Dovreste comprare Monster Hunter Rise: Sunbreak? Sì.
La recensione potrebbe finire qui, e con tutta franchezza vorrei tanto poter concludere l’articolo e lasciarvi vivere l’esperienza in prima persona nel modo in cui preferite. Ma sarebbe fin troppo facile e non proprio onesto non coprire con il dovuto rispetto l’operato del Team Portable di CAPCOM. A differenza di un capitolo come Monster Hunter World, che con la sua espansione Iceborne aveva il compito di stupire nuovamente i giocatori, obiettivo più che raggiunto dopo svariati aggiornamenti terminati con il clamoroso rework del Fatalis, il gruppo capitanato da Yoshitake Suzuki doveva convincere e riconquistare la fiducia dei propri utenti.
E sotto sotto doveva convincere anche me. Dal mio punto di vista infatti, Monster Hunter Rise: Sunbreak ha rappresentato un vicolo cieco nel mio rapporto con questa stupenda serie, e che ci crediate o meno ho avuto il timore di abbandonarla per sempre.
Una gemma sfortunata
Come già menzionato poco più di un anno fa dalla mia collega Elena Eugeni nella sua recensione, Monster Hunter Rise è un titolo base più che valido, sotto certi aspetti anche uno dei più divertenti grazie alle nuove idee di gameplay come l’insettofilo e la rivisitazione delle cavalcature, in grado di creare un flow che va dalle scazzottate tra kaiju fino a scontri serrati tra cacciatori e mostri all’ultima mossa insettofilosa e che non per niente parlando con amici definì come “un sequel della formula di MH Generations”. Tuttavia, Monster Hunter Rise è arrivato purtroppo sotto una cattiva stella, quella maledetta pandemia globale che avrà sicuramente rallentato lo sviluppo del gioco più e più volte tra il 2020 ed il 2021.
Risultato? Molte delle tante “novità” proposte dal titolo si sono rivelate frettolose come i Mostri Apex, un triste rebrand dei Deviant comparsi nel già citato Generations, oppure inconcludenti come le Quest Furia, che per quanto fossero divertenti nelle prime 15 ore di gioco, dopo un po’ sono diventate pressoché inutili visto che tutte le specie Apex affrontabili in questa modalità sono poi arrivate come missioni standalone. E senza contare il fatto che, alla fine della furia, erano missioni fin troppo facili e poco punitive e quindi con zero sfida e zero rigiocabilità. Una vera e propria bestemmia ludica se si parla di Monster Hunter. Ad oggi esiste solo un video che mostra il fallimento di queste sezioni, prova inconfutabile della loro inutilità, anche in multiplayer.
E ad infilare il cosiddetto coltello nella ferita di un gioco che non meritava tutto questo, è stata proprio CAPCOM con degli aggiornamenti sì interessanti per il metagame, ma che rappresentavano dei cerotti applicati ad un gioco uscito (non per colpa sua) incompleto. E va bene, magari sono io lo stronzo che ha iniziato ad interessarsi alla serie giocando a World e Generations Ultimate nel 2020, periodo in cui entrambi i giochi offrivano una marea di contenuti rispetto al loro iniziale periodo di lancio, ma allo stesso tempo non riesco a biasimare quei giocatori hardcore che nemmeno qualche mese dopo l’uscita del gioco hanno visto la software house, che dovrebbe quanto meno sapere come mantenere vivo l’engagement del proprio pubblico, parlare d’altro.
Certo, Monster Hunter Stories 2 sarà sicuramente un JRPG con le palle quadrate – vorrei tanto entrare in quel mondo e crescere il mio maledettissimo Mini-Rajang – ma sono anche conscio del fatto che Monster Hunter non ha ancora la risonanza ultradimensionale di brand come Pokémon, al punto da mantenere vivo l’interesse verso due titoli usciti con un margine di distanza così ristretto. E con tutto il bene del mondo, consci del fatto che al 90% dei casi le ricompense per le varie missioni evento rilasciate durante il 2021 constituivano in degli stramaledetti stickers, comprenderete la mia scelta di alzare le mani e lasciare per un po’ di tempo il villaggio di Kamura.
