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Tell Me Why – Recensione

Tell Me Why

Quantic Dream, Telltale Games, Supermassive Games. Quando si parla di avventure interattive, molti sono gli sviluppatori che hanno sfruttato il videogioco per raccontare le loro storie, e altrettanti sono coloro che hanno lasciato un segno nel cuore degli appassionati. E chi fra tutti si merita l’aggettivo “memorabile” se non Life is Strange, il viaggio emozionante e surreale di Max e Chloe che ha guadagnato una popolarità strepitosa. Grazie a quest’opera, che ormai è impossibile non aver sentito nominare almeno una volta, DONTNOD Entertainment è diventato sinonimo di ottima narrativa, non certo impeccabile ma sicuramente in grado di conquistare il vasto pubblico di amanti del genere. L’onda del successo è più o meno continuata con Life is Strange: Before the Storm per poi arenarsi con Life is Strange 2, un racconto ambizioso senza però raggiungere né la forza né l’emozione che trasmettevano il primo capitolo. Ora, DONTNOD è tornata alla carica con una nuova storia: Tell Me Why, la vicenda di due fratelli che devono fare i conti con un doloroso e oscuro passato. L’opera pone l’accento su temi molto attuali e profondi, come i problemi familiari, i legami personali e l’identità di genere – quest’ultima strettamente legata a uno dei protagonisti, un transgender di nome Tyler. Un titolo breve, attentamente curato e dedicato ad argomenti che fin’oggi non hanno trovato molta rappresentazione nei videogiochi. Sarà un degno successore del primo capolavoro della casa di sviluppo? Scopriamolo.

Fuori e dentro le memorie

Essendo un titolo basato esclusivamente sulla narrazione, è necessario che al centro della costruzione ci sia una trama commovente e intrigante. In Tell Me Why seguiamo i gemelli Alyson e Tyler che, dopo essersi rincontrati per la prima volta in dieci anni, fanno ritorno al loro paese natale in Alaska per vendere casa e trasferirsi in città. Questo viaggio comporta però dover rivivere dolorosi ricordi, legati al loro passato e ai terribili eventi che hanno portato alla loro separazione. Ed è così che la tranquilla e familiare Delos Crossing si trasforma in un luogo colmo di segreti e bugie, che impediscono alla coppia di protagonisti di raggiungere la verità. Ad aiutarli, tuttavia, interviene il loro profondo legame, che in puro stile DONTNOD si manifesta sotto forma di potere sovrannaturale: la Voce, una capacità che consente di scambiarsi pensieri ed emozioni senza parlare, e rivivere le loro memorie come se fossero delle visioni tangibili. Nonostante quest’ultimo elemento – un tratto distintivo che accomuna tutte le opere dello sviluppatore – siamo di fronte a una vicenda decisamente più verosimile delle altre, che mantiene i piedi saldi a terra e tiene ferma l’attenzione sugli elementi più importanti: i personaggi, i temi, le emozioni e le varie sfaccettature della vita di piccolo paese. Una decisione certamente lodevole, che allontana molte delle critiche ricevute da Life is Strange 2 e fa riaffiorare il talento degli autori nella rappresentazione dei sentimenti. In tutto questo, però, non siamo affatto di fronte a una vicenda triste e nemmeno drammatica.

Come spiegato accuratamente da DONTNOD Entertainment, Tell Me Why vuole essere una storia di speranza e chiusura dei conti con il passato. Lo sviluppatore si è assicurato di non cadere in brutti stereotipi e di non dare lo spessore sbagliato ai protagonisti e agli eventi. La più grande paura, trattando argomenti così delicati, era infatti quella di sfociare nella banalità o trasformare il realismo in una filastrocca per evitare di offendere il pubblico. Con un gran sospiro di sollievo, nulla di tutte queste preoccupazioni ha trovato spazio nel gioco. Ogni elemento gode di una naturalezza e di un’autenticità che riflettono benissimo la realtà: le reazioni dei personaggi sono credibili e verosimili, viene data la giusta priorità ai temi quando essi si presentano e tutto segue un filo logico ben studiato, che dona vita ed emozione al racconto. Un grosso salto di qualità rispetto agli ultimi lavori, con la forza di generare empatia tramite pochi gesti e una manciata di parole, e che non sente il bisogno di ricorrere a formule collaudate o cliché cinematografici per raggiungere il suo scopo. Ne trae vantaggio soprattutto l’argomento LGBTQ+, specie la rappresentazione della sua T. La transizione di Tyler viene trattata con il massimo rispetto e viene considerata sia dagli autori che dai personaggi come una semplice sfumatura della sua persona, non come suo unico tratto distintivo – errore comune e fortemente criticato in altre opere. All’inizio, conoscenti e familiari fanno fatica ad abituarsi al cambiamento ma giungono ben presto ad accettarlo e nemmeno più menzionarlo. Tyler è semplicemente Tyler, un uomo nato nel corpo sbagliato e ora finalmente a suo agio, non superiore né inferiore a chiunque altro. Una raffigurazione positiva e ben lontana dall’essere una banale critica sociale, che fa ancor più apprezzare il coraggio e la determinazione del protagonista.

