Negli ultimi giorni è circolata la notizia che il governo vorrebbe istituire un fondo per supportare le aziende videoludiche italiane.
Si chiama First Playable Found, ed è volto a supportare la pre produzione. Ma sono 4 milioni. Siamo in un periodo difficile, è vero, e bisogna accettare quello che lo stato può dare. Ma l’industria videoludica italiana è a dir poco sottosviluppata e con quattro milioni per tutto il 2020 non ci farà gran ché.
Troppo piccoli
L’Italia non è certo famosa per lo sviluppo di videogiochi. Il gioco di maggior successo sviluppato in Italia negli ultimi anni è 2048, il più prestigioso probabilmente Assetto Corsa. I numeri dell’industria rimangono a dir poco deprimenti. Solo 5 aziende nel 2019, anno dell’ultimo censimento degli sviluppatori italiani, risultavano avere più di 2 milioni di fatturato annuo. Per mettere le cose in prospettiva, CD Projekt Red, studio polacco di The Witcher, fattura oltre 100 milioni di euro annui da solo.
Un articolo del Sole 24 Ore a firma Luca Tremolada che commentava questi dati un anno fa, definiva il settore come “piccole aziende che appaiono tecnologiche ma in fondo sono artigianato”.
È semplice commentare questi dati con un “Non si può essere bravi in tutto”. È facile pensare che i giapponesi siano bravi a fare videogiochi, noi a fare altro. Ma proprio su questa idea voglio inserire una provocazione. L’Italia non può permettersi di essere così irrilevante nei videogiochi.
Siamo un paese fermo al palo da anni. Crescita zero e mancanza di opportunità son una piaga dalla quale non sembriamo in grado di guarire. Un paese con un economia così depressa non può permettersi di ignorare uno dei settori più in crescita degli ultimi anni, che “non sembra sentire crisi, cresce più degli altri settori per un valore di 140 miliardi di dollari nel 2018.“ per citare ancora Tremolada. Non sto dicendo ovviamente che i videogiochi siano la soluzione ai problemi economici dell’italia, bensì che ignorare un giro d’affari del genere è un’occasione sprecata.
Ma come fare?
Basta un gioco, The Witcher e il caso polacco.
La Polonia ha un PIL pari a circa un quarto di quello italiano, ha poco più di 38 milioni di abitanti. La Polonia fa più di un miliardo di dollari all’anno con i videogiochi, quasi dieci volte il giro d’affari dell’Industria italiana. Ora mi dovrei chiedere retoricamente perché, ma non prendiamoci in giro, sappiamo tutti perché.
Grazie ad una singola serie di giochi particolarmente azzeccata, la Polonia è diventata il quarto esportatore mondiale di videogiochi in cinque anni, con un balzo tra il 2013 e il 2018 di un assurdo 3810,5%. Il progetto di The Witcher ha trascinato CD Projekt Red e l’intera Polonia al centro del mondo videoludico.
Questo dimostra che basta un gioco. Il mercato è talmente in espansione che ci sono ancora ampissimi margini per un azienda italiana per inserirsi e diventare rilevante. Ma bisogna creare le condizioni giuste. CD Projekt nel 2002 era in piena espansione e ha potuto permettersi un investimento in un progetto come The Witcher, ma oggi in Italia è difficile che venga a crearsi una situazione del genere, per mancanza di capitale o poca fiducia nel mondo videoludico.
4 milioni sono una presa in giro
La somma del First Playable Found è ridicola. Fare impresa in Italia è difficile e 4 milioni non cambiano certo la situazione. È un contentino, ma è soprattutto un’altra occasione sprecata. Mentre altri stati, anche meno ricchi o potenti di noi, investono e supportano le proprie aziende videoludiche, noi continuiamo ad ignorare un settore che più di ogni altro rappresenta il futuro.
Perché i videogiochi sono il futuro dell’intrattenimento, e continuando così il nostro paese sarà condannato all’irrilevanza. O peggio, continueremo come già facciamo in altri settori, a formare talenti che poi per mancanza di opportunità andranno a lavorare all’estero.
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