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Microsoft e l’affaire ZeniMax Media, il sorprendente asso nella manica di Xbox

A un solo giorno dall’apertura dei pre-ordini di Xbox Series S e Xbox Series X, come un vero fulmine a ciel sereno, Microsoft ha annunciato di aver acquistato Zenimax Media, entrando di fatto in possesso di ben otto studi, fra i quali Bethesda Games Studios, Arkane e id Software e di conseguenza passando da 15 a 23 first party nella sua scuderia, un’acquisizione senza precedenti. Jason Schreier, noto giornalista e insider che ha anticipato di qualche minuto la sorprendente notizia, ci informa che l’accordo è valso ben 7,5 miliardi di dollari, una cifra che batte tutti i record all’interno del media, per uno degli eventi più importanti dell’intera storia dell’industria del gaming. Dopo lo shock e l’incredulità iniziale, si sono aperte moltissime domande a riguardo e non tutte le risposte fugano efficacemente i leciti dubbi che pubblico e  critica si stanno ponendo in questo momento. Quello che a oggi è certo, è il trovarsi di fronte a un evento senza precedenti che giocoforza impatterà notevolmente, soprattutto sul lungo termine, sugli equilibri della prossima generazione di console, e non solo. Ci sono vari aspetti da considerare però, alcuni non immediatamente visibili e non tutti legati a doppio filo al “mero” discorso della console war, sebbene sia di fatto quello immediatamente visibile e, senza dubbio, quello che catalizza maggiore attenzione. Ciò che è accaduto ieri sottolinea ulteriormente la mentalità e la filosofia della divisione gaming della casa di Redmond e dimostra al tempo stesso quanto repentinamente il colosso sia riuscito a passare da una situazione claudicante e malferma a una posizione diametralmente opposta.

“Serranda?”

Sembra assurdo oggi ripensare alla Microsoft di due o tre anni fa nell’ambito videoludico, in una posizione talmente precaria creatasi in seguito del disastroso lancio di Xbox One, e alla costante comunicazione di medio-basso livello, da sembrare realmente prossima alla chiusura. Per quanto Phil Spencer sia apparso più che determinato a riportale il brand Xbox in spolvero, le possibilità di un cambio realmente netto sembravano davvero molto pallide. Qualcosa iniziò a muoversi con la presentazione del Game Pass e con l’inclusione di moltissimi titoli presentati in esclusiva sui loro palchi, formalizzando l’intento di non volersi assolutamente staccare dal mercato dei videogiochi. Eppure, nonostante la buona ascesa compiuta negli ultimi anni dopo il sonoro tonfo di inizio generazione, era impensabile aspettarsi un annuncio di questo tipo. Innanzitutto, dopo aver vistosamente investito sul Game Pass, vero cavallo di battaglia di Xbox che nella next-gen verrà sorretto da sempre più titoli terze parti sin dal day one, era lecito aspettarsi che il portafogli di Microsoft avesse già dato fondo a una grandissima fette delle risorse disponibili per la specifica divisione interessata. Inoltre, avendo sfruttato il periodo estivo per presentare dettagliatamente l’offerta di Series S e Series X ed essendo sempre più vicini al lancio, era già di per sé difficile aspettarsi sorprese, meno che mai di questa caratura.

Non si tratta di una semplice acquisizione, e non solo per l’ovvio esborso economico senza paragoni, ma una mossa che incide trasversalmente sull’ecosistema del mercato. Poter avere a disposizione l’intera scuderia Bethesda e renderla propria significa avere per le mani non solo titoli e brand di prim’ordine come The Elder Scrolls e DOOM ma anche, e soprattutto, avere team eccezionalmente variegati fra loro, con titoli che possono coprire potenzialmente ogni genere e, da non dimenticare, dall’alto apprezzamento nei confronti dei videogiocatori, dal pubblico più casual a quello hardcore. Si tratta inoltre di avere fra le proprie fila l’estro artistico di alcune delle personalità più importanti dell’industria, da Shinji Mikami a Todd Howard, aspetto che non può e non deve passare assolutamente in secondo piano. Ultimo, ma non per importanza, l’aspetto che prevede nuovamente il servizio fornito dal Game Pass, che porterà ogni singolo titolo degli studi acquisiti nella giornata di ieri, presenti già dal day one senza nessun costo aggiuntivo. Series S esce incredibilmente rinforzata da questo annuncio, molto più della sua sorella maggiore, e la combinazione fra la piccola console next-gen e il Game Pass diventa un acquisto sempre più appetibile, se non imprescindibile, per una gargantuesca  schiera di giocatori.

