Catastrofe
Disintegration è il titolo desordio di V1 Interactive, software house che vede nella figura di Presidente e Creative Director Marcus Lehto, l’ex Creative Art Director del franchise Halo. Otto anni dopo aver lasciato Bungie, la sua intenzione è quella di portare alla luce un nuovo universo fantascientifico, con un gameplay unico ed innovativo, in grado di distinguersi dalla massa.
Disintegration ha alla base delle idee interessanti. L’ambientazione è una di queste: siamo in un futuro non troppo distante, a circa 150 anni da oggi, dopo che l’ecosistema Terra ha passato dei momenti altamente instabili. Cambiamenti climatici, epidemie… tutto andava a portare ad un collasso della società umana. Invece di fuggire su altri pianeti o lasciar tutto morire in un’apocalisse nucleare, nel mondo di Disintegration, è stato scoperto un modo per preservare il cervello umano all’interno di una scatola rinforzata. Questa poteva quindi essere connessa ad un’armatura, per dare ad un essere umano una nuova vita con un corpo in grado di resistere al mondo in cambiamento.
Come potete immaginare un cambiamento del genere è di portata epocale sul piano etico. Ecco quindi che è nata una fazione che tenta di forzare l’integrazione a tutti gli umani, la Rayonne. Oltre all’integrazione forzata, aggiungiamoci lavaggio del cervello e un’impostazione fascista e abbiamo tutti gli ingredienti per una guerra mondiale pronta a devastare ancora di più la povera Terra.
Abbiamo quindi tutti gli ingredienti per tematiche di prima classe. Porsi domande sulla vera natura della propria identità, interrogativi sul transumanesimo, un nuovo modo di vedere il razzismo, l’imposizione contro la propria volontà di cambiamenti per conformazione, per darwinismo puro. Eppure tutto ciò non avviene.
Io…. Robot?
La storia vede come protagonista Romer Shoal, un ex pilota di Gravicicli, sponsor dell’integrazione al tempo e ora un fuorilegge schierato contro la Rayonne. Dopo una rocambolesca fuga iniziale da una prigione di massima sicurezza, a lui si uniscono altri fuggiaschi, pronti a combattere al suo fianco. Per cosa? Perché? Perquando? Non ci è dato saperlo con precisione, in quanto i dialoghi sono davvero asciutti, poco descrittivi: dovete operare dei salti di logica non indifferente e ricostruire i vuoti per dare senso al tutto nelle ore iniziali. E anche nel finale, non avrete mai le idee chiarissime.
Tutte le tematiche scottanti sono accennate quasi per sbaglio, le dinamiche tra i personaggi rimangono statiche dall’inizio alla fine dell’avventura, con i dialoghi che svolgono giusto il ruolo di riempimento dei momenti di movimento nei livelli di gioco. Ci sarebbero in realtà momenti di intermezzo tra una missione ed un’altra, dove il giocatore ha l’opportunità di vagare a velocità infima per raggiungere i propri alleati e sentire una o due linee di dialogo di commento. Che lasciano spesso il tempo che trovano, o servono a dare quella descrizione da biografia più che una caratterizzazione di qualche tipo. Ed è un vero peccato: sono convinto che l’ambientazione abbia molto da dire, ma Disintegration mostra solo la pellicola di cellophane, quella intorno ai prodotti nuovi che si prende e si butta via.
FPS + RTS = RTFPSS?
Il tutto non sarebbe neanche un grande problema se sotto avessimo un gioco dalle solide fondamenta. Invece no, ci troviamo di fronte a un’esperienza, si unica, ma dimenticabile allo stesso tempo. La premessa è la seguente: il protagonista entra nel campo di battaglia a bordo di un Graviciclo armato fino ai denti e questo gli permette di muoversi con un’enorme agilità. Non solo, la posizione sopraelevata e privilegiata dà una visione dell’insieme notevolmente superiore rispetto a quella di chi rimane a terra e pertanto ben si confà al ruolo di direttore della scena. Saremo sempre accompagnati infatti dai nostri compagni che combattono a terra.
Noi possiamo però indicare loro dove andare, su quale nemico focalizzare la loro attenzione e se usare la loro abilità speciale per darci un vantaggio tattico. Quindi nella mente del giocatore si crea questa sorta di scenario bellissimo: io sono intento a svolazzare intorno ai nemici, portando morte dal cielo mentre i miei robot effettuano una strenua resistenza a terra tra copertura a copertura.
