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Gears Tactics – Recensione

Gears Tactics è un gioco strategico a turni basato nell’universo di Gears of War. The Coalition e Splash Damage seguono la via dettata anni fa da Halo: narrare eventi nel passato della saga cambiando completamente genere. Più precisamente, il titolo ci porta dodici anni prima dell’originale Gears, nelle fasi iniziali della guerra contro le Locuste, dopo che il presidente Prescott decise di usare in modo massiccio il Martello Dell’Alba per fermare l’avanzata dei nemici.

Il protagonista di Gears Tactics è Gabe Diaz, un COG dal cognome noto a chi ha giocato i recenti Gears. La sua missione fu di vitale importanza nella parte iniziale della guerra, poiché riguardò la caccia a Ukkon, un elemento chiave dell’orda di locuste, responsabile della creazione della maggior parte dei mostri dell’orda. A livello narrativo il gioco esplora retroscena interessanti di questa fase della guerra, con tutta la sensibilità acquisita negli anni dalla serie. È un ottimo complemento nel contesto della narrativa attuale della saga: se siete fan di Gears of War l’apprezzerete.

Gabe è un adone.

Un Gears dove c’è da pensare con calma? STREGONERIA

Il punto però più interessante è tutto quel che riguarda il gameplay. Gears è stato sino ad oggi un franchise puramente sparatutto in terza persona, quindi The Coalition e Spash Damage hanno dovuto lavorare parecchio per tirare fuori dal cilindro un gameplay tattico che fosse unico, piacevole e che offrisse profondità, pur mantenendo intatto lo stile dei capitoli principali. A mio avviso, sono riusciti nel loro intento. Il gioco è uno strategico a turni IGOUGO, ovvero dove prima agiscono tutti i personaggi controllati dal giocatore e successivamente tutti quelli controllati dall’IA. Un sistema molto usato e popolare nei giochi da tavolo come Warhammer 40.000 o gli Scacchi per fare qualche esempio. Si tratta di un sistema però molto prono allo “sbilanciamento del primo turno”. Ovvero la squadra che agisce per prima, se riesce ad uccidere i suoi avversari, riceve meno fuoco di ritorno se non nullo, portandosi in uno scenario da loop a feedback positivo dal quale è difficile sfuggire. Ecco quindi che i vari sviluppatori di giochi di questo tipo implementano una serie di sfide per mettere sotto pressione il giocatore e ri-bilanciare il meccanismo.

Con Gears Tactics si è deciso di accentuare molto l’aggressività dei nemici e aumentarne il numero in maniera vertiginosa. D’altro canto, il giocatore ha da gestire un sistema estremamente fluido. Il movimento è senza griglia, e assomiglia a quello dei giochi da tavolo con movimento libero con il “polliciometro”. Ho adorato come siano riusciti ad integrare la scivolata in copertura classica di Gears of War in questo titolo: se il movimento del personaggio lo porta vicino a una copertura, il suo raggio massimo viene esteso dalla scivolata.

Ci sono abbastanza punti per massimizzare un ramo e poco altro, e c’è un’effettiva differenza di gameplay in base alla build. Trovare le combo rotte è d’obbligo.

Il giocatore ha tre punti azione a personaggio da spendere in qualsiasi modo, e non ci sono restrizioni arbitrarie che forzano a muoversi e poi sparare o con azioni che causano la fine precoce del turno dell’unità. Questa possibilità di scattare lunghe distanze per riposizionarsi, attaccare tre volte di fila o anche eseguire per tre volte il fuoco di reazione, nel caso si entri in guardia con tre punti azione da spendere, rende la letalità potenziale estremamente alta. A questo si aggiunge un’importante meccanica: le esecuzioni. Esattamente come nei Gears tradizionali, non tutti i nemici muoiono sul colpo, ma alcuni entrano in uno stato di atterramento, durante il quale è possibile eseguire goduriose esecuzioni. In Gears Tactics fare ciò garantisce un punto azione a tutti gli altri membri della squadra. Ecco quindi che il gioco tattico di Gears Tactics si concentra su come massimizzare il proprio potenziale offensivo. Ci sono sì modi per mitigare le azioni nemiche e arroccarsi sulle proprie posizioni, ma il gioco spinge per uno stile brutale, veloce, fluido e sempre volto all’andare avanti.

