Sebbene ormai siamo abituati a gameplay dalla struttura sempre più complessa e grafiche più stupende della realtà stessa, c’è ancora chi nel cuore riserva un posto speciale alle opere che hanno permesso di raggiungere gli standard attuali. Non c’è esempio migliore delle avventure grafiche “punta e clicca”, di cui il maggior rappresentante rimane tutt’ora Monkey Island, del quale stile e fascino resistono ancora oggi. VirtuaVerse nasce proprio dall’amore di Theta Division per questo genere di storie, unito ad un sincero interesse verso il filone cyberpunk che ben si sposa con la filosofia di queste. E sebbene l’interazione del giocatore sia ridotta ad una mera sequenza di click sullo schermo, la grafica, la narrazione e il sonoro compensano tale semplicità con una profondità che tanto stupisce quanto più si scava a fondo. Senza perderci in troppe chiacchiere, andiamo a scoprire cos’ha da offrire questo titolo così curato che, tra un enigma e l’altro, può veramente farci perdere intere giornate. Non sempre, però, nel senso buono dell’affermazione.
Un fascino incontestabile
VirtuaVerse ci fa calare in un contesto narrativo che racchiude senza vergogna tutti i canoni dello stile cyberpunk: ci troviamo infatti in un futuro non troppo lontano, dove un’IA ha preso il controllo totale del mondo e ha spinto la società a connettersi ad una singola rete neurale. Quest’ultima, al pari di una droga, permette all’uomo di ottimizzare la propria esistenza (o “esperienza utente”, come la chiamano tutti) e raggiungere un genuino, ma simulato, senso di continuo benessere. Mentre la maggior parte delle persone si gode la propria vita fittizia, noi veniamo chiamati a interpretare Nathan, un emarginato che rifiuta di adeguarsi al sistema e vive smerciando hardware e software modificati. L’improvvisa scomparsa della sua fidanzata Jay getta il nostro protagonista in un pasticcio sempre più grande, tra bande illegali di hacker, cimiteri tecnologici e realtà dalle quali non è così semplice fuggire. Se tutto questo vi suona familiare, è perché probabilmente lo è: la trama di questo gioco non brilla certo di originalità, e ben pochi eventi vi rimangono impressi nella memoria. Tutto il resto, invece, è un altro discorso.
Fin dalle prime sequenze, lo stile artistico e quello grafico colpiscono con un montante di meraviglia e un rovescio di nostalgia. Ogni singolo angolo del mondo di VirtuaVerse è stato costruito con una cura maniacale, dalla quantità di dettagli a schermo all’unicità di ciascun ambiente. Cartelli pubblicitari, negozi, murales, vicoli delle strade: ogni centimetro di mappa è realizzato in modo da essere diverso da qualunque altro luogo, ma soprattutto fedele ai canoni del cyberpunk. Non mancano infatti riferimenti ai grandi classici del passato e alle reliquie della rivoluzione industriale, con cabinati che sostituiscono i videogiochi e ologrammi che urlano anni ’70 e ’80 da tutti i pori. Se siete amanti di questa corrente, qui vi sentite immediatamente a casa. E se non bastano le ambientazioni a convincervi, allora potrebbe farlo la colonna sonora di altissimo livello prodotta da MASTER BOOT RECORD, che con i suoi ritmi incalzanti favorisce la totale immersione nell’esperienza e accompagna costantemente il viaggio del giocatore. Anche se non siete appassionati di questo stile, è difficile contestare il fascino generato da una tale combinazione di grafica e audio, che trasmette tutto l’amore di Theta Division per la sua opera. Ma non possiamo solamente perderci nell’ambientazione per ore e ore: abbiamo degli enigmi da risolvere.
Siamo di fronte ad un mare di possibilità… e io ho dimenticato come si nuota
Così come Monkey Island e altri titoli che hanno caratterizzato nel tempo i punta e clicca, anche qui l’intero avanzamento nella storia si basa sul risolvere numerosi rompicapi. E non stiamo parlando di piccoli indovinelli oppure di banali quesiti di logica, ma di veri e propri processi maniacali con sequenze di decine e decine di passaggi, in cui è richiesta un’attenzione per i dettagli e per i dialoghi che va ben oltre gli standard attuali. Certo, chi è abituato al genere sa già cosa aspettarsi, ma chi non lo è? Preparatevi alla più frustrante, intricata e laboriosa impresa che sia mai esistita di provare a convincere un barbone a lasciarvi rovistare nel suo cassonetto. Ogni singolo elemento presente a schermo potrebbe essere la chiave per risolvere il prossimo enigma, oppure una distrazione che vi porta totalmente fuori strada. Normalmente non possiamo che applaudire alle opere che spingono il giocatore ad affinare le proprie abilità di osservazione e deduzione, ma qui dobbiamo fare un passo indietro. E questo ha a che vedere con un altro grande pregio di VirtuaVerse che qui, però, va a collidere nel modo più disordinato possibile.
Il mondo creato da Theta Division è, come ho già ripetuto più volte, ricco di dettagli. E possiamo interagire con tutti questi: fin da subito, infatti, il nostro amato puntatore del mouse ci consente di analizzare a fondo quasi ogni punto dello schermo, permettendoci di ottenere preziose info sul mondo, commenti ironici sulla vita del futuro oppure nuovi oggetti con cui arricchire il nostro inventario, il tutto perfezionato da un’eccellente localizzazione italiana. Questi ultimi possono poi essere combinati con l’ambiente per sbloccare un intero set di nuovi feedback, aprendo le porte a centinaia di possibilità diverse. Qui è dove casca l’asino, e ci cade pesante. Molto spesso, infatti, VirtuaVerse ci mette di fronte a così tante opportunità e così pochi indizi che è quasi impossibile azzeccare la soluzione giusta per avanzare, salvo essere letteralmente un database di analisi ed elaborazione di informazioni. Le sequenze esatte che dobbiamo svolgere per risolvere gli enigmi sono infatti troppo, troppo specifiche per giustificare la presenza di così tanta libertà di gioco. Ne risulta che mancare un dettaglio tanto banale quanto il colore dei piatti di un ristorante può portare ad intere ore di sforzi inutili, mentre si passano in rassegna le infinite opzioni a disposizione sperando che una di queste, miracolosamente, funzioni. L’ennesima dimostrazione che, molto spesso, “tanto” può facilmente diventare “troppo”.
In conclusione, VirtuaVerse è un viaggio che gli amanti del cyberpunk, della tecnologia e delle avventure grafiche non potranno che amare. È un piccolo capolavoro artistico, di quelli in cui l’amore degli autori si traduce in fascino per i giocatori, in grado di lasciare un’impressione più che positiva fin dalle prime sequenze. Altri due ottimi punti a favore sarebbero gli enigmi originali e l’enorme libertà di interazione, la cui combinazione, purtroppo, genera più frustrazione e senso di smarrimento di quanto invece giova all’esperienza. Coloro che riescono a superare questo muro, tuttavia, troveranno un mondo ricco di personalità che sa come mettere in risalto ogni tratto caratteristico del genere cyberpunk.
Please enable JavaScript to view the comments powered by Disqus.