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Solasta: Crown of the Magister – Recensione

Il rinascimento del gioco di ruolo occidentale isometrico per PC oramai non conosce sosta. Trainati dai fondi degli utenti tramite Kickstarter, abbiamo visto prendere vita progetti da case con numerosi anni di attività alle spalle, come Obsidian e Larian. Altri, come i russi di Owlcat Games sono riusciti a nascere e crescere proprio in questo mondo.

Uno dei fondatori di Amplitude Studios, i creatori della oramai famosa e proficua serie Endless, ha aperto un suo studio di sviluppo chiamato Tactical Adventures e, dopo aver racimolato 243.855 € su Kickstarter e aver passato 7 mesi in accesso anticipato, la sua creatura è pronta per essere giocata.

Solasta: Crown of the Magister si presenta come un gioco di ruolo isometrico basato sulle regole di Dungeons & Dragons quinta edizione. E questo basta per metterlo in una diretta comparazione con lo stesso concept portato avanti dai Larian in Baldur’s Gate III. I due giochi sono un’esperienza totalmente diversa, evidente non solo dal diverso budget e team di lavoro dietro, ma anche per obiettivo.

Con il giusto background le espressioni si fanno particolarmente colorite. Io ovviamente le ho lasciate al ladro halfling, visto che ho cercato di creare il party più stereotipato possibile

Solasta va a prendere la licenza SRD 5.1 di D&D 5a edizione, avendo quindi accesso ad un set limitato di regole base, sulle quali andare a costruire la loro ambientazione e regole personalizzate. Il mondo di Solasta è originale nella sua concezione. Mille anni prima dell’inizio del gioco un enorme cataclisma magico aprì un portale verso un’altra dimensione, portando un’enorme devastazione nel mondo di Solasta. La zona dell’epicentro è diventata nota come Badlands, terra colma di segreti e misteri provenienti dagli antichi fasti della civiltà precedente. Con tutti questi misteri e ricchezze è comune che numerosi avventurieri siano attratti al prospetto d’avventura e fama.

E nella creazione del proprio party Solasta si differenzia da tutte le proposte più blasonate sul mercato. Invece di creare un singolo personaggio protagonista dell’avventura, vostro è il compito di costruire l’intero party di quattro avventurieri. Avete a disposizione solo le classi di Guerriero, Ladro, Mago, Chierico, Ranger, Paladino e come DLC gratuito per tutti al lancio, lo Stregone. Le classi più interessanti, come il Druido o il Warlock, non ci sono. Per ogni classe c’è la possibilità di selezionare una sottoclasse avanzando nei livelli. Il limite di aver scelto l’edizione SRD 5.1 di D&D qui si mostra appieno. Le uniche sottoclassi ufficiali sono forse le più “noiose” e standard dell’intero set di regole di quinta edizione e le altre create da Tactical Adventures per Solasta: Crown of the Magister non godono di particolare inventiva.

Equipaggiare al meglio il proprio gruppo è parte del divertimento ed è molto importante per non rimanere in svantaggio nella curva di difficoltà del gioco.

Forse per facilità di progettazione ed implementazione, si tratta di quasi tutte classi con abilità passive e spesso inefficaci nell’alterare la dinamica della classe. Io posso dirvi che per la mia run credo di aver fatto ogni scelta peggiore possibile nel costruire i miei personaggi ma nonostante tutto sono riuscito ad arrivare in fondo all’avventura con impostazione di difficoltà Autentica, ovvero con il regolamento applicato alla lettera sempre. Quindi da questo punto di vista il bilanciamento, quando si sbaglia, sembra essere buono.

Il party così creato però non sarà muto. Durante la fase di creazione potremmo decidere una sorta di personalità per i vari personaggi. Possono parlare in modo formale, essere altruisti o cinici, oppure esprimersi come uno scaricatore di porto veneto. Queste caratteristiche formano le linee di dialogo che sono pronunciate dai vari personaggi, che interagiscono quindi tra di loro e con gli NPC in modo personale. Si ha anche accesso a quest secondarie esclusive per ogni singolo background. Questo è probabilmente l’aspetto più intrigante della produzione e probabilmente il più riuscito dal lato narrativo malgrado non sia implementato in modo complesso.

