“Questa è la storia di un tempo lontanissimo, il tempo dei miti e delle leggende. Gli antichi dei dell’industria videoludica erano in tumulto, tempi in cui Sony credeva nelle generazioni e Microsoft non aveva studi inter- Vabbé dai, avete colto la battuta, procediamo.
Continua in maniera apparentemente inesorabile la strana danza di Playstation, che negli ultimi mesi ha dimostrato di essere molto meno attenta al suo pubblico, perlomeno a livello comunicativo, e in uno stato di incertezza degno del periodo Mattrickiano di Xbox One. La notizia che rimbalza nelle ultime ore è quella di un remake di The Last of Us, e l’innesto di Bend Studio in Naughty Dog, a supporto di un nuovo titolo di Uncharted. Ma la notizia, quella vera, che si cela sotto i titoli strappa click, deriva dall’aspra critica – che dalle sue parole risulta come una mera deduzione – di Jason Schreier su Sony, esclusivamente concentrata sul supporto di titoli blockbuster. Nell’articolo di Bloomberg, che potete leggere qui (così evitiamo pure che questo diventi esclusivamente un articolo di adattamento e traduzione), Schreier riporta alcuni avvenimenti riguardanti Bend Studio e il Visual Arts Service Group, in cui si evince scarso interesse da parte del colosso Nipponico verso progetti e studi non impegnati in progetti tripla A e in generale unicamente interessata alla produzione di titoli altamente profittevoli.
Nel caso del Visual Arts Service Group, si tratta di un sogno mancato (se vogliamo metterla in un’ottica più romantica), un team che ha sempre vissuto e lavorato come appendice per studi più blasonati e ha cercato l’emancipazione artistica proponendo un progetto proprio. In questo caso, il team cerca inoltre un obiettivo meno rischioso possibile, puntando sulla realizzazione di un remake di The Last Of Us, il progetto si avvia ma presto Sony sposta le attenzioni, pressoché nulle sul Service Group, sul team originale e Naughty Dog passa subito in una posizione di rilievo, con tutto ciò che ne comporta. Nel secondo caso, quello che sicuramente risulta più “eclatante” essendo coinvolta Bend Studio, la quale non solo avrebbe ricevuto un secco “no” al pitch di Days Gone 2 ma avrebbe anche rischiato di essere inglobata da Naughty Dog in via definitiva, salvo poi riuscire a staccarsi e iniziare a lavorare su un nuovo progetto in autonomia. Di per sé, a dirla tutta, non fa neanche poi così scalpore il comportamento di Sony, anche a leggere i due episodi su cui fa perno l’editoriale di Schreier non si direbbero eventi estranei al “modus operandi” di aziende di questa o altre industrie, eppure ciò che rende il tutto più affiliato e rilevante è il contesto in cui arriva questo pezzo e, in qualche misura, anche la reazione del pubblico.
È la goccia che perfora la pietra – o quella che fa traboccare il vaso, valutate voi – forse, ma questa combo di notizie ha creato una forte spaccatura nei forum più attivi del mondo, così come in quelli nostrani, un’ennesima schermaglia da tastiera che, se da un lato non ci dice nulla di nuovo, dall’altro ci mostra come anche il fan(boy) più accanito può cedere di fronte a una sfilza di scelte poco felici adottate dalla multinazionale per cui tifa con tanto ardore. Ennesima dimostrazione, qualora ce ne fosse ancora bisogno, che al netto di ingenti guadagni e delle rassicurazioni finanziarie verso gli investitori, i danni di immagine posso spostare, soprattutto sul lungo termine, gli equilibri del valore di un brand e dell’importanza che i giocatori danno a esso. Insomma, dopo un lancio di Playstation 5 esaltante solo sulla carta (menzione d’onore ai bagarini che hanno contribuito con così tanto fervore al successo dell’ammiraglia Sony), perché dei dati di vendita possiamo esultare quanto vogliamo ma alla fine non sono quelli che inseriamo nella console se vogliamo giocare, c’è stato un susseguirsi di eventi, dichiarazioni e leak che hanno posto sotto una differente luce l’attuale stato di salute di Playstation.
Quel “We believe in generations” per esempio, che racchiudeva una “velata” stoccata a Microsoft, stride con la decisione di continuare il supporto a PS4 con titoli cross-generazionali, come l’attesissimo seguito di Horizon Zero Dawn, o con la non chiusura di Japan Studio, che adesso metterà il proprio focus sul Team ASOBI, e il dissanguamento della stessa degli ultimi mesi, giusto per fare due degli esempi più eclatanti che in questi mesi hanno fatto storcere il naso un po’ a tutti, per quanto, se viste come mere scelte economiche, nell’immediato daranno sicuramente i propri frutti. Oltretutto, queste scelte si integrano perfettamente con la “critica” di Schreier mossa a Sony, quella di concentrarsi esclusivamente, o quasi, sui blockbuster dal profilo economico più elevato. A oggi tutte le discussioni che possiamo fare sono speculative, certo, ma è anche vero che questo è il momento in cui i colossi dell’industria iniziano a mostrare le loro carte, scoprendo le fondamenta che stanno costruendo, non sono quello relativo alla generazione in corso ma anche strutture di un futuro più remoto. Ed è qui che, al netto del proprio pensiero personale, le parole di Schereier trovano eco.
