Chi mi conosce lo sa, io sono una persona che ama i videogiochi. Non c’è giorno in cui non passo qualche ora davanti allo schermo, facendomi catturare dai personaggi, storie e lezioni di design che popolano il medium, al punto da virare i miei studi verso questo mondo. Allo stesso tempo, mi piace informarmi sull’industria, capirne il funzionamento e discuterne con le persone. Purtroppo però ci sono momenti in cui questo mio entusiasmo viene meno, sostituendo stupore e curiosità con sentimenti opposti quali disgusto e rabbia. E questo capita quando vengo a contatto con il silenzio, la non discussione, la condiscendenza più totale verso un determinato argomento. E ultimamente, non c’è nessun altra azienda che incarna queste tre disgrazie meglio di Sony Interactive Entertainment e quindi di conseguenza anche l’intero brand PlayStation.

Perché non so se l’avete notato, ma negli ultimi mesi Sony ha cominciato a mostrare un lato di se che è tutt’altro che for the players, ma a nessuno importa. Nessuno ne parla, anzi. Sono tutti impegnati a prendere in giro la concorrenza o magari anche altre aziende che, bene o male, si comportano esattamente come il colosso nippo-californiano. Se non ci credete, concedetemi almeno una decina di minuti e solo dopo valutate se prendere in considerazione ciò che seguirà oppure se merito la gogna in pubblica piazza, con tanto di boia incappucciato di blu. Io più di fornirvi fonti e la mia opinione non posso fare.

“Noi crediamo nella retrocompatibilità… Ma solo quando ci conviene”

Come tutti saprete, qualche mese fa Sony annunciò la chiusura del servizio PlayStation Store su PS3, PSP e la sfortunata PS Vita. Una notizia che venne accolta con un sonoro rifiuto da parte di alcuni giocatori giustamente preoccupati per l’impossibilità di preservare (o anche aggiornare) i propri acquisti su console di vecchia generazione e che portò Jim Ryan ad un dietrofront, annunciando che avrebbero mantenuto aperto il servizio su PS3 e PS Vita, chiudendo lo store per PSP il prossimo 2 Luglio 2021. Tutto perfetto, no? Togliendo la chiusura della piattaforma portatile più anziana, sarà ancora possibile acquistare una copia digitale di Metal Gear Solid 4 e Persona 4 Golden (per fare due nomi a caso eh)? Sfortunatamente per voi, tutto questo movimento di giusta indignazione non è soltanto morto proprio grazie al silenzio già menzionato, ma è stato reso del tutto inutile dalla pessima gestione generale del PS Store.

Ebbene, dallo scorso Ottobre, Sony stessa ha reso inaccessibile le sezioni del proprio negozio dedicate ai titoli delle sue precedenti console e precedentemente disponibili sul loro sito ufficiale, negando quindi l’accesso diretto da Smartphone e Computer, le piattaforme più usate per quanto riguarda l’acquisto di beni digitali (stando ad un’indagine statistica di OuterBox e aggiornata al 2021).

Questo portò un utente molto capace nel web design e javascript a creare Valkyrie, un add-on per Mozilla Firefox in grado di ripescare le vecchie pagine del PS Store dall’Internet Archive, abilitando una comunicazione con i server dedicati al consueto pagamento.

E volete sapere cos’è successo a questo insignificante add-on? È stato patchato in meno di una settimana. Una presa di posizione volta all’ostruzione delle scelte per il consumatore appassionato e che purtroppo conferma la poca voglia di Sony nel supportare la sua stessa eredità, un po’ come affermò Jim Ryan nel 2017 durante un’intervista al TIME e dove gli venne chiesto i motivi dietro alla rinuncia di PS4 nel supporto alla retrocompatibilità, in contrasto con ciò che fece (e continua a fare) Microsoft con il suo ecosistema Xbox.

