La pirateria informatica rappresenta, nella nostra epoca, un problema gigantesco che comporta rischi sia per la società, in qualche modo “derubata” sia per gli utenti stessi. Per pirateria si intendono tutte quelle attività illecite che si avvalgono di sistemi informatici come ad esempio la contraffazione di programmi o l’appropriazione di materiale protetta da copyright, in queste attività si distinguono due categorie i pirati attivi, che diffondono il materiale illegale, e i passivi, che lo utilizzano.
Questi atti si riperquotono negativamente con grossi danni economici, basti ricordare gli 1,4 miliardi di danni alle aziende soltanto nel 2013 in Italia. Nello stesso anno gli IPS (Internet Providers) tentarono di mitigare i danni della pirateria con l’utilizzo di un programma dedicato di nome CAS (Copyright Alert System). Giorni fa, precisamente il 30 gennaio, è giunta la notizia che il programma americano è stato ufficialmente sospeso nonostante gli ottimi risultati ottenuti. Il suo scopo era quello di sensibilizzare ed educare l’utente attraverso 6 richiami, al superamento dei quali era prevista una sanzione. Viene quindi da chiedersi perché sospendere totalmente un sistema che, nonostante non costituisse la soluzione perfetta, comunque svolgeva più o meno egregiamente il proprio lavoro? Il motivo della sospensione è proprio causato dal fatto che “il programma è troppo semplice e basilare e quindi inadatto contro gli Hackers che continuano ad infliggere seri danni alla società” come dichiarato da Steven Fabrizio, vicepresidente esecutivo della MPAA, il consorzio che rappresenta i 6 più grandi studios di produzioni cinematografiche d’America.
Il programma tentava nella sua semplicità di evitare l’appropriazione di files protetti da copyright, inviando all’utente alcuni messaggi vagamente intimidatori che ne ricordavano le sanzioni previste. Il problema più grande del CAS restava che, nonostante gli utenti venissero segnalati e sanzionati, gli IPS pur di non perdere i propri “clienti” continuavano a concedere l’utilizzo dei propri servizi, il che risulta decisamente poco utile. L’idea lanciata a tutti gli IPS è quella di realizzare un sistema di controllo efficace e giusto che riesca a monitorare e fermare questi atti di pirateria, consentendo a tutti gli utenti onesti di non doverci rimettere. Nonostante ciò il problema non sarà sicuramente debellato finchè non verrà abbattuta l’idea che la pirateria comporta un danno enormi anche per noi stessi. Pensiamo ad esempio al mercato videoludico o cinematografico, trovare o piratare materiale sul web è piuttosto facile, ma quei giochi e quei film sono stati prodotti da qualcuno che ha speso tempo e soldi per realizzarli e se tutti diventassimo pirati, avremmo ancora materiale da piratare?
La pirateria può anche essere vista da una diversa prospettiva, pensiamo al caso di Kim Dotcom creatore di Megaupload, che protegge a spada tratta il concetto di condivisione sul web o di The Pirate Bay il sito di free-sharing considerato paladino dell’anti-copyright e bloccato dai providers italiani. Questi concetti non sono totalmente sbagliati e vogliono salvaguardare l’utilizzo di internet come condivisione totalmente libera di materiale. Si pensi ai casi in cui film o titoli vengono bloccati a causa del region lock, lo streaming o il download illegale diventano le sole soluzioni disponibili per ottenerli. Forse si dovrebbe trovare un accordo o un compromesso per concedere più libertà agli utenti senza cadere nell’illegalità, magari una sorta di versione “demo” prima dell’effettivo acquisto del prodotto. Ma se esistesse una via di mezzo potremmo riuscire a limitare l’illegalità o il grande pubblico preferirà comunque avvalersi della pirateria?