Innamorato, ma con il cuore a pezzi. Tl;dr: Vaffanculo COVID!
Facciamo un classico fast forward, fino al Settembre 2021, Nintendo Direct. Nei primi maledettissimi 60 secondi arriva questo trailer.
Il mio cuore ed il mio portafogli avevano già preso la strada per la tangente. Da un certo punto di vista, ero sollevato perché il mio interesse per la serie non era morto; ma dall’altro avevo una paura incredibile che Sunbreak non avrebbe distrutto il mio muro di sfiducia, creata dalle enormi aspettative che io e tanti altri ci stavamo facendo. Perché sì, arrivava il Master Rank (o G Rank, come meglio preferite), ma con esso sarebbe arrivata anche la scimmia per il potenziale roster di mostri in arrivo. “Bello il Malzeno e lo stile gotico, ma dov’è il Gore Magalli?! Chi verrà ripescato dall’oblio? Tetsucabra infame per te solo Sakura Bladate!” e così via. Fortuna ho voluto che dai successivi trailer abbiamo avuto la risposta a tutte queste domande e ancora di più. Non solo il Gore e Shagaru Magala, non solo il ritorno dell’Astalos e che conferma ancora una volta che il Gammoth è il più stronzo dei “Fated 4”, ma anche il debutto su console dell’Espina uno dei mostri più iconici del filone online Frontier, gioco ormai chiuso da ben 3 anni ma che avrebbe una mole di contenuti che la serie avrebbe bisogno come il pane-STO DILANGANDO!
In sostanza, l’attesa per il 30 Giugno 2022 mi stava risucchiando l’anima e il mio interesse era ai massimi storici perché finalmente il Team Portable si era calato le braghe, tirando fuori il suo grande e grosso spadone. O almeno così sembrava.
Tenete a mente però che questa rappresentava la mia impressione dopo aver visto i trailer rilasciati e senza la minima esperienza di gioco. Un lontano ricordo rispetto ad oggi. E quindi, con un Master Rank che ha finalmente superato il 100 e tanta voglia di parlarne, rispondiamo in maniera più estesa alla domanda di apertura. Dovreste comprare Monster Hunter Rise: Sunbreak?
Danzi mai col Malzeno nel pallido plenilunio?
A differenza del soggiorno in quel di Kamura, in Sunbreak i cacciatori prendereranno un traghetto di sola andata verso l’Avamposto Elgado, il centro di ricerca predisposto dal Regno (di cui al momento si sa poco o nulla in relazione all’universo della serie) e dedicato all’analisi di un particolare fenomeno che sta rendendo i mostri delle zone limitrofe sempre più aggressivi e pericolosi. Al centro di tutto sembra esserci il Malzeno, un drago anziano che diversi anni fa aveva seminato il caos in tutta la regione, un po’ come il Magnamalo e la Furia che prima degli eventi di Monster Hunter Rise avevano minacciato la pace del Villaggio di Kamura.
E come salvatori del Villaggio, il nostro compito in questa nuova avventura è quello di indagare l’origine di questo fenomeno, avanzando di missione e missione e diventare dei cacciatori abbastanza abili da fronteggiare questa nuova minaccia a testa alta. E sebbene la trama e la narrazione di quest’ultima non si sono distanziate troppo dagli “standard piatti” che la serie ci ha abituato a prendere non troppo sul serio, Sunbreak riesce quanto meno ad intrattenere quel tanto che basta da non incitare il giocatore a saltare ogni singolo dialogo, sensazione avuta in passato sia con World che con Rise vanilla. Nel caso di quest’ultimo la mancanza di un contesto dietro ad alcuni eventi chiave, come il collegamento telepatico delle Wyverians Hinoa e Minoto con “i draghi del sexo” Ibushi e Narwa, hanno reso il soggiorno a Kamura come un enorme tutorial di svariate ore che separava il giocatore dalla ciccia del multiplayer.