“Quando ci siamo dilettati con la retrocompatibilità, posso dire che è una di quelle feature che viene più volte richiesta, ma mai usata troppo. Recentemente sono stato ad un evento a tema Gran Turismo dove avevano i giochi per PS1, PS2, PS3 e PS4. Ed i giochi per PS1 e PS2, sembravano antichi e ho pensato chi giocherebbe mai a questo?”

Un commento che ancora oggi reputo non solo fuori luogo, ma anche ipocrita considerando che gran parte della libreria di PS4 è composta da Remastered, Remake e Porting dei così detti vecchi giochi. E anche se fosse, anche se Jim Ryan avesse ragione a ritenere quei giochi antichi, perché non comunicare con la community? Soprattutto con la community di Gran Turismo che di recente è riuscita a riesumare una modalità online inizialmente scartata per Gran Turismo 4. Ma tanto parliamo di giochi vecchi, chi mai ci giocherebbe no?

Persino Nintendo, anche se in maniera discutibile a volte (tramite la vendita artificialmente limitata o tramite la scarsità di offerta) è in grado di supportare i suoi vecchi lavori e ospita ancora alcuni dei giochi delle sue piattaforme passate sul suo eShop. Non tutte ovviamente, ma la maggior parte di quelle disponibili in forma digitale sono ancora oggi acquistabili e scaricabili tramite le principali piattaforme disponibili. Senza il bisogno di “fare muro”. E parlando di muri…

“Noi crediamo nella console love… Fino a quando ci paghi il pizzo”

Ricorderete tutti il piccolo intermezzo dei Game Awards 2018 con protagonisti Shawn Layden, Phil Spencer e Reggie Fils-aime. Un bel momento d’unione tra i tre principali competitor del panorama videoludico che avrebbe potuto segnare la morte definitiva della console war, termine che personalmente disprezzo per quella che è diventata negli ultimi anni una gara a chi possiede il QI più basso.

E se nel caso di Nintendo e Microsoft, le due compagnie sono andate a crearsi un vero e proprio rapporto d’interessi che ha portato a giochi come Ori and Will of the Wisp ad arrivare su Nintendo Switch e all’annuncio spacca-internet di Steve come DLC per Super Smash Bros. Ultimate, Sony è rimasta chiusa in un suo bunker stantio e dove gli slogan For the Players o Play has no limits vengono distorti. Per intenderci, in nessun modo mi aspettavo o mi aspetto l’arrivo di Horizon Zero Dawn su Xbox o di Astro’s Playroom su Nintendo Switch, tuttavia mi fa molto sorridere quando Sony è l’unica azienda a fare muro e sollevare polveroni per una delle feature più importanti per i titoli che basano la loro fortuna sulla modalità multiplayer: il crossplay.

Negli ultimi giorni infatti questo particolare elitarismo di Sony verso una feature così insignificante e quanto semplice da implementare è tornato per pochi secondi al centro delle discussioni della community, dopo che Randy Pitchford affermò il mancato supporto della feature all’interno della versione PS4 di Borderlands 3, per volere del publisher 2K Games. Cosa c’entra Sony in tutto questo? Ci pensa il processo Epic vs Apple a togliere i vostri dubbi, tramite un documento ufficiale che mostra il funzionamento di una revenue fee legata ai giochi che puntano all’implementazione del crossplatform.

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Per riassumere: se un gioco non raggiunge una determinata quota, ottenuta prendendo in causa i guadagni totali del gioco e quelli su piattaforma PS4 e PSN, lo sviluppatore o il publisher dovranno pagare una tassa mensile per poter continuare a supportare le modalità crossplatform. Questo, che piaccia o meno, è letteralmente un pizzo e sapete chi impone questo genere di tasse? La mafia. Sony è una mafia, ed è l’unica ad imporre questo genere di tasse nascondendosi dietro dichiarazioni vuote come “vogliamo proteggere i nostri utenti”. E per favore, non paragoniamo questo genere di “strategie” (che di strategico hanno ben poco) a quanto fatto da Epic negli ultimi anni. Al contrario di Sony, vorrei spezzare una lancia in favore dell’azienda dietro ad Unreal che almeno ha cercato di proporre una sua offerta software un po’ per rompere le palle a Steam, ma un po’ anche per supportare gli sviluppatori, togliendo tasse piuttosto di imporle.

