Upload è la nuova creazione di Greg Daniels, già tra gli ideatori di: The Office (USA), King of the Hill e Parks and Recreation; che ha anche scritto e diretto personalmente diversi episodi tra i dieci di questa prima stagione. La serie è ambientata negli Stati Uniti del 2033, periodo in cui la combinazione di tecnologia avanzata e capitalismo sfrenato ha esasperato la forbice sociale tra ricchi e poveri: impiegati sempre più vessati e controllati da una parte, padroni sempre più ricchi e disumani dall’altra. Un ruolo centrale in questa distopia è giocato dall’afterlife, cioè la tecnologia che permette di “scannerizzare” la coscienza di un individuo, con tutti i suoi ricordi intatti, e trasferirla all’interno di una realtà virtuale. In sostanza vita eterna, ma solo per chi può permettersi l’assicurazione o pagarlo di tasca propria.
Il primo personaggio di Upload incontriamo prima Nora (Andy Allo), vive e lavora a New York, dove è impiegata presso una delle più grandi ditte di afterlife. Poco dopo conosciamo Nathan (Robbie Amell) tecnico informatico belloccio e appassionato del suo lavoro. Nora cerca disperatamente di ottenere valutazioni migliori al lavoro, ha bisogno dello sconto dipendenti per permettersi un posto in “paradiso”, non per lei ma per suo padre, affetto da “Vape-lung” (dicevano tutti fosse più sicuro ma poi sono usciti gli studi). Nathan viene da una famiglia povera, ma è impegnato con una ragazza dell’alta società, Ingrid (Allegra Edwards), che sembra trattarlo più come un accessorio che come un partner. Tutto nella “norma” finché a metà puntata l’auto con pilota automatico di Nathan lo fa schiantare dritto dentro un camion. Viene portato in ospedale, ha entrambi i polmoni collassati, e apparentemente la scienza medica non ha fatto grandi progressi, perché gli viene immediatamente proposto di essere trasferito nell’afterlife per salvarsi. Incoraggiato da Ingrid accetta. Così dopo una scansione viene proiettato a Lake View: realtà virtuale della compagnia per cui lavora Nora, che sarà “l’angelo” di Nathan, una sorta di servitù digitale.
Qui comincia ad esplorare una nuova esistenza basata sulle microtransazioni. Oltre ai pagamenti mensili infatti i residenti sono tenuti a sborsare soldi per qualsiasi extra: cibo diverso dal solito, vestiti eleganti, attività; praticamente qualsiasi cosa che non sia passeggiare lungo il lago o dormire. Questo ovviamente è un peso non indifferente per i parenti rimasti in vita, che ora si trovano a dover supportare una persona che potenzialmente potrà vivere in eterno, e a cui è vietato per legge lavorare, comprensibilmente. Una volta finiti i soldi gli “uploaded” possono optare per un’opzione low cost, con 2 GB a mensili a disposizione, se consumati prima del rinnovo il loro software sarà sospeso per il resto del mese. Oppure possono scegliere di morire.
In questo universo di contraddizioni Nathan e Nora iniziano ad avvicinarsi, diventando amici, mentre lui si interroga sul suo legame con Ingrid, che arriva a minacciarlo di tagliargli i fondi. Nora frugando tra i ricordi di Nathan si accorge che alcuni sono danneggiati, e non riesce a spiegarsi la ragione, lui ricorda solo che prima di morire stava lavorando ad un’app di cui gli sfugge il nome, ma niente di importante, probabilmente.
Lake View a tratti sembra una Rapture (già un bel posticino) che non ce l’ha fatta: i residenti meno abbienti sono costretti a sperare nell’elemosina di qualche riccone o a cercare modi di aggirare il sistema, con un viavai di gente talmente alienata che è disposta a pagare un dollaro al minuto per avere l’influenza. L’opulenza dell’albergo in cui vivono è contrapposta agli scarni e disumanizzanti uffici in cui Nora e i suoi colleghi lavorano sotto la leadership di una dirigente chiassosa e incapace. Anche le luci evidenziano questo distacco: il mondo di Lake View è patinato, finto, sembra la sigla di Dawson’s Creek; ma la realtà è molto più tetra e grigia. In quelle condizioni nessuna delle due alternative è realmente desiderabile.
Il lavoro fatto da Daniels per creare il mondo di Upload è notevole, ci sono numerose satire pungenti di dinamiche attuali portate alle estreme conseguenze. Bambini cresciuti tutta la vita a cibo “stampato” che non sanno nemmeno che il pollo è un animale e che gli animali hanno le ossa, l’integrazione di microtransazioni – realtà ben nota ai videogiocatori – e pubblicità nella quotidianità degli uploaded, la sessualità digitale, ma anche il semplice fatto che la società sia riuscita a commercializzare l’Aldilà è decisamente inquietante (anche se Black Mirror c’era arrivato prima). Altre critiche invece sembrano più superficiali quando non borderline cringe, ma globalmente la caratterizzazione del mondo è stratificata e molto interessante. Uno degli aspetti più interessanti, e che probabilmente susciterà un discreto numero di critiche, è che nel mondo di Upload non sembrano esistere tensioni razziali. Gran parte degli impiegati di Lake View sono afroamericani o fanno parte di altre minoranze, ma il razzismo duro e puro ormai non riesce più a stare al passo col classismo che ostentano apertamente tutti i “vincenti” di questa società. Lo show ha anche un messaggio esplicito sulla misoginia e l’oggettificazione delle donne, ma l’esecuzione forse lascia un po’ a desiderare.
Le interpretazioni sono tutte di buon livello, in particolare quelle dei protagonisti riescono a trasmettere il disagio profondo del mondo in cui vivono, e quanto entrambi siano frustrati di fronte all’impotenza di non poter fare qualcosa per cambiarlo. Un po’ meno riusciti i personaggi secondari, macchiettistici e solo tangenzialmente implicati nella narrazione, quando non agiscono esplicitamente da comic relief sfruttando l’assurdità della situazione.
La regia passa di mano in mano durante gli episodi ma il tono è consistente e senza particolari picchi o cali, forse un po’ lenta nel primo episodio, che dura quasi il doppio di qualsiasi altro, ma niente che detragga realmente dalla qualità dello show.
La prima stagione di Upload è frutto di una mente comica notevole, come testimoniato dai suoi progetti precedenti, e pur riproponendo alcuni elementi già visti in “Black Mirror” o “The Good Place” può essere uno spunto in tempi incerti per riflettere sulle ingiustizie della società in cui viviamo, e sembra un incipit interessante su cui costruire una seconda stagione più sviluppata. La serie è prodotta e distribuita da Amazon, e sarà disponibile sulla piattaforma streaming dal 1° maggio.
E non c’è niente di ironico in questo.
Please enable JavaScript to view the comments powered by Disqus.