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GWENT Master Mirror – Recensione

Sono passati una manciata di giorni dall’arrivo di Master Mirror, ultima espansione per GWENT: The Witcher card game, ma il quadro generale sembra già abbastanza chiaro ed è anche stavolta decisamente positivo. Master Mirror arriva dopo sei mesi di apparente silenzio stampa da parte del team di sviluppo, comprensibile visti gli immensi disagi creati dalla pandemia. La lunga attesa però sembrava non far presupporre niente di buono per il gioco. Niente di più sbagliato: sono molto lieta di essere stata smentita.

Master Mirror è probabilmente la migliore espansione realizzata, sia a livello di meccaniche che dal punto di vista tematico ed estetico: sono consapevole di aver già usato questa frase più volte nelle analisi dei vari aggiornamenti e non c’è niente di più bello di poterla ripetere ancora una volta. La scelta di usare Gaunter O’Dimm come collante per l’espansione ha contributo immensamente al feel di un vero e proprio set, come in MTG o Hearthstone, e non semplicemente all’aggiunta di una generica pila di carte per ogni fazione, unite magari da un setting comune o meccaniche complementari.

L’espansione precedente, “Mercanti di Ofir” aveva introdotto ben due nuove tipologie di carte: stratagemmi e scenari. I primi rappresentano dei bonus attivabili durante il primo round dal giocatore che “perde” il lancio della moneta e quindi va per primo, mentre i secondi sono dei particolari artefatti a più stadi che si attivano giocando carte con tag specifici. Master Mirror non calca così tanto la mano con le novità, ma alcuni dei suoi nuovi “cicli” di carte hanno avuto più impatto sul gioco di quanto mai visto finora.

Le keyword aggiunte con la nuova espansione sono le seguenti:

– Devozione: Potenzia l’effetto di una carta, a condizione che il nostro mazzo non includa nessuna carta neutrale.

– Eco: Fa tornare la carta in cima al mazzo all’inizio del round successivo e dopo essere stata giocata una seconda volta essa viene rimossa dal gioco.

– Veterano: Aumenta il valore dell’unità di un punto all’inizio del secondo e del terzo round.

– Congiura: Effetto secondario che si attiva se il bersaglio è un’unità con lo status di spia.

– Simbiosi: Ogni volta che viene giocata una carta col tag “Natura”, essa genera un Treant su una fila casuale il cui valore è uguale al numero di carte con simbiosi che controlli

– Velo: Impedisce all’unità di ricevere status sia negativi (come sanguinamento) che positivi (come vitalità)

– Lesione: Status che alla fine del turno danneggia l’unità per un ammontare pari al suo valore. Se sopravvive, lo status viene rimosso dopo una singola attivazione.

Un’analisi almeno sommaria delle keyword di Master Mirror è doverosa. Iniziamo con Devozione, che è apparentemente banale, ma quella che sembra una limitazione al deckbuilding finisce per sbloccare innumerevoli possibilità e contribuisce anche alla diversificazione del meta, visto che l’inclusione delle neutrali dominanti o di certe “tech cards” diventa meno appetibile, in modo particolare se la strategia del mazzo si presta già a un certo tipo di gioco. Eco invece appare solo su una carta per fazione e il power level non elevatissimo è compensato dalla consistenza di poter giocare due volte lo stesso effetto. Passando a Veterano, essa non è altro che la vecchia abilità fazione di Skellige, apparsa nella open beta ma mai più vista da Homecoming.

Congiura spinge ulteriormente le sinergie di Nilfgaard con le unità che spiano, ma del resto questo aspetto è sempre stato centrale nell’identità di fazione. Simbiosi è un buon sostituto per Armonia (R.I.P.), archetipo che è stato abbastanza bastonato nell’ultima patch, che ha imposto il row lock perché l’effetto si attivi. Velo è un twist sull’omonimo concetto presente già in numerosi altri cardgame (compreso l’immune di Gwent) che fa sì che un soggetto “non possa essere bersaglio di magie o abilità”, la differenza è che in questa versione può essere danneggiato ma non subire status, siano essi benefici o nocivi: quindi niente veleno o lock. Anche in questo caso, sebbene la keyword compaia su più carte, il ciclo principale è composto da una base standard ripetuta per ogni fazione.