E come nei migliori film della Cultura Tokusatsu, preparatevi a colpi di scena telefonabili e battute strampalate dei personaggi comprimari; il tutto condito con scene pre-renderizzate dall’ottimo impatto scenico soprattutto durante la fase finale del gioco, e che fanno da preludio a quello che potrei definire il miglior scontro finale (al di fuori del Fatalis) della Quinta Generazione di Monster Hunter.
Verso nuove (e vecchie) frontiere della caccia
Come detto in apertura, il gameplay di Monster Hunter Rise è una diretta evoluzione di quanto mostrato in Generations Ultimate, con i dovuti ri-bilanciamenti e problematiche del caso. Se da un lato l’insettofilo donava una nuova gioventù e opzioni di gioco ad armi come il precedentemente bistrattato Corno da Caccia e aumentato l’egemonia nel metagame dello Spadone e della Spada Lunga, nel caso di armi come il classico Martello o la Lama Caricata i giocatori hanno fatto molta fatica ad adattarsi agli scontri frenetici del gioco in versione vanilla.
La soluzione adottata in Sunbreak è stata quindi quella di nerfare quelle mosse speciali che venivano considerate rotte sopperendo a questa perdita di potenza con nuovi strumenti offensivi e in grado di aumentare la consistenza dei danni per secondo, e infondere nuova linfa alle armi penalizzate in precedenza. Per esempio, l’abilità Impact Burst del martello offre un buff di potenza per i successivi 60 secondi, aumentandone non solo l’efficienza ma anche la velocità di uno stile di gioco che in passato aveva bisogno di fin troppe aperture e stun miracolosi per arrecare danni tutto sommato nella media. Stesso discorso per la Spada-Ascia, che passa dall’avere delle abilità mobility-centered ad avere in Elemental Burst Counter un’ottima finisher in grado di oltrepassare (quasi) ogni attacco o esplosione che si intromette tra lei e la carne dei mostri.
E se già così, i giocatori più esperti avrebbero un sacco di pane per i loro denti, con un combat system migliorato sotto tutti i punti di vista, CAPCOM ha comunque deciso di andare oltre. In Monster Hunter Rise: Sunbreak, ogni giocatore può personalizzare due set di Switch Skills (e che comprendono non solo le abilità dell’insettofilo, ma anche variazioni al moveset di ogni arma) e che, tramite una semplice combinazione di tasti, possono essere scambiate al volo durante il gameplay. A questo si aggiungono anche nuove abilità delle armature incentrate sullo scambio di moveset continuo, e che ricompensano il giocatore con ulteriori buff alle statistiche.
E se a questo aggiungiamo la costante creatività della community nel combinare abilità di diversi set, andando quindi alla ricerca della sinergia perfetta per ogni situazione, mi è stato molto molto facile concordare con chi definisce l’esperienza di Sunbreak come “Monster Hunter Rise on crack”, al punto da risultare a tratti alienante per i giocatori neofiti. E non solo: non mi stupirei se, ipotizzando ad un ulteriore evoluzione nel design dei mostri, moveset e mappe in un prossimo capitolo, il Team Portable non abbia già in mente un ritorno alla complessità di un Monster Hunter Frontier. Ma di quello ne parleremo più avanti.
Anche i Tetranadon hanno cominciato da piccoli
Ma a che serve un combat system profondo e divertente, se non si hanno dei degni avversari da affrontare? Come in ogni espansione, la transizione tra High Rank a Master Rank non influenza solo i cacciatori ed i loro equipaggiamenti, ma soprattutto i mostri. Questi ultimi escono dalla sala operatoria del policlinico CAPCOM con due possibili trattamenti: nuove mosse al proprio moveset, oppure con un nuovo look da subspecie o variante, in modo da non sfigurare e rappresentare una nuova sfida al pari o quanto meno comparabili ai nuovi mostri introdotti.
