“Non incontrare mai i tuoi super eroi”. Nel 1986 Alam Moore ed il suo Watchmen fecero scuola girando attorno a questo concetto tanto semplice quanto cinico e realista. Sia il fumetto originale che il successivo film di Zack Snyder hanno decostruito la figura del super eroe in maschera, rendendolo più vicino a noi come esseri umani, proponendo personaggi che ancora oggi sono rimasti nei nostri immaginari proprio grazie al loro essere unici all’interno di un genere fumettistico/cinematografico che tendeva ad immortalare i supereroi come esseri infallibili o quantomeno moralmente giusti. E nella mia ingenuità, qualche settimana fa proiettai queste stesse aspettative su The Boys. Oh gioia, non avevo idea. Per usare un eufemismo, “è un’urinata clamorosa al mondo dei supereroi”.
Al contrario di Moore, il mondo creato da Garth Ennis e Darick Robertson per il fumetto e adattato nella successiva serie tv mi ha fin da subito sconvolto per il suo stile rozzo e violento, e che porta in tavola uno scenario “Ipotetico” interessante e molto più contemporaneo: cosa accadrebbe se un super eroe come Captain America fosse la mascotte di punta di aziende quotate in borsa e quindi anche loro soggetti ad i cambiamenti e alle regole di una società turbocapitalista? La risposta è un mix di sangue, satira e suspence che in poco più di due settimane è riuscito a tenermi incollato alla sedia, nonostante io – come gusti o sensibilità – non risultassi il target ideale per questo prodotto.
E dopo due stagioni di fuoco vissute una dopo l’altra in modalità binge, ero “pronto” per salire sul treno dell’hype e vivere assieme alla community la terza attesissima stagione di una delle (a mio parere) migliori serie offerte da Amazon Prime. Avrà superato le aspettative? Il team di Eric Kirpke sarà riuscito a confezionare un’altra stagione soddisfacente? Scopriamolo!
La calma dopo Stormfront
Questa terza stagione è partita con delle premesse in grado di portare un certo senso di freschezza. Dopo gli eventi che hanno visto protagonista Stormfront, i livelli di potere all’interno della Vought sono stati messi in discussione: Patriota (Antony Starr) continua a perdere consensi mentre Starlight (Erin Moriarty) viene addirittura nominata co-capitana. “L’uomo più potente della terra” ha vissuto un anno in modalità autopilota e in evidente stato di confusione, distante dalla realtà e pronto ad esplodere. Eppure, per qualche motivo questo momento tarda ad arrivare.
Sul fronte dei Boys, l’unico che sembra essere insoddisfatto è proprio Butcher (Karl Urban). Perché nonostante sia riuscito a mettere all’angolo Patriota e ad ottenere l’affetto di Ryan (Cameron Crovetti), ha pur sempre perso Rebecca, la persona che amava e per il quale ha iniziato a combattere, fallendo nel mostrare al mondo cosa si cela sotto la maschera del suo rivale. Anche lui è in attesa di qualcosa, di un motivo per tornare a “vivere”.
In tutto questo Hughie (Jack Quaid) è in apparente stato di grazia. Ha trovato un mezzo con cui combattere per Robin a modo suo, senza spargimenti di sangue e senza sembrare l’ultima ruota del carro. Insomma, una vita tranquilla lontano dagli ordini e dagli atteggiamenti da bullo di Butcher e senza dover più nascondere la vicinanza ad Annie.
Sembra il finale perfetto, vero? Ma ecco che arriva, a pochi minuti dalla fine del primo episodio, la consueta doccia fredda cinica e realista che riporta tutti alla realtà. Da un momento all’altro, Hughie si rende conto di aver agito come pedina di Victoria Neuman (Claudia Doumit), la super spappola teste dell’attacco al Congresso; e dall’altra parte di New York Butcher e Patriota giurano di darsi battaglia fino alla morte. Da questo momento, la terza stagione di The Boys non farà altro che giocare attorno a questo triangolo di personaggi così vari, approfondendoli e mostrandoci lati di loro che non mi sarei mai aspettato di vedere.