Cambiare le regole

Senza scivolare in triviali battibecchi adolescenziali, la concorrenza verso PlayStation 5 non può restare indiscussa o non esser vista come uno dei nodi centrali di questo accordo. Dopo il repentino cambio di direzione di Sony mostrato durante il suo ultimo evento mediatico, che è passata da una posizione a sua detta molto convinta nella preservazione delle generazioni di console e delle potenzialità di titoli pensati ad hoc esclusivamente per le nuove macchine a una realtà nettamente più “transgenerazionale”, il divario fra questi due pesi massimi dell’industria non sembra più così insormontabile, anzi. In questi casi, soprattutto in questo caso, non si può infatti ridurre la discussione a meri termini di esclusività dei prodotti. Se a oggi le parole di Microsoft, le quali specificano che i futuri giochi targati Bethesda usciranno sicuramente su PC e sulla famiglia Xbox ma valuteranno “caso per caso” l’approdo su altre console, possono essere interpretate, anche secondo basilari leggi di mercato difficili da ignorare, con il fatto che i brand più famosi e “importanti” rimarranno multi-piattaforma ma bisogna comunque fare qualche necessaria precisazione a riguardo. Innanzitutto, Microsoft potrebbe decidere in qualsiasi momento di tenersi in serbo qualche produzione blockbuster da sfruttare come vera e propria killer application da tenere come esclusiva per i suoi servizi e al tempo stesso, porre un periodo di esclusività temporanea su un titolo particolarmente appetitoso. Come specificato pocanzi infatti, tempi e modi in cui i giochi verranno distribuiti rimangono avvolti nel mistero e ad oggi possiamo solo supporre. In seconda analisi è bene notare come disporre di un così alto numero di giochi di primaria importanza sotto il proprio stendardo sin dalla loro uscita significhi anche mettere, implicitamente, i bastoni fra le ruote a Sony, costretta ovviamente a far pagare il prezzo pieno per i medesimi prodotti. Considerato poi l’aumento di prezzo dei singoli titoli, tanto prevedibile quanto malaccetto, arrivato alla soglia degli 80 euro, la strategia di Microsoft si rivela ancor più brillante, se paragonato al costo annuale del Game Pass.

C’è un grosso “ma” in tutto questo, che per ora aleggia come un’ombra tanto torbida quanto pallida ma che in futuro potrebbe effettivamente portare a conseguenze poco auspicabili per il settore, perlomeno dal punto di vista di noi giocatori. La possibilità di un equilibrio totalmente asimmetrico a favore di uno dei qualsiasi protagonisti dell’industria è ciò che di meno si possa sperare, la concorrenza, quella sana e ispiratrice, non può e non deve smettere di esistere se si vuole continuare a godere di un mercato ricco, vario e qualitativamente appetibile. Inoltre, il rischio che con il tempo, anche sul lunghissimo periodo, il pubblico si abitui, viziandosi, ad avere tutto disponibile in un abbonamento dal costo iniquo, se paragonato al valore totale dell’offerta, è decisamente alto. In maniera non dissimile da servizi come Netflix o Amazon Prime il giocatore potrebbe effettivamente perdere di vista il valore del singolo prodotto, approcciandosi alla passione per il media con un approccio bulimico e, di conseguenza, estremamente nocivo. Può sembrare forse fin troppo apprensivo come punto di vista ma guardando a ciò che è accaduto al mercato mobile, non è così impensabile. La speranza è quella di riuscire a mantenere viva una certa armonia, seppur non priva di sobbalzi e momenti di precarietà, fra ciò che è mero marketing e la parte più “romantica” e prettamente ludica di quello che oggi il termine “videogioco” rappresenta.

Nuovi orizzonti

A prescindere da dubbi più o meno leciti, dalle simpatie o antipatie che nutriamo verso le parti in causa e da tutto ciò che potrebbe accadere in un futuro (forse non così tanto) remoto, oggi non si può che gioire dell’acquisizione di ZeniMax Media da parte di Microsoft. La possibilità di fruire di titoli di caratura eccezionale sul Game Pass senza dover ulteriormente mettere mano al portafogli e quello che il connubio di due potenze simili potrebbe mettere in piedi è esaltante. E se questa mossa dovesse mettere forte pressione alla rivale nipponica, come probabilmente sarà, tanto meglio: qualsiasi “risposta” da parte di Sony non potrà che essere disposta sullo stesso terreno da gioco, e per quanto flebile dovesse rivelarsi saremmo nuovamente noi giocatori a guadagnarci. Si prospetta insomma una generazione davvero molto interessante alla luce di questi fatti e ancora siamo ben lontani da vedere gli effettivi risultati di questa unione che ancora oggi risulta più frutto di un ingenuo sogno ma che, come direbbe il migliori degli immobiliari, è una solida realtà.

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