Certo, è pur sempre Monster Hunter. Un team di 4 cacciatori abbastanza competente sarà sempre in grado di intrappolare qualsiasi mostro in una sequela di stun, affaticamento e status alterati per poi completare la quest nello stesso tempo in cui io mi faccio un caffè; ma nella maggior parte dei casi un team di 4 estranei senza alcuna possibilità di comunicare al di fuori degli sticker e dei messaggi pre-impostati si troverà davanti ad una sfida impegnativa e sufficientemente bilanciata… almeno fino all’endgame.
Ricalcando un po’ le dinamiche dei Mostri Hyper di Generations Ultimate, i mostri affrontabili durante le Quest Anomale e presenti nei contenuti post-game sono versioni super aggressive delle creature già affrontate, con una quantità di punti vita altissima e parti del corpo mutate e in grado non solo di distruggere le prede meno caute, ma anche infliggere lo status “Affltto” e ridurre considerevolmente la quantità di HP recuperabili tramite gli oggetti di cura. Se colpite, queste parti mutate sono anche delle ghiotte occasioni per ottenere materiali rari, infliggere danni pesanti e stordire il bersaglio, con una sorta di dps check ad alto rischio e alta ricompensa. Nel caso i cacciatori non riescano ad infliggere abbastanza danni alle zone di interesse, queste ultime esploderanno in una nuvola cremisi imparabile, contagiando i cacciatori con il già citato status “Afflitto” e incapacitandoli per qualche secondo.
Ad essere onesti, l’aggiunta al day one di queste nuove versioni dei mostri con un semplice “big damage” spiaccicato sulla loro testa l’ho percepita come la volontà di CAPCOM nel cercare in ogni modo di mettere una pezza sullo sbilanciamento di alcune abilità ottenibili una volta terminato il contenuto di Monster Hunter Rise: Sunbreak, al punto da rendere questi scontri noiosi e frustranti nel caso un giocatore decidesse di affrontarli al di fuori dell’esperienza multiplayer.
È lo stesso errore visto in precedenza con i Mostri Apex: sfide incredibili e avanzate, ma che offrono davvero poco in termini di ricompense e soddisfazioni. Sia in termini di materiali (qualche parte rara e voucher per la creazione degli stili armatura che vengono distribuiti con il contagocce), che di punti esperienza. A questo, si aggiunge un sistema di progressione che, una volta sbloccato il cap, porteranno inevitabilmente al ripetere le stesse quest più e più volte per diverse ore prima di poter mettere mani sul resto dei contenuti (Valstrax, Rajang Furioso e Magnamalo Astioso).
Per carità, la ripetizione delle quest è l’anima di Monster Hunter, con il giocatore che è invitato ad eseguire questo processo di farming per poter competere con le sfide più ardue. Ma nel caso di Sunbreak ho avuto la sensazione che CAPCOM abbia cercato di imporre questo tipo di interazione, in modo da mitigare alla “poca longevità” (che per un gioco che in media offre una durata di 300 e passa ore sembra una bestemmia) tanto lamentata da molti membri della community durante i primi giorni di Rise. Serviva qualcosa di nuovo, o anzi, qualcosa di già collaudato e funzionale per la creazione di un loop di endgame interessante.
Who you gonna call? Quriobusters!
Sebbene l’aggiornamento alla Versione 11 del gioco ha portato all’aggiunta dei tanto graditi quanto scontati Rath Metallici, il Bazelgeuse Volcanico di Iceborne ed il ritorno del Nargacuga Lucente, le cui aggiunte all’interno del meta hanno confermato la Frontierosità di Sunbreak, la vera “ciccia” di questo DLC gratuito risiede nelle Investigazioni Anomale e nel Qurios Crafting.
La prima è una rivisitazione delle quest casuali affrontabili in Monster Hunter World, e che tramite la modifica di alcuni parametri possono agevolare o penalizzare l’esperienza di gioco, in cambio di materiali rari ed introvabili. Ogni investigazione completata andrà ad incrementare il Livello Investigazione Anomala, sbloccando quest ancora più complesse (nel quale fanno anche la comparsa i Mostri Apex buffati dal passaggio al Master Rank) e aprendo l’accesso ad ulteriori gradi di customizzazione del proprio arsenale, effettuabile tramite il Qurious Crafting.
