggermente meno entusiasmante. Questo si traduce anche in un generale riassetto della difficoltà di gioco, che risulta molto meno ostico del remake precedente. Il divertimento è comunque assicurato, ma dispiace vedere la componente survival decisamente più trascurata e messa in ombra rispetto allo scorso anno.

Longevità, esplorazione e problem solving? Mai sentiti prima

Altro grande elemento impossibile da ignorare in Resident Evil 3 Remake è la linearità dei livelli e la pressoché totale assenza di enigmi. Per quanto riguarda il primo punto, il capitolo precedente ci aveva entusiasmato con una planimetria delle ambientazioni davvero ragionata, studiata, ricca e complessa. E forse ci aveva abituato troppo bene. In questo episodio, fatta eccezione per l’ambientazione iniziale e le prime sezioni di gioco, strutturate su diversi edifici e strade secondarie esplorabili, a farla da padrona sono stage quasi unidirezionali, in cui tutto ciò che dobbiamo fare è andare da un punto A a un punto B della mappa. Tra l’altro i bivi narrativi presenti nel capitolo originale, così come le ambientazioni della Torre dell’Orologio e di Raccoon Park sono state, con buona sorpresa, rimosse. E questo non sarebbe nemmeno un problema, dal momento che le sessioni di gioco risultano comunque divertenti stimolanti.

A peggiorare la situazione, come già detto, vi è poi la questione degli enigmi non pervenuti. Da sempre segno distintivo e caratteristico della serie, in questa riedizione né Jill né tanto meno noi riusciamo a scorgerne l’ombra. Tralasciandone alcuni presenti in via del tutto sporadica durante l’avventura, sotto questo punto di vista si rimane con l’amaro in bocca, e non si può fare a meno di chiedersi il motivo di questa discutibile scelta di design. Ulteriore delusione è rappresentata da una longevità ridotta all’osso. Volendo stare larghi, la campagna può essere tranquillamente portata a termine in 4-5 ore di gioco, includendo nel conteggio anche il tempo speso per morti, caricamenti e varie cut-scene. Se è vero che anche la durata del capitolo originale era simile, a Capcom sarebbe bastato riproporre quanto di buono fatto l’anno scorso, con ben due campagne giocabili, ciascuna dotata di due percorsi alternativi. Certo, qui al termine dell’avventura ci viene affidato un punteggio e un rank influenzato dal quantitativo di colpi utilizzati, morti sostenute e salvataggi effettuati, ma non si tratta certo di una meccanica sufficiente a stimolare la rigiocabilità.

Una storia ben raccontata

D’altro canto, la sceneggiatura di Resident Evil 3 Remake riesce a risollevare almeno parzialmente la situazione. Numerosi i cambiamenti, ora più ora meno evidenti, alla narrazione di gioco, a partire dall’incipit dell’avventura. Questi però non rappresentano un punto a sfavore: potreste apprezzarli o meno, ma alla fine si tratta pur sempre di gusti strettamente personali. Tuttavia, è la caratterizzazione dei personaggi ad essere stata particolarmente curata. Tanto i due protagonisti quanto i comprimari sono ben sviluppati, resi più credibili, e le loro motivazioni riescono a fornirgli il giusto risalto, rendendoli più di semplici macchiette. Nulla di trascendentale s’intende, ma comunque stiamo parlando di un livello di scrittura e di una cura nello sviluppo degli attori in scena che lascia piacevolmente sorpresi.


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Tensione solo apparente

Menzione a parte merita il vero fulcro di Resident Evil 3 Remake, il Nemesis. La versione modificata del Tyrant, antagonista principale di Jill, Carlos e dell’intera S.T.A.R.S. col tempo ha finito per essere una vera e propria icona della serie e, in particolare, del terzo capitolo datato 1999. Peccato però che, in quest’occasione, gli sviluppatori non abbiano saputo rendergli giustizia. Non date adito alle influenze di marketing e ai trailer degli ultimi mesi: il Nemesis non è la nostra ombra, ma finisce per essere quella di sé stesso. È vero, nelle fasi iniziali questo colosso intimorisce, atterrisce e spaventa non poco: ma è principalmente a causa della nostra inesperienza e della nostra poca preparazione. Proseguendo nell’avventura, l’arsenale in nostro possesso si fa sempre più variegato e pericoloso. Conseguentemente, il Nemesis finisce ben presto per perdere quella terribile aura di invincibilità, riducendosi piuttosto a un saltuario nemico da rallentare in determinate situazioni. Persino in paragone a Mister X, l’ultima arma dell’Umbrella sembra non avere lo stesso terrificante carisma della sua controparte poligonale. Un vero peccato, specie se si considera che il misterioso nemico è stato, a conti fatti, la mascotte promozionale del gioco.