Lato fabula ed intreccio ci troviamo di fronte ad un qualcosa di semplice ma intrigante allo stesso tempo, con rivelazioni e colpi di scena ben posizionati nelle 25 ore di gioco necessarie a portare a termine l’avventura. C’è del potenziale per molte altre storie interessanti in questo mondo. Il limite è rappresentato dai dialoghi e dalle interazioni. Essenziali e dritte al punto. Gli NPC non sono chiacchieroni da giochi Bioware, per dire. Poche saranno le prove di diplomazia, pochi i bivi in quella che altrimenti è un’avventura lineare al 100%. Certo, sono riuscito ad evitare un paio di battaglie grazie alla lingua tagliente della mia halfling ladra Zoe, ma si parla di situazioni uniche, non di un meccanismo organico distribuito in modo equilibrato nell’avventura.

Malgrado le tante variabili in gioco, la schermata di battaglia ha una leggibilità ed usabilità straordinaria. Migliore di quella di Baldur’s Gate III. Si vede che c’è un Ex-Amplitude alla guida.

Il punto di forza, o quantomeno l’elemento dove il gioco punta tutto se stesso, è il combattimento. Rigorosamente a turni, con un tiro di iniziativa ben mostrato ad inizio della battaglia, con tutte le dinamiche del gioco cartaceo. Solasta: Crown of the Magister fa solo lievi aggiustamenti dove ritiene più opportuno. Vista l’enorme enfasi sull’illuminazione, attaccare senza una fonte di luce è svantaggioso, con penalità più aspre rispetto al gioco da tavolo. Allo stesso modo, data l’enfasi posta sulla verticalità delle ambientazioni, le distanze di combattimento sono superiori alla media del genere. C’è quindi la possibilità di effettuare un cambio di set up di armi a round senza sprecare tempo, come invece accade nel gioco da tavolo.

Il combattimento porta con se tutti i pregi e difetti dell’originale cartaceo. Se da un lato tutte le classi sono in grado di contribuire allo scontro a loro modo, con un uso strategico delle risorse a disposizione, dall’altro si nota una certa piattezza nell’esecuzione, con alcune classi più entusiasmanti di altre. Il guerriero del gruppo ha sempre il compito di avanzare e dare mazzate, con davvero poche variazioni sul tema. Il mago invece può districarsi tra il potenziare la squadra, colpire gruppi di nemici o concentrarsi sui bersagli più pericolosi, il tutto con un’elemento di gestione delle risorse tra un riposo e l’altro. Certi incontri richiedono tutta la vostra perizia nel sapersi posizionare e sfruttare le regole a vostro vantaggio. Ho voglia di fare una run con quattro maghi ora.

Credo che questo sia l’unico gioco che tratta in maniera realistica le componenti degli incantesimi. Le opzioni sono molte ed è davvero un piacere vedere una tale cura risposta in questo sistema.

Un altro punto di forza risiede nella personalizzazione dell’esperienza di gioco. Le opzioni per modificare la difficoltà sono numerosissime e toccano moltissimi elementi del gioco. Il livello massimo raggiungibile nell’avventura è il 10, così da evitare di entrare nel territorio dove diventa più difficile bilanciare tutto. In questo modo l’esperienza si mantiene giusta dall’inizio alla fine e qualsiasi cosa possa piacere di meno può essere tarata al meglio. Da notare come esista un’opzione per quanto l’IA deve essere cattiva nell’usare tutti i propri strumenti nel modo più efficace. Un cambio notevole perché invece di farla barare come il 99% dei videogiochi, qui bisogna combatterla davvero con il cervello.