Questo potenziamento è effettuabile sia per quanto riguarda le armi, che le armature una volta raggiunto il cap delle loro statistiche. Ma se da un lato le armi possono essere customizzate come più si preferisce, aumentando (anche se di poco) qualsiasi loro statistica (Attacco, Elemento, Affinità, Gioielli etc.) entro un determinato limite di slot come in Iceborne, l’upgrade delle armature tramite i materiali dei Qurio rappresenta la fiera dell’RNG. Confesso di non essere un amante del min-maxing ad ogni costo, e tendo nella maggior parte dei casi a sviare dalle build più gettonate per crearmi set adatti al mio stile di gioco ignorante e caciarone; tuttavia credo che – dal punto di vista di game designer – piuttosto che sprecare centinaia e centinaia di Essenze per avere l’opportunità di sbloccare quella singola abilità che cambia radicalmente il proprio set-up, selezionare per ogni armatura una lista specifica di skill supplementare ottenibili tramite questa meccanica avrebbe dato ai giocatori molte più possibilità rispetto questo approccio randomico e molto vicino al gioco d’azzardo, senza rovinare il già citato cuore della serie: ripetizione, farming, sperimentazione di nuove idee.
Un diamante scheggiato
Monster Hunter Rise: Sunbreak aggiunge tanto, ma allo stesso tempo annulla completamente quanto presentato nella versione vanilla del gioco. L’ho detto in apertura, la modalità Furia è stata pensata male e gestita peggio, offrendo in linea di massima un’esperienza passabile per qualche oretta e trascurabile una volta raggiunte le fasi finali dell’High Rank. Allo stesso tempo però, Sunbreak avrebbe potuto salvare il salvabile e rivederne le meccaniche, aggiungere condizioni di vittoria e sconfitta alternative, aggiungere nuovi Mostri Apex oppure riesumare l’idea alla base della Modalità Prowler e permettere al giocatore di controllare i mostri invasori.
Invece nulla, Damnatio Memoriae che va ad accantonare tutto ciò che gira attorno a questa modalità. Forse per il meglio, il team di sviluppo ha chiaramente deciso di concentrarsi su contenuti molto più interessanti, ma all’atto pratico Monster Hunter Rise: Sunbreak sarà per sempre segnato da una scheggia, quasi invisibile all’occhio nudo, e che rovina la forma perfetta di uno stupendo diamante.
L’alba di un nuovo giorno
E ora? Cosa aspettarsi nell’immediato futuro? Tralasciando il secondo DLC gratuito già annunciato per fine Settembre, e che andrà ad aggiungere l’Espinas Ardente ed una rumoreggiata Subspecie del Mizutsune, continuo a sperare in un deragliamento totale dal punto di vista creativo. Leak a parte, il gameplay e le possibilità di Monster Hunter Rise: Sunbreak sono il biglietto da visita perfetto per introdurre al grande pubblico alcune delle gimmick e idee più strampalate fuoriuscite dalle menti di CAPCOM. Ormai è un chiodo fisso: voglio i mostri di Frontier! Voglio che l’Inagami cammini nella foresta di Kamura come un dio fiero, mentre i cacciatori ignari vengono trafitti da bamboo affilati come lance; testare le mie abilità e riflessi contro la coppia Ray e Lolo Gougarf o il Duremudira in mezzo alle rovine della Cittadella; oppure, giusto per mettere la consueta ciliegina sulla torta, concludere il mio soggiorno ad Elgado con uno scontro tra il mortale ed il divino. L’ordinario e la leggenda. Cacciatori contro Disufiroa… o un Fatalis Bianco.
Insomma CAPCOM, spero che il messaggio sia chiaro: SMARMELLATE!
Solo tre cose: meno sticker, più armature gratuite e niente Plesioth.