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Radical Rabbit Stew – Recensione

Radical Rabbit Stew

Succede che se nel 2020 decidi di fondare una software house indipendente per lanciare il tuo videogioco e fare successo, devi anche essere in grado di proporre al pubblico qualcosa di fresco, in grado di differenziarsi per emergere sul mercato e soprattutto distribuire quel qualcosa al momento giusto. Per questo motivo nasce Pugstorm  – già dal nome scelto dai ragazzi svedesi si dovrebbe capire tutto – e stiamo parlando proprio del loro videogioco. Radical Rabbit Stew arriva sul mercato, su Nintendo Switch, PlayStation 4, Xbox One e PC, sapendo di poter, nel suo piccolo, sorprendere.

Come spesso accade in questo genere di produzioni, il pretesto narrativo è quasi unicamente una comparsa che separa la schermata del menù principale dal gioco vero e proprio. Il protagonista, un piccolo umanoide completamente blu (no, non dovremo sconfiggere Garganella in questo gioco) ha il compito di liberare gli Chef Spaziali dalle grinfie di una razza aliena dalle fattezze perlopiù simili a quelle dei conigli terrestri. Per sconfiggerli il giocatore non deve far altro che inforcare il proprio cucchiaio e spedire i nemici direttamente in pentola. Esattamente come farebbe un qualsiasi cuoco davanti a un coniglio, tra l’altro.

Ed è proprio in questa banalissima analogia che si nasconde uno dei punti di forza di Radical Rabbit Stew: il gioco è dannatamente stupido. Dalla presentazione dei vari boss, per non parlare del loro aspetto, ai nome scelti per le varie location e per i livelli, fino ad arrivare ai messaggi che il gioco riserva direttamente al giocatore rompendo la quarta parete, il titolo riesce SEMPRE a strappare un sorriso ebete dal viso di chi ci si sta approcciando.

Radical Rabbit Stew è dannatamente stupido

Il senso di humor si riflette poi direttamente sul gameplay impacchettato dagli sviluppatori. A cosa potrà mai servire un cucchiaio con un guanto? Ad afferrare oggetti ovviamente. Radical Rabbit è di fatto un puzzle game, ma con una forte anima action. Avete presente gli hack & slash da sala giochi in cui il tempismo con cui si colpisce il nemico di turno risulta essere fondamentale? Ecco, il titolo abbina questa componente quasi ritmica al dover risolvere gli enigmi ambientali. La stessa difficoltà di questi ultimi è molte volte dettata dalla capacità del giocatore di eseguire l’azione giusta al momento corretto. Magari la soluzione è davanti agli occhi del giocatore: basta infatti riempire tutti i paioli presenti nello schema lanciando al loro interno un qualsiasi NPC conigliesco per completare il livello e progredire. Quasi sempre tali oggetti sono visibili senza particolare difficoltà, ma la mole di sprite in movimento a schermo raggiunge picchi talmente elevati da essere in grado di portare un sano stress da prestazione al giocatore. Per farvi capire quanto il gioco riesca ad assumere una connotazione frenetica vi basti pensare che in Radical Rabbit non vi è un timer, eppure si è sempre in movimento come se si avesse un tempo limite da rispettare. Questo accade perché, con buona probabilità, stando fermi si arriverebbe inesorabilmente al game over.

Semplicemente frenetico

Alla solida ossatura del gameplay, quasi seriale nel volerla proporre costantemente per tutto il proseguimento della storia, si aggiungono vari elementi e potenziamenti, introdotti poco alla volta, in grado di portare varietà nella maniera con cui il giocatore riesce a “mandare in buca” i conigli in ogni schema. Ad ogni nuovo oggetto corrisponde una nuova azione eseguibile e proseguendo nell’avventura vengono introdotti nuovi nemici caratterizzati da un pattern di movimento differente, o da qualche altra azione necessaria per l’interazione con loro, in grado di rendere mai noioso l’intrattenersi con il gioco in questione.