Lesione viene considerata come keyword ma compare su un’unica carta ed è stata nerfata nel recente hotfix. Meglio così, visto che è anche la più polarizzante: o si possiede una risposta valida o il nostro destino è segnato. Altra meccanica centrale, ma che per qualche motivo non ha una sua keyword al momento, è Trasforma, abilità che anche in questo caso compare in un ciclo, cioè una carta per fazione. Le unità con trasforma, come intuibile, cambiano da un round all’altro, diventando gradualmente più potenti e guadagnando effetti secondari. Una sorta di “veterano all’ennesima potenza”.

La parte migliore è che ognuna arriva accompagnata da tre illustrazioni differenti, una più bella dell’altra, e l’evoluzione delle carte racconta anche la storia dei personaggi che vi sono rappresentati. Un tocco di classe che raramente ho visto in un cardgame, nonché una sorpresa davvero gradita per chiunque apprezzi la lore o i libri di The Witcher. Anche nel resto del card pool di Master Mirror i richiami all’ambientazione o a certi avvenimenti sono onnipresenti e inseriti (a volte) non solo come flavour text, ma in modo elegante e legato al gameplay. Come già accennato, il livello delle illustrazioni è sempre meraviglioso: ormai oso addirittura dire che è superiore a MTG. Va anche ammesso che si parla di meno di 80 carte a fronte delle 200 e più di un set di Magic, ma tant’é: le immagini parlano da sole. Un po’ un peccato che la Caccia Selvaggia non abbia avuto una sua espansione a tema, ma del resto Gaunter aveva già rubato la scena agli elfi edgelords in The Witcher 3, quindi anche sotto questo punto di vista la cosa ha perfettamente senso. Dopo un lancio un po’ turbolento il meta sembrava essersi rapidamente stabilizzato a favore di Skellige, che poteva vantare un winrate vicino al 65% ai livelli più alti, ma fortunatamente gli sviluppatori sono intervenuti rapidamente e hanno spezzato il monopolio. Forse anche troppo brutalmente.

Master Mirror è un set in cui il “filler” è virtualmente assente e in cui anche le carte meno forti possono comunque dare spunti per il deckbuilding, in parte grazie a Devozione che premia l’assenza di carte neutrali nel mazzo. Devo rimarcare che anche in questo caso la percentuale di carte leggendarie si attesta sul 30% e questo sfiora il ridicolo. Ciò nonostante, GWENT rimane uno dei cardgame più fedeli al free to play disponibili sul mercato, nonché uno dei pochi in cui è possibile completare la propria collezione senza dover investire un solo euro. L’espansione è stata accompagnata da una corposa patch di rebalance e vari aggiustamenti che hanno (potenzialmente) ridato vita a molte vecchie carte che sembravano ormai destinate all’oblio. Ad agosto è atteso anche il nuovo mastery pass, che come il precedente offrirà una componente gratuita e una a pagamento, con un prezzo di circa 10 euro, ma entrambe daranno accesso ad un numero enorme di ricompense, sia a livello di gameplay che di cosmetici.

GWENT è un gioco che merita molta, molta più attenzione di quanta non abbia, soprattutto per chi ha già avuto esperienza con il mondo di The Witcher, ovvero oramai quasi tutti, ma anche per chi apprezza un buon gioco di carte. Ha sicuramente dei limiti, primo tra tutti una sorta di design “a tema” che si traduce spesso in archetipi guidati dalle scelte degli sviluppatori. Ma, come in tante cose nella vita, nel deckbuilding di Gwent il diavolo è nei dettagli: cambiare anche solo tre o quattro carte attorno ad un core centrale può portare a esperienze di gioco drasticamente diverse, inoltre per sua natura il gioco premia sempre abilità, conoscenza e adattamento. Riassunto finale: Master Mirror è una bomba, GWENT non è mai stato così divertente e con una lore così palpabile. Ora non ci resta che aspettare un rework dell’arena.

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