No, Sony non vuole proteggere proprio nessuno. Al contrario, preferisce battere i piedini e pretendere un compenso basato sul nulla, andando a danneggiare non solo gli sviluppatori, ma anche coloro che ipocritaménte millantano di difendere: i giocatori. Tanto, ai giocatori se non li colpisci NEL LORO portafogli non diranno mai nulla e continueranno a fare meme top text/bottom text sulle solite tre disgraziate: Ubisoft, Activision e EA.

“Noi crediamo nelle generazioni… Ma solo quando non lo fa Microsoft”

Ora, prima di concludere questo sfogo più che giustificato con la figura da cioccolataio più recente della nostra amata (amatissima altroché) Sony, vorrei esprimere un piccolo pensierino verso gli sviluppatori dei PlayStation Studios: ciò che seguirà non è in nessun modo un attacco ai vostri sforzi e ai tanti sacrifici fatti durante la pandemia anche solo per poter lavorare (a distanza o in ufficio). Sono sicuro che dietro alla scelta di rendere cross-gen God of War: Ragnarok, Gran Turismo 7 e tanti altri titoli futuri ci sia anche la voglia di renderli disponibili a più persone possibili, anche se con qualche sacrificio tecnico…

…Ma mi dispiace, Sony si merita tutta la merda possibile in questo caso ed è tutta colpa della loro comunicazione: schizofrenica, paraculista e basata sulla pianificazione “a cazzo di cane”, purché si salga sul carro del vincitore. Vi rinfresco la memoria, ripescando quanto detto da Jim Ryan a GameIndustry.Biz nel Maggio del 2020:

“Abbiamo già detto che noi crediamo nelle generazioni. Crediamo che quando ti prendi la briga di creare una console next-gen, dovrà includere feature e benefici che la generazione precedente non include. E che, nella nostra visione, le persone dovrebbero creare giochi che sfruttano al meglio queste feature. Crediamo nelle generazioni, e che si tratti del controller Dual Sense, dell’audio 3D o delle innumerevoli opportunità della SSD… pensiamo che sia arrivato il momento di dare alla community di PlayStation qualcosa di nuovo, di diverso e che può essere apprezzato solo su PS5.”

Tutto molto bello, parole che sotto qualsiasi altro contesto avrei apprezzato. Arrivano giugno e settembre, giochi come Gran Turismo 7 e God of War: Ragnarok vengono presentati durante conferenze dedicate esclusivamente a PS5, gente come Mark Cerny flexa le capacità del nuovo giocattolino ed i vantaggi che può offrire agli sviluppatori, portando la propria utenza a credere nel cambio generazionale e ad investire sulle feature uniche della nuova console che di sicuro (come nel caso di Ratchet & Clank: Rift Apart) varranno la candela. No?

Ma è nel mese di Novembre che Sony comincia a capire che forse, forse la scarsità di componenti elettronici causata dalla pandemia avrebbe potuto influire sulla loro visione. PS5 evapora dai radar del consumatore medio per colpa delle poche scorte, dei bot e quindi di conseguenza dei bagarini. Sony però, rimane in silenzio e continua a millantare la sua superiorità rispetto ai competitor, soprattutto rispetto a Microsoft che nell’ultimo anno è stata pesantemente criticata per aver apertamente pianificato un supporto crossgen di almeno 2 anni. Che sfigati vero?

Arriva il 2021 e la carenza di componentistica non sembra finire, anzi. Ed è solo adesso, a 7 mesi dall’uscita della console, che a quei pozzi di saggezza di Sony viene l’ideona: “magari, ma magari eh, abbiamo detto un sacco di cagate?” Ed è proprio in quel momento che quelle dichiarazioni di Mark Cerny sulle limitazioni hardware di PS4 