Terra Bruciata
Ho apprezzato il modo in cui gli sceneggiatori hanno decostruito il personaggio di Butcher. Durante questi 8 episodi, assistiamo ad un lento e tortuoso sfaldamento degli ideali che fondavano la figura del “Boy più Boy dei The Boys”. Odia i super, ma è comunque disposto ad utilizzare una sostanza pericolosa come il V Temporaneo per ottenere la forza necessaria per investigare su Soldier Boy (Jensen Ackles)* nonostante il turbolento passato che lo collega a Latte Materno (Laz Alonso); o ancora abusare dei poteri di Kimiko (Karen Fukuhara) al punto da portare quest’ultima ad una crisi d’identità.
* No: mi rifiuto categoricamente di utilizzare il nome “Soldatino”.
La disputa con Patriota lo porta ad agire in modi che corrompono tutto ciò che gli gira attorno, e ciò che rende il tutto ancora più intrigante è la sua consapevolezza di ciò. Il messaggio degli sceneggiatori è chiaro, non si può più tornare indietro e Butcher non penserà ad altro che alla distruzione di colui che gli ha rovinato la vita, fuggendo a sua volta dalle responsabilità del suo passato. Dai suoi “danni collaterali”.
Hangoverman
Il percorso di Hughie invece è forse uno degli sviluppi più comprensibili, in grado di far immedesimare lo spettatore in ogni sua scelta. Nelle prime due stagioni, ha sempre agito in maniera piuttosto passiva agli eventi, e anche quando era chiamato al salvataggio di Annie, aveva sempre avuto il bisogno di un super tra le sue grazie. L’esistenza di una scorciatoia nel V Temporaneo e le pressioni (fittizie) tra Patriota e Supersonic per la sua amata, mettono a nudo un personaggio fragile ed in preda ad un complesso di inferiorità.
Una volta provata l’ebrezza del potere, il collante del gruppo cade e viene sostituito da uno strato di egoismo e adrenalina, mostrando una nuova dimensione del personaggio che glorificherà ancora di più la sua redenzione durante il prossimo arco narrativo. Si spera.
L’unico uomo che fa schiuma ma non è sapone su Manhattan
L’ultimo focus di questa recensione non poteva che andare a lui. E questa volta ci tengo ad utilizzare il suo nome originale perché anche questa volta, anche in questa stagione, Homelander è riuscito a portare a casa un’altra performance stratosferica. Se nelle prime due stagioni l’interpretazione di Antony Starr rappresentava alla perfezione un dio sul punto di sprofondare nella follia, in questi 8 episodi quest’ultima viene gradualmente abbracciata e messa in scena come un completo da sera.
Tralasciando lo squisito monologo in “L’unico uomo nel cielo” – intavolato molto meglio della critica evergreen al consumismo americano fatta nel fumetto e soprattutto in linea con il personaggio – quanto messo in scena in “Eroegasmo” potrebbe di sicuro valere all’attore alcuni riconoscimenti. In meno di 60 minuti, vediamo uno Starr che si giostra su svariate emozioni: sgomento, gioia, paura, rabbia, disperazione nel constatare come Soldier Boy, l’unica persona su cui mostra una genuina ammirazione, possa non solo tenergli testa, ma addirittura superarlo in strategia, skill che di sicuro – dall’alto della sua onnipotenza – non ha mai avuto il bisogno di affinare. Risultato: il suo orgoglio ne esce calpestato. Il dialogo tra le sue due personalità è il simbolo di un personaggio rotto, un bambinone che non ha mai ricevuto l’affetto che forse l’avrebbe reso una persona migliore.
La battaglia che ne sussegue, con gli interventi di Butcher e Hughie in modalità super, sono il punto d’incontro di questi tre percorsi descritti e che nella maggior parte dei casi avrebbero potuto portare ad un finale esplosivo. Ma…
Super Coitum Intermissum
Ho parlato tanto di questi tre personaggi, ma la terza stagione di The Boys è molto altro ancora. Finalmente viene dato spazio ai personaggi comprimari come Black Noir, Kimiko, LM, Franchie approfondendone non solo il passato ma anche la loro personalità. Per non parlare di Stan Edgar, personaggio che continua ad essere ancora più enigmatico non solo grazie alla performance attoriale di Giancarlo Esposito, ma soprattutto anche dopo le rivelazioni presentate e che con molta probaiblità l’hanno portato all’ascesa dei ranghi di Vought. Addirittura anche personaggi odiosi come A-Train e Ashley hanno avuto un piccolo spazio per brillare di luce propria, soprattutto quest’ultima quando magari nelle prime due stagioni non le avremmo dato neanche un centesimo.
