In un momento della storia del PC Gaming dove troviamo dei potenziali acquirenti e produttori impossibilitati a far girare il maggior numero di nuove componenti possibili, non tutti sarebbero disposti a rischiare, a sperimentare un nuovo approccio sul COME godersi l’esperienza di gioco definitiva che viene da anni ostentata dai membri della Master Race, con buona pace dei giocatori su console. Ebbene, in qualche modo, Valve potrebbe riuscirci con il suo Steam Deck, l’ultimo gioiellino concepito dall’azienda leader nel settore del digital delivery su PC.
In poco più di due giorni (tra l’annuncio ufficiale e l’apertura dei pre-ordini), l’imminente console portatile brandizzata con il simbolo della valvola è diventata l’unico topic al centro della maggior parte delle discussioni online. Andrà bene? Andrà male? Farà la stessa fine delle Steam Machine? Valve quando farà uscire Half-Life 1.0+2.0 Final Remix+? Prima di rispondere a tutte queste domande, direi che è arrivato il momento di fare qualche passo indietro e spostare le lancette della storia videoludica (e di Valve stessa) di qualche anno e analizzare il lungo e tortuoso percorso che terminerà entro la fine dell’anno (o nel 2022 per tantissimi altri) con l’uscita della console. E perché no, aggiungerci anche delle personali considerazioni sull’intero progetto e che nel peggiore dei casi attireranno verso di me molti meno insulti di quanti ne abbia presi con lo scorso articolo su Sony.
Pinguini, Open Source e Coraggio
Anno domini 2012, un periodo di transizione per tutta l’industria tecnologica, ancor prima che videoludica. Ci troviamo infatti all’alba di un cambio generazionale per quanto riguarda il mercato console, ma anche nel periodo di massima ascesa del mercato mobile, con un crescente interesse da parte di quasi tutte le aziende produttrici di telefoni verso sistemi operativi liberi e personalizzabili, come Android, in grado di prendere il modello di smartphone proposto da Apple e renderlo disponibile a tutti, all’interno di dispositivi dal prezzo accessibile. È proprio in nome di questa apertura che Valve decise di puntare su Linux come vascello della rivoluzione all’interno di un mercato che, volenti o nolenti, vedeva e vede ancora oggi lo strapotere di Windows, il sistema operativo di Microsoft, una compagnia che stava cominciando a stare un po’ antipatica al buon Gaben.
La Valve di quel periodo era molto diversa da quella attuale (nonostante l’uscita di perle come Half-Life: Alyx) e nel 2012 era sempre alla ricerca della prossima grande implementazione per Steam, un client che all’epoca aveva già rivoluzionato il modo di intendere il videogioco su PC e che in quel momento si trovava in una fase di apertura. Workshop, Marketplace, Steam Greenlight e non ultimo l’inizio nel Novembre 2012 del supporto ufficiale a Linux, includendolo all’interno del programma Steam Play, una sorta di ecosistema multipiattaforma che garantiva ai propri utenti la possibilità di installare il proprio videogioco preferito (a discrezione degli sviluppatori) sui principali sistemi operativi: Windows, macOS ed il già citato sistema del pinguino.
Una soluzione che, nel lungo periodo, si rivelò fallimentare. Certo, la community ha visto arrivare sul sistema open source giochi come The Witcher 1 e 2, Shadow of Mordor e naturalmente quasi tutto il portfolio di Valve, ma allo stesso tempo il sistema stesso era ancora troppo di nicchia per invogliare le software house a sviluppare porting dei loro giochi disponibili su Windows. Tant’è che uno dei casi più famosi e legati a questa problematica ha come protagonista CD Projekt Red, che nel 2014 venne bersagliata dalla community di Linux per aver rilasciato una versione “nativa” di The Witcher 2 basata sulla virtualizzazione di un’eseguibile per Windows, e che per forza di cose risultava inferiore rispetto alla release originale. La protesta dei giocatori fu così aggressiva (e in alcuni casi anche tossica) da costringere la software house polacca ad abbandonare qualsiasi supporto alla piattaforma open source, nonostante The Witcher 3 fosse stato pubblicizzato anche per SteamOS.
Tirando le somme di questo primo tassello, l’arrivo di Steam su Linux non avrà di certo scosso il panorama PC (che vede Linux coprire una fetta di mercato pari al 2,7%), ma ha comunque gettato un seme sulla terra. Un seme che negli anni a venire portò alla nascita del progetto più ambizioso e allo stesso tempo fallimentare di casa Valve: SteamOS.
Il grande flop
“Oh SteamOS, quanto hai fatto cacare!”
Questo è l’unico modo per riassumere il mio pensiero su quel disastro di sistema operativo. Stiamo parlando infatti di una distro (un versione alternativa di un sistema operativo) di Debian rilasciato nel 2015 e che trasformava il proprio computer in una macchina dedicata esclusivamente all’avvio del client di Steam in modalità Big Picture… That’s it! In poco più di quattro righe vi ho elencato le caratteristiche ed i motivi del flop di questo OS che già all’epoca aveva ben poche applicazioni e veniva surclassato da altri sistemi operativi basati su Debian (Ubuntu per dirne uno) che avevano dalla loro parte un supporto continuo e costante, oltre al poter gestire software dedicati ad altre attività al di fuori del gaming. Oltre a questo, valgono tutti i contro dell’avere un client di Steam su Linux elencati in precedenza.