Un esempio dove questa possibilità di personalizzazione è molto gradita è nella parte di esplorazione della mappa di gioco. Ogni viaggio è una prova di endurance per le vostre risorse di cibo. Potrete accelerare l’andatura, ma questo vi renderà facile preda di imboscate. Se all’inizio dell’avventura questo meccanismo è ben tarato ed enfatizza le emozioni scaturite dall’esplorare terre sconosciute con risorse ridotte, col lungo andare diventa più tedioso che altro. È possibile quindi disattivare gli incontri casuali e ridurre al minimo il fastidio.

Il resoconto del viaggio aggiunge quel giusto sapore all’esperienza ed è anche un buon indicatore per avvertirvi in anticipo di possibili imboscate.

Anche gli altri elementi di contorno non sono calibrati così bene. Prendiamo ad esempio il crafting ed il sistema di reputazione. Durante i vari viaggi è possibile recuperare oggetti di importanza storico/archeologica da vendere poi ad una delle diverse fazioni del gioco per sbloccare i loro negozi. Se si abusa bene di questo meccanismo ad inizio gioco è possibile avere accesso ad equipaggiamento da endgame praticamente subito. Invece, se si sbaglia nello sfruttare questo sistema, ci si potrebbe ritrovare a fine gioco con nessuna fazione in grado di offrire il meglio del proprio negozio, ritrovandosi azzoppati. Il crafting si innesta in questo sistema, in quanto è troppo dipendente dai drop randomici e da cosa avete a disposizione nei negozi. È un qualcosa di opzionale, ma le armi più uniche ed interessanti si ottengono con questo sistema ed io sono riuscito a costruirne giusto un paio, comunque non ottimali per il mio party. A mio avviso occorre una ricalibrazione dei sistemi.

Solasta: Crown of the Magister include anche un editor di dungeon. Qui potrete cimentarvi nel creare mappe piene di mostri, loot, sfide, puzzle e quant’altro. L’editor è in beta ed è manchevole di diverse possibilità, ma è di sicuro una feature che gli appassionati potrebbero trovare utile per allungare la vita del gioco.

C’è del potenziale. Di fallire malissimo.

Come avete potuto notare dagli screenshot, graficamente il gioco non è male, si lascia guardare. Dal punto di vista stilistico non è particolarmente fantasioso ed il numero di animazioni è alquanto limitato, però l’esperienza è piacevole. Le performance tendono a calare drasticamente quanto ci sono molti elementi IA da dover gestire, con framerate intorno ai 40 FPS sul mio processore Xeon 1650. Su un gioco di questa natura non è affatto un problema scendere a tali FPS, quindi non la vedo come una problematica, anche perché non si è mai andati in territori di ingiocabilità. Anche lato audio il gioco si difende bene, con i temi principali ben orchestrati e dalle giuste note, ottimi accompagnatori dei momenti più importanti dell’avventura ma nulla che porterete nei vostri ricordi.

Se dovessimo provare a tirare le somme su Solasta: Crown of the Magister? Io personalmente sono un po’ combattuto. Oggettivamente il gioco ha delle limitazioni. Se la parte di combattimento è ben riuscita, flessibile e calibrata, tutti gli altri elementi al contorno di essa sono sufficienti. Però non sono riuscito a smettere di giocarci. Provavo gusto e piacere nel passare da scontro a scontro, nel pianificare come equipaggiare i miei personaggi, che talenti prendere alla salita dei livelli, quali incantesimi fosse più utili avere preparati e quali meglio in forma di pergamena per uso occasionale. Volevo vedere il dungeon successivo, vedere come si sarebbe evoluta la storia anche con il plot twist predetto dopo 5 minuti. Viaggiare tra le varie location per completare sidequest, per ottenere nuovo loot e per visitare mercanti specifici. Sono stato trascinato dentro con forza e non volevo uscirne.

Pertanto, mi sento di promuoverlo globalmente. Il fascino dei giochi di ruolo isometrici così ispirati a quelli cartacei è in grado di far appassionare e rendere un gioco godibile più della somma delle sue parti. E nel caso ci fosse qualche dubbio nel dare 40€ su un progetto così nuovo, il gioco è disponibile anche su Gamepass.

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