Una classe per ogni arma storica

La prima scelta importante avviene nel momento del dispiegamento della squadra. Avete a disposizione quattro slot, ma le classi possibili sono cinque, quindi non potete mai avere a disposizione tutti i giocattoli: dovete sempre lavorare con qualcosa in meno e questo permette di fare scelte tattiche in funzione della missione che state per affrontare. Gears Tactics ha una progressione con molta enfasi sulle abilità dei propri soldati e l’equipaggiamento è visto come un elemento secondario. Le armi che usate da inizio a fine gioco sono sempre le stesse, le modifiche che possono essere fatte su di esse non ne cambiano drasticamente l’efficacia ed il danno, bensì le rendono più efficienti. Molti di questi potenziamenti per armi ed armature si riflettono poi sul personaggio, in quanto offrono numerose abilità passive. Combattendo i vostri uomini saligono di livello e a ogni livello si guadagnano due punti, che è possibile assegnare in un albero di abilità. Ogni classe ha quattro rami dai quali attingere e la scelta è libera, portando alla creazione di ibridi molto interessanti.

Essere accerchiati è un qualcosa di normale in Gears Tactics. La guardia, o Overwatch se vi piace il termine inglese di Xcom, è a cono visibile, così da essere usata ed evitata in modo efficace.

Le classi sono le seguenti: Avanguardia, Scout, Supporto, Cecchino e Mitragliere. L’Avanguardia è il soldato tuttofare: è armato di un lancer con baionetta e il suo ruolo sul campo di battaglia è di essere flessibile. Ottimi danni, attacco in corpo a corpo a lunga gittata, capacita di debuff, di autocura e di buff alla squadra. Gli Scout sono armati di fucile a pompa e all’inizio del gioco sono i più ostici da usare, ma una volta portati ad alti livelli sono in grado di diventare invisibili, scattare di fianco ai nemici, fracassarli di botte e rifuggire via invisibili. Indispensabili per infliggere massimi danni, ma richiedono padronanza del sistema per brillare. Il Supporto è armato di Lancer con motosega e il suo ruolo è quello di curare la squadra. Il Cecchino è il tiratore scelto per le lunghe distanze, ma è anche la classe con la maggior possibilità di manipolare le azioni a disposizione durante il suo turno. Se si giocano bene le proprie carte, diventa davvero forte, forse persino “rotto”. Il mitragliere infine è la classe adibita all’uso della mitragliatrice pesante, utilissimo per falciare ogni cosa.

I nemici sono tutti quelli tipici di Gears e sono loro a dettare l’avanzamento e l’adeguamento tattico del giocatore, introducendo tipi con diversi metodi di attacco e reazioni, che portano nel corso della campagna a dover riadattare le proprie formule collaudate. Il sistema messo in piedi da The Coalition e Splash Damage mi ha convito, mi ha divertito ed ha reso i vari scontri interessanti e mai banali. Al livello di difficoltà normale la sfida è sempre stata equilibrata senza mai diventare soverchiante, se non in un paio di punti che mi hanno visto costretto a caricare un checkpoint per cambiare approccio allo scontro.

Lo stile grafico di Gears poco si adatta a tinte così accese, ma è possibile ottenere una buona varietà cromatica dei propri uomini.

Quando le secondarie diventano obbligatorie, lo sono ancora?