La quantità di input visivi, luci e sprite in movimento ha reso necessario l’inserimento un messaggio di allerta nella schermata del titolo. Per i giocatori più sensibili vi è comunque la possibilità di disattivare alcuni effetti che potrebbero risultare particolarmente fastidiosi. Il comparto grafico, tirando le somme, non eccelle nella direzione artistica, ne tanto meno stupisce con una pixel art tutto sommato abbastanza anonima, ciò nonostante riesce a emergere rispetto a produzioni dal medesimo budget grazie alla ricchezza di dettagli e effetti che appaiono costantemente a schermo.

I vari livelli sono suddivisi in diversi mondi di gioco, ognuno con le proprie particolarità visive e di gameplay. Ogni macro area (tanto amore per Conny Agliand) è presidiata da diversi boss, i quali fungono da ottimo diversivo dopo un buon numero di livelli portati a termine. Il design di questi nemici particolarmente ostici è quasi sempre azzeccato, sia per come sono stati pensati e disegnati, sia per la sfida che portano in dote. Le boss fight infatti sanno essere sempre variegate e offrono il giusto spunto per comprendere meglio quale sia l’asso nella manica, inaspettato per giunta, di Radical Rabbit Stew.

L’equilibrio generale nella curva di difficoltà è semplicemente sublime. Il videogioco ideato dalla piccola software house svedese riesce ad rendersi quasi sempre difficoltoso senza mai risultare frustante, questo anche grazie alla relativa brevità degli schemi. Alcuni livelli si presentano ostici, ma il giocatore ha sempre ogni mezzo necessario per il raggiungimento del proprio obiettivo. La cura nell’istruire il giocatore, al netto di alcuni picchi nella difficoltà forse non voluti e probabilmente frutto dell’inesperienza, è sorprendente, ponendo l’accento sul chiaro talento degli sviluppatori.

un talento davvero cristallino

Il plauso ai ragazzi di Pugstorm non finisce qui. Chi vi scrive è incappato in un bug molto grave nel corso del proprio giocato per proporvi questa recensione. Completato un livello il software veniva direttamente chiuso. Premettendo di non conoscere se tale problema affligga solo la versione Nintendo Switch da noi in prova, una volta segnalato l’accaduto a chi dovere, gli sviluppatori si sono muniti di scuse e, rassicurandomi che tale bug sarebbe stato risolto in vista del day one, hanno preparato un video apposito per mostrarmi la giusta maniera per concludere il livello senza incappare in crash vari. Tanto di cappello, anche se comunque (e qua va sottolineato) una release da review dovrebbe essere abbastanza, come dire, definitiva.

“ehm … che succede amico?”

 

A completare il pacchetto, nota comunque non di margine ma bensì di assoluto rilievo, due modalità aggiuntive. La prima è l’immancabile modalità multiplayer. In radical Rabbit Stew è possibile affrontare alcuni schemi in multigiocatore locale (fino a 4 utenti contemporaneamente), all’interno dei quali è necessario lanciare in un pentolone gigante quanti più conigli possibile. Inutile puntualizzare che il giocatore col punteggio più alto viene incornato campione. Semplice ma assolutamente efficace.

La seconda e ultima modalità extra è l’editor di scenari. Tale modalità meriterebbe un discorso a parte, se non fosse per la poca praticità nell’interfaccia. Laddove i giocatori Nintendo hanno imparato alcune “regole” funzionali con i vari Mario Maker, Radical Rabbit cerca di proporre un editor completo sacrificando la semplicità. Senza girarci troppo attorno, cercare invano di posizionare gli oggetti nella posizione giusta, doverli ruotare scomodamente trascinando il cursore sopra di essi, il quale nel frattempo esibisce un’anteprima dell’oggetto selezionato comportando un fastidioso effetto doppione, dà molto in fretta a noia. Un peccato, ma sarebbe forse stato chiedere semplicemente troppo.

Radical Rabbit Stew non è dunque un capolavoro, ma funziona (quasi sempre) e risulta divertente. Questo basta per promuoverlo come titolo assolutamente consigliato per passare qualche momento di relax nel corso di questa neanche troppo afosa estate, magari in compagnia di un piccolo Nintendo Switch, proprio come farà il sottoscritto. Certo è che vi terrò aggiornati sulla situazione della patch promessa dagli sviluppatori per porre rimedio all’instabilità che affligge il titolo nella versione da noi provata. Se la situazione non dovesse infatti mutare, la mia critica assolutamente positiva potrebbe  ribaltarsi.

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