A tal proposito, la Voce è stata adeguatamente inserita per legarsi naturalmente a tutto il resto. Nonostante sia a tutti gli effetti una capacità sovrannaturale, il modo in cui viene sfruttata da Alyson e Tyler e i vantaggi che ne guadagnano rimangono pezzi secondari di un puzzle dominato dal realismo. Questo potere non risolve i problemi e nemmeno li crea: si limita a intervenire per permettere ai protagonisti di scoprire nuovi indizi sui misteri della loro infanzia, consentendo contemporaneamente allo spettatore di vivere le loro radici guardando sequenze animate e non ascoltando spiegazioni. Pur quindi mantenendo la propria firma nella narrativa, DONTNOD crea il perfetto strumento per rendere originale e interessante la storia ma permettendo ai fratelli di agire e superare gli ostacoli tramite l’umanità e il dialogo. Forte quindi la similitudine con Max, ma su un livello ancora più plausibile e sotto certi versi gradevole.

Più cura, meno scelte

Ora che mi sono dilungato a sufficienza sulla trama e sui temi, parliamo di gameplay. Come già detto in precedenza, quasi tutta l’attenzione del titolo si pone sulla sua narrativa, ma non dobbiamo dimenticare un altro dei suoi aspetti fondamentali: l’intervento del giocatore attraverso le scelte multiple. Anche qui, infatti, possiamo prendere decisioni diverse e libere per modificare il corso degli eventi e cambiare il finale. In confronto al passato, i bivi di Tell Me Why hanno un sapore dolce e salato. DONTNOD ha infatti deciso di mettere “in secondo piano” l’intervento dell’utente, tramite scelte meno marcate le cui conseguenze hanno un impatto meno immediato ed evidente rispetto ad altre opere dello stesso genere. Da un lato, questa strategia di design regge e non toglie profondità al resto del gioco: sacrifichiamo quindi un po’ di libertà per una storia più coerente, verosimile e comunque manipolabile tramite le nostre azioni. D’altro canto, viene meno la goliardia di esplorare i vari percorsi. Diverse volte, infatti, anche decisioni che appaiono come importanti portano con sé conseguenze minimali, talvolta differenziandosi per una semplice linea di dialogo. Chi adora racconti più realistici sarà probabilmente soddisfatto di questo, ma gli amanti del lato gameplay delle avventure interattive potrebbero rimanerne facilmente delusi.

Quanto al terzo pilastro di Tell Me Why, è arrivato il momento di discutere del comparto artistico, in cui spicca tutta la cura e l’amore di DONTNOD per il dettaglio e l’immersione. Avendo a disposizione meno luoghi e una durata più breve della storia, ogni angolo di Delos Crossing è ricco di vita e di piccole chicche che vanno a comporre un quadro delizioso. Dalla luce che si riflette sulle superfici alle differenti marche di patatine presenti sugli scaffali del negozietto di Tom Vecchi, i vostri occhi rimarranno spesso e volentieri deliziati dall’estetica del gioco (specie se amate la bellezza delle montagne innevate e dei paesini sperduti). Sul lato sonoro, la musica è azzeccata e accompagna delicatamente le emozioni e le azioni dei personaggi, mentre gli effetti sonori avrebbero bisogno di più attenzioni. Imprecisioni e mancanze di sincronica non sono rare da incontrare e, se notate, rovinano parzialmente l’immersione che tutto il resto si è così tanto impegnato a creare. Si sa che alcuni problemi sono stati risolti e verranno sistemati con un aggiornamento al lancio, quindi non mi sembra il caso di giudicare l’opera troppo pesantemente per questo. Quanto a cali di frame o difetti di rendering, sembra che la versione Xbox del titolo soffra un pelo di più rispetto che a quella su PC, ma anche qui ci si deve affinare alle mani del team di sviluppo.

Ecco il perché

Tell Me Why si rivela essere un grande passo avanti per DONTNOD Entertainment: un’opera coraggiosa e ben curata, che supera i limiti delle precedenti avventure e lascia spazio a temi che spesso non trovano casa da nessun’altra parte. Un’opera non priva di difetti e dalla durata complessivamente breve, che avrebbe sicuramente giovato di qualche ora in più, ma allo stesso tempo la più riuscita a livello umano dello sviluppatore. Dove c’è meno sostanza troviamo più attenzione al dettaglio, più spessore nei personaggi e un occhio di riguardo verso argomenti delicati, qui narrati nella loro piena positività e privi di qualsivoglia stereotipo di cattivo gusto. Se fate parte della nicchia di amanti del genere, date una chance a Tell Me Why. Se invece non avete amato Life is Strange od opere di simile struttura, è probabile che neanche questa riuscirà a farvi cambiare idea. Oggi è disponibile il primo capitolo, mentre gli altri due arriveranno rispettivamente il 3 e il 10 settembre – anche su Xbox Game Pass.

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