Artisticamente e tecnicamente saldo

Dal punto di vista artistico e tecnico, Resident Evil 3 Remake se la cava però egregiamente. L’atmosfera di una Raccoon City devastata e sull’orlo del collasso è ricreata in modo magistrale. Le strade sono nel caos più totale, quasi ogni cittadino è stato infettato e i pochi sopravvissuti rimasti fanno di tutto pur di mettersi in salvo. La disperazione, la follia, e la lugubre degradazione degli ambienti sono materialmente palpabili, specie in alcune specifiche sezioni di gioco. Tecnicamente parlando, la versione PlayStation 4 provata si attesta stabilmente sui 60 FPS e non presenta cali o rallentamenti in quasi nessuna situazione. Eccezion fatta per i nemici più lontani, che invece sembrano essere a caccia di frame, piuttosto che di cervelli. Nulla per cui gridare allo scandalo, sia ben chiaro, ma si tratta di piccole incertezze che spezzano l’atmosfera e il ritmo di gioco che un RE Engine tirato a lucido è riuscito a creare.

Uniti REsistiamo… forse

Magari consapevoli delle mancanze e delle lacune disseminate lungo il percorso tracciato da Resident Evil 3 Remake, Capcom quest’anno ha cercato di rimpinguare il piatto offrendoci anche questo inedito Resident Evil Resistance, un’appendice esclusivamente dedicata al multiplayer. Si tratta di partite che vedono coinvolti cinque giocatori in totale, quattro nel ruolo di sopravvissuti e uno nelle vesti del Mastermind. Compito di quest’ultimo è quello di ingegnarsi per fare in modo che gli altri quattro giocatori non riescano a fuggire. Per raggiungere il suo intento, il giocatore che lo interpreta deve osservare gli altri sopravvissuti attraverso telecamere e piazzare tramite delle carte differenti ostacoli, siano essi zombie, cani, tagliole, trappole o vere e proprie armi da fuoco. Può anche ricorrere all’arma biologica, un nemico potentissimo in grado di mettere a dura prova gli altri giocatori. Dal canto loro, questi devono pensare a fuggire entro un determinato intervallo di tempo, eliminando gli ostacoli del Mastermind, acquistando oggetti dal Negozio e potenziando le loro abilità. Il tutto mentre risolvono diversi rompicapo all’interno dell’area di gioco. Eliminare le minacce del Mastermind fa guadagnare tempo extra mentre subire danni o, peggio, morire, lo riduce sensibilmente. Si tratta, in sintesi, di un espediente leggero e senza troppe pretese, ma non rappresenta nulla di più di un semplice passatempo.


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Un passo che non convince appieno

Pur essendo un titolo del tutto valido e godibile, Resident Evil 3 Remake non regge il confronto con l’ottimo lavoro svolto da Capcom con le avventure di Leon e Claire. Forse la prima mossa della compagnia non del tutto riuscita dopo la serie di successi degli ultimi tempi, verrebbe da dire. Resta pur sempre un Resident Evil, e in quanto tale gli amanti del genere e i fan della saga non dovrebbero lasciarselo scappare. Dovrebbero, forse, affrontarlo con meno entusiasmo rispetto a quello che sarebbe stato lecito aspettarsi, e questo, inutile dirlo, è un vero e proprio peccato. Soprattutto se lo attendevate con ansia, il consiglio è quello di non rinunciare a rivivere le vicende di Jill e soci. Consapevoli, però, dell’occasione mancata e del fatto che, molto probabilmente, si sarebbe potuto e dovuto fare di più.

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