Certo, si poteva optare per una Steam Machine basata su Windows ma si trattava comunque di hardware costosi che andavano a minare la gimmick più amata dai PC Gamer: l’upgrade della propria macchina, una mancanza all’epoca comprensibile su console ma non su PC (soprattutto dopo aver sganciato una bella banconota da 1000 euro su un potenziale fermaporta).
Proton & Wine
Chiuso il capitolo Steam Machine, si entra in un periodo di assoluto silenzio dove bene o male Linux rimane un sistema operativo utilizzato principalmente dagli addetti ai lavori nel campo dell’informatica (sistemisti, programmatori, hacker etc.) ed il gaming all’interno dell’universo dedicato al pinguino viene visto come una roba da smanettoni, tra launcher wrapper alternativi come PlayOnLinux e Lutris o addirittura metodi ortodossi come la virtualizzazione basata sul passaggio di GPU tra sistemi host e guest.
A questo punto della storia sarebbe anche logico pensare in una facile resa da parte di Valve anche per quanto riguarda il supporto sistema operativo del pinguino, ma non fu così. Anzi, per come la vedo io il team dietro a Steam Play iniziò a fare retromarcia e lavorare a come far funzionare i titoli non compatibili con SteamOS senza mettere in mezzo le singole software house. Ed è proprio così che, nell’Agosto del 2018, Valve annuncia con grande orgoglio Steam Proton, un layer di compatibilità gestito da Valve stessa.
Per i meno esperti all’ambiente, un layer di compatibilità è in poche parole un’interfaccia installabile all’interno del proprio sistema operativo, in grado di eseguire (con i dovuti compromessi del caso) applicazioni normalmente impossibili da eseguire, in questo caso giochi e programmi per Windows. Tra i vari punti di forza, a differenza della versione standard di Wine, Proton mette da parte le librerie OpenGL in favore delle recenti e ben più performanti librerie grafiche Vulkan, che han reso possibile l’avvio praticamente istantaneo di giochi come DOOM 2016.
Tutto questo, senza che sviluppatori come Feral Interactive sviluppino delle versioni native per Linux. Anzi, come nel caso del suo fratellone Wine, l’implementazione di Proton ha portato Valve ad aprirsi ancora di più alla community dietro al software libero, permettendo la compilazione di più versioni esterne di questo add-on tramite la condivisione del codice sorgente su GitHub. Ed è qui che inizia il bello! In poco più di 3 anni, la lista di titoli compatibili con Proton è cresciuta in modo smisurato, arrivando a coprire una grande fetta dei titoli più giocati sulla piattaforma, con ben più di 18.000 titoli il cui funzionamento è stato documentato all’interno del sito ProtonDB. Al momento, si è arrivati ad un livello di compatibilità tale da poter avviare titoli attesissimi come Cyberpunk 2077 e Resident Evil: Village poche ore dopo la loro uscita ufficiale. Qualcosa che, all’epoca del rilascio di Steam su Linux, sembrava impossibile.
Non parliamo di un sistema perfetto, anzi. Laddove Valve non riesce a mettere mano (come nel caso dell’esecuzione di codec video proprietari) ci pensano utenti come GloriousEggroll tramite lo sviluppo di versioni customizzate in grado di tamponare determinati problemi. Tuttavia, la stessa cosa non si può dire per quanto riguarda gli anti-cheat, che per ora rappresentano il vero ostacolo da superare prima di rendere Linux ciò che Gabe Newell pronosticava nel 2013: il futuro del gaming su PC.
Steam Deck ed il futuro di VALVOLA
E siamo arrivati al 16 Luglio 2021 ed in casa Valve si inizia a tirare le somme. Steam Deck sarà con molta probabilità il punto d’arrivo di questo percorso durato più o meno una decina d’anni e che già dalle prime immagini e dichiarazioni ufficiali sembra prendere tutte quelle battute d’arresto, tutti i flop del passato e rigirarli a suo favore. SteamOS non sembrava un sistema operativo affidabile? Bam! SteamOS 3.0 cambia il suo nucleo e diventa un sistema Arch-based, con tutti i vantaggi che derivano da questa scelta primo fra tutti l’eventuale rilascio periodico degli aggiornamenti di sistema. Le Steam Machine costavano troppo e l’hardware al loro interno poteva risultare obsoleto nel tempo? Ed ecco qui che Steam Deck monta un’architettura hardware simile a console come PS5 e Xbox Series X/S, seppur con qualche compromesso. Proton ha ancora qualche problema con gli Anti-cheat? Nessun problema, Valve potrebbe risolvere i problemi di compatibilità ancor prima che la Steam Deck esca.
Ovviamente al momento l’intero progetto potrebbe rivelarsi tutto e niente, ed onestamente mi sento in dovere di citare anche qualche mia perplessità in merito. Bisognerà vedere quali saranno le performance (nel lungo periodo) dei giochi in arrivo in futuro, come verrà gestita l’ergonomia dei controlli in stile Wii U nel modello finale della console oppure se ci sarà una distribuzione sul nostro territorio che non comporti il pagamento di particolari tasse di spedizione (come ci ha abituato da anni lo store di Steam per quanto riguarda la vendita di hardware).