Anche in termini di intrattenimento ne abbiamo viste di tutti i colori: comedy, dramma, sangue, un piccolo spezzone musical e sebbene molti hanno criticato la presenza massiccia di scenette simpatiche o intermezzi che vanno a spezzare il ritmo della narrazione, mi permetto di giustificarle e reputarle necessarie per digerire con più facilità anche le sequenze un po’ più spinte. Insomma, tanto ben di dio che sicuramente avrà portato ad un finale soddisfacente no? Nì?
Mettiamo in chiaro una cosa: nonostante l’annuncio molto molto anticipato della quarta stagione mi abbia fatto scendere le aspettative per tutto il resto della stagione, ho continuato a sperare per una conclusione che riuscisse a slegare tutti i nodi dal pettine, in preparazione per una quarta stagione che avrebbe aperto le porte ad una nuova fase. Questa cosa è successa, ma non nel modo più fluido possibile.
SPOILER DEL FINALE DI THE BOYS TRA 3… 2… 1…. YAHTZEE!
L’inclusione di Ryan nelle dinamiche dello scontro finale mi è sembrata molto frettolosa, al punto da averla resa controproducente ai fini della suspence. Di lui e dei suoi poteri distruttivi si è visto fin troppo poco e anche se nei primi episodi c’è stata un effettiva costruzione dello “swervone finale”, con la rottura definitiva del rapporto tra il bambino e Butcher, non abbiamo visto alcun approfondimento e quel singolo evento è “morto sul nascere” per quel che mi riguarda. Che ne so, magari sbalzi d’umore che portano a piccoli danni in casa, ma che mostrano la propensione del bambino a diventare un Homelander 2.0, che per ora sembra essere il focus del prossimo arco. Avrebbe di sicuro reso il discorso padre-figlio ancora più coinvolgente.
Anche la battaglia finale nella Vought Tower mi è sembrata molto sottotono. Ho capito che i picchi registici di “Eroegasmo” hanno impostato delle aspettative molto alte per il finale, ma qui non si è arrivati nemmeno ai livelli di quanto visto nelle scorse stagioni. L’azione è troppo frenetica e sparsa, il montaggio fa avanti e indietro tra Soldier Boy vs i Boys e Queen Maeve vs Patriota in modo goffo e rendendo palese la volontà del regista di allungare il brodo fino al sacrificio di Maeve. E in tutto questo patatrak, Frenchie riesce a sintetizzare uno dei veleni più letali in pochi minuti, senza che la sceneggiatura mostri allo spettatore il perché.
E infine, forse ancora più grave, è la mancanza di “grandi rivoluzioni” nel mondo di The Boys. Per gran parte della seconda e terza stagione ci hanno dato un piccolo assaggio di un Patriota omicida e sulla reazione che il popolo avrebbe potuto mostrare. Eppure, quella scena finale con il laserone verso un fan di Starlight, l’assolo di violino accompagnato dalle urla dei fan del supereroe ed il sorrisetto maligno di Ryan non hanno avuto quel grande impatto scenico che avrebbe meritato e che avrebbe reso questa stagione pressoché perfetta. Lo stesso impatto da “ma che cazzo?” dei finali precedenti purtroppo è mancato.
Oppure è semplicemente una mia azione di protesta contro il patrigno Todd. Che si fotta.
In generale, la terza stagione di The Boys si dimostra ancora una volta il “peak fiction” per quanto riguarda le serie tv a tema supereroistico, ma allo stesso tempo sbanda all’ultima curva della sua corsa nelle solite pecche che contraddistinguono i finali dei prodotti Marvel: una fretta nel concludere tutto, per poi magari riprendere il discorso più avanti.
Vedremo qualcosa di più nella prossima? Sicuro, ma intanto bisognerà aspettare qualche annetto.
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