All’atto pratico invece Disintegration è insipido, manca di mordente. I motivi sono molteplici. In primis il feeling del Graviciclo è strano. Nelle otto ore necessarie a completare la campagna, non sono riuscito mai ad abituarmi al suo metodo di movimento, tanto da farlo diventare mio. Essendo una piattaforma stabilizzata, le armi non hanno un feeling da rinculo, risultando un po’ piatte. Questo mi può anche stare bene, ha senso tecnicamente, e il gioco conscio di ciò fa la scelta di spostare il feedback agli ambienti, che si rompono in modo convincente e hanno un buon numero di particellari. Il problema vero è che il Graviciclo non esiste: come gli sparatutto di una volta, i giocatori sono solo delle armi che fluttuano in aria, non agganciate a nulla. Solo che essendo a bordo di un veicolo in grado di muoversi in tre dimensioni, in grado di infilarsi ovunque e che può andare a sbattere contro ogni amico, nemico ed elemento dello scenario, la totale assenza di massa e inerzia è davvero straniante e trasmette una sensazione troppo artificiale.
SO FAR YET SO CLOSE
Il secondo punto per me critico è quello della distanza d’ingaggio. Può sembrare una sciocchezza, ma molta della bellezza trasmessa da un gioco sparatutto sta nel creare un rapporto simbiotico tra il giocatore, il nemico e l’arma. In un gioco come Doom Eternal, le glory kill, l’uso del fucile a pompa e lo stile aggressivo portano a uno scontro brutale e ravvicinato, che vi fa ammirare i nemici da vicino. Le loro silhouette sono esagerate, stravaganti e facilmente identificabili nel caos indotto dai rapidi spostamenti e dal FOV ridotto o comunque pieno di oggetti.
In giochi come Sniper Elite, il rapporto è generato da un fucile da cecchino, che permette di avvicinare oggetti distanti e focalizzare la vostra attenzione su un numero ristretto di elementi alla volta. In giochi veicolari, si va a combattere altri mezzi e le proporzioni sono mantenute. Andando a prendere lo stesso Halo, i livelli veicolari mostrano un approccio molto diverso rispetto a quelli a piedi e le distanze sono sempre conservate. Disintegration non è così: sembra sempre di trovarsi alla distanza sbagliata. Troppo lontani per poter ammirare i nemici da vicino, da poterli riconoscere come pericolo, e allo stesso tempo neanche così tanto da avere una vera visione dell’insieme. Però posso capire che questa sia più un’impressione personale, dunque potreste non trovarlo un vero difetto.
L’altro elemento che non fa decollare il gioco a modo è quanto sia piatta la parte strategica. I vostri compagni sono animati da un’intelligenza artificiale estremamente scarsa, si muovono sempre in gruppo e attaccano con una cadenza di fuoco da pensionato. Solo dopo aver indicato un bersaglio prioritario questi svuotano i caricatori sul nemico, con poco riguardo a coperture o movimenti tattici. Se da un lato questo sposta il comando dell’azione al giocatore, dover praticamente inquadrare ogni nemico che si vuole eliminare in fretta diventa stancante velocemente. E se già devo inquadrarlo, tanto vale che lo faccia fuori io, no? Le abilità speciali offrono anch’esse poco, nel senso che se c’è il nemico grosso con tanti punti vita o l’orda immonda, le si attiva e fine. Quando e come usarla diventa abbastanza scontato.
Spugne, spugne ovunque
I livelli di difficoltà aumentano i danni e i punti vita dei nemici, oltre che la loro cadenza di fuoco e reattività generale. A difficoltà consigliata il gioco sa dimostrarsi anche tosto, forzando il giocatore ad agire con cautela, concedendosi molte pause per aspettare il cooldown delle abilità speciali e a usare il Graviciclo più come una torretta che come un caccia o elicottero d’assalto. I livelli finali sono particolarmente gonfi di nemici ciccioni e la situazione diventa più snervante che altro.
In mezzo a questo c’è anche un sistema di progressione, che aumenta punti vita, cooldown e altre caratteristiche del proprio Graviciclo e dei propri compagni. Non ho notato differenze sostanziali tra inizio e fine gioco. Considerando che le missioni della storia vi forzano ad usare uno specifico loadout del vostro mezzo e una squadra fissa, il tutto ha relativamente poco senso e poteva essere gestito solamente con un sistema automatico (presente come opzione), invece di lasciare nelle mani del giocatore una fantomatica scelta.
Tecnicamente secondo me si è fatto un buon lavoro. Sulla mia configurazione di test, avente uno Xeon 1650, 16GB di RAM DDR3 ed una RTX 2060, si riesce a gestire il full HD a 100+fps con dettagli massimi e la resa visiva è buona, anche se forse un po’ troppo soffice. Peccato che le ambientazioni risultino generiche, perché lato personaggi gli sviluppatori hanno invece svolto un buon lavoro e li hanno resi interessanti, e che dal lato musicale non ci sia altro oltre al tema principale.
Mi rendo conto di non essere stato particolarmente lusinghiero con il gioco, ma quello che mi ha lasciato è un impianto base che ha del potenziale, che però non viene espresso al meglio da nessuna delle sue parti. Giocare Disintegration non apporterà nulla di prezioso alla vostra vita da giocatore. Brutto? Mai. Ma essere dimenticabile è forse il crimine maggiore per un videogame.
Riservo il mio giudizio per la parte multiplayer, che testerò a modo dopo il lancio a server, si spera, pieni.
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