Il merito di Sony nella generazione passata è stato, fra gli altri, quello di dare nuovo lustro a propri team interni che avevano perso la bussola – o erano in procinto di – e al tempo stesso di “attualizzarle” al contesto video-ludico dell’epoca, il “reboot” di God of War è forse l’esempio migliore in questo senso: prendere un brand amato e di successo e rimetterlo a nuovo, senza intaccarne l’essenza ma anzi dandole nuova linfa, dimostrando non solo di saper svolgere un lavoro di adattamento ma anche di essere attenta al volere dei fan, senza rimanere però schiava dello stesso. Eppure, dalla prospettiva odierna Sony dimostra effettivamente di avere nel suo arco frecce indubbiamente potenti, ma poco diversificate fra loro in termini meramente strutturali, andando sempre più incontro al modello “cookie cutter” che domina l’industria, concentrandosi forse un po’ troppo sul modello Open World, spalleggiato poi dai tripla A di Naughty Dog e da un supporto straordinario delle terze parti, che sembra però anch’esso più fievole oggi.
Certo, non mancano esempi come Ratchet and Clank: Rift Apart o i giochi più modesti nati per accompagnare il lancio della nuova console (che nascono però espressamente con l’intento di essere piccole esperienze ludiche per puntellare la stabilità iniziale del parco titoli) e che comunque poco hanno a che spartire con la visione di Jim Ryan, essendo in produzione da ben prima che lui entrasse in gioco nel ruolo di CEO. È chiaro insomma che i dubbi dei giocatori siano quantomeno legittimi sul futuro della line-up di PlayStation 5, non c’è motivo di fasciarsi la testa però, lo dico proprio fuori dai denti, se si boccia il sequel di Days Gone, che al netto dei suoi meriti non è certo una IP rischiosa o azzardata e tra l’altro anche ben recepita dal pubblico, c’è un problema.
Sembra davvero mancare quella voglia di rischiare e investire in giochi più modesti e se davvero si rivelerà così, sarebbe un grande errore. E il punto non è nemmeno che l’idea dell’ennesimo remake di un gioco uscito “mezz’ora” fa vada in produzione a discapito di qualche idea più singolare e coraggiosa, non sarà né la prima né l’ultima volta che capita, così che un team che ha dimostrato capacità venisse premiato con l’assorbimento da parte di un altro studio (é successo recentemente a Vicarious Visions e nessuno si è disperato), quanto al fatto che adottare questo modus operandi dimostri pigrizia e miopia. Non solo perché avere una line-up più variegata possibile sia un bene per i giocatori ma anche, se non soprattutto, visto il successo straordinario ottenuto da giochi sorretti da piccoli finanziamenti che, senza un minimo di azzardo, non sarebbero mai venuti alla luce.
E non sto nemmeno qui a rimarcare che la diretta concorrenza in questo periodo sembra continuare a inanellare successi, primo perché non vuole essere un articolo atto ad alimentare discussioni sulla concorrenza questo, che nonostante tutti gli “è assurdo parlare ancora di console war ancora oggi” a me sembra più viva e feroce che mai, e soprattutto perché, per quanto Microsoft sembri davvero aver trovato la sua direzione ha ancora tutto da dimostrare, però è evidente che Sony non si sia stia mostrando troppo lungimirante in questo periodo. Semplici problemi di comunicazione? Possibile, ma poco probabile perché di prove tangibili già ne abbiamo tante e se c’è già chi grida al complotto e corre ai ripari per difendere la casa di Nihonbashi, è difficile non sentire un piccolo deja-vu dell’inizio epoca PS3. Forse, per una regola non scritta dell’industria, i vari colossi debbono esibirsi in una gen sfavillante per poi crollare su loro stessi, o cercare ogni mezzo per auto-sabotarsi, ma il punto di Schreier, per quanto piccato, è totalmente condivisibile. Questo non significa che mancheranno totalmente prodotti minori o più sperimentali su Playstation 5 ma il dubbio il seme del dubbio è stato piantato e sappiamo bene ormai che nel pubblico, questo seme germina sempre fecondo. Insomma, nei prossimi mesi, grazie agli attesissimi eventi dedicati al media, Sony dovrà dimostrare di avere un’idea chiara ed efficace, non solo per fugare i dubbi presenti ma anche, e soprattutto, per dare nuovo lustro a quel “For the Players” che oggi suona molto meno convincente.
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