Dove il titolo va a peccare è nella struttura della campagna. Qui non siamo di fronte a un titolo come XCOM, dove il giocatore è il tessitore del ritmo dell’intreccio narrativo, bensì è deciso tutto a monte. Il che potrebbe portare ad un enorme potenziale dal punto di vista delle missioni: essendo tutte “scriptate”, c’è la possibilità di offrire sfide particolari, qualcosa che un sistema procedurale come Xcom fa più fatica a fare. Invece mi sono trovato di fronte ad una struttura poco coraggiosa e troppo formulaica. Le prime missioni principali introducono le tipologie di sfide al giocatore: in alcune bisogna recuperare oggetti lungo la mappa evitando bombardamenti a tappeto, in altre ripulire la mappa, in altre ancora liberare fuggiaschi o mantenere alcune posizioni. Fin qui niente di male, vengono affrontate con una spiegazione narrativa dietro, si ha una buona varietà.

Il gioco decide poi di proporre al giocatore delle missioni secondarie obbligatorie da affrontare prima di poter avanzare in quella principale. Si è cercato di spezzare le monotonia in due modi: queste missioni hanno dei modificatori che alterano le condizioni di battaglia in modo anche drastico, portando a un approccio diverso, inoltre mettono un limite allo schieramento delle proprie truppe perché accadono tutte in contemporanea. Quindi le unità inviate nella prima, non possono partecipare nella seconda. Purtroppo, l’effetto pratico che ottengono è quello di diluire il ritmo della narrativa con momenti di vuoto non necessario, portando anche a un riciclo delle mappe. La lenta progressione nella seconda metà di gioco porta inoltre a imbattersi in molti momenti morti. Quando poi appaiono nuove missioni della storia, queste funzionano il più delle volte come quelle secondarie appena trascorse, con in aggiunta solo dialoghi tra i protagonisti. Si poteva osare di più e concentrarsi solo su missioni principali uniche a mio avviso.

Anche i tanto pubblicizzati mostri giganti, sono delle boss battle d’attrito più che di cervello, vista la loro natura di spugne circondate da sottoposti infiniti, ma riconoscono che siano molto intense da giocare sul momento, dove il minimo sbaglio può costarvi caro.

Le uccisioni con Lancer baionetta permettono di allungare la capacità di movimento di un personaggio notevolmente, usatele in modo tattico! FIX BAYONETS!

Unreal Engine con un così basso pop up delle texture ci riescono solo loro

Dal punto di vista tecnico, il gioco è straordinario. Senza dubbio, il miglior gioco strategico sul mercato. Le animazioni, la qualità, la cura nel dettaglio e la pure potenza matematica audiovisiva è la stessa di Gears 5, il che vuol dire ottima. Vedere il proprio soldato motosegare un nemico, con lo stesso verse, lo stesso sound di tutti gli altri Gears, aiuta a connettere tantissimo questo gioco al resto del franchise. Il titolo è stato testato su un computer dotato di Xeon 1650, 16GB di Ram ed una RTX 2060 6GB. Impostando tutto a ultra, a esclusione delle ombre dinamiche, il gioco rimane inchiodato a 60 FPS in ogni situazione in full HD. Il 4k è gestibile grazie alla risoluzione dinamica e variable rate shading integrati nel gioco e per un tattico anche scendere a 30fps non è un problema. Si è dimostrato molto flessibile dal punto di vista della scalabilità. Come in Gears 5, l’implementazione dell’HDR è magistrale.

La resa visiva dei campi di battaglia è ottima. Ci sono diversi oggetti che reagiscono alla fisica, è implementata una linea di tiro realistica con fuoco amico, che mi ha colto di sorpresa la prima molta, devo ammetterlo, e i bug sono del tutto assenti. Le animazioni si combinano alla perfezione tra di loro: le sbavature sono davvero minime.

Dopo tutto questo quindi, Gears Tactics, vale la pena essere giocato? Si, il prodotto è valido e la base è unica e in grado di supportare egregiamente futuri sequel. Ho però una riserva dal consigliarlo a occhi chiusi. Mi spiego meglio. Se tecnicamente e nel layer tattico il prodotto è estremamente valido ed intrattiene, se narrativamente è un simpatico spin-off per gli appassionati nella saga, la sua struttura troppo ripetitiva non si confa ad un gioco lineare da prezzo pieno. Visto in ottica gamepass è decisamente da non farsi sfuggire, ma a prezzi pieno, diventa un po’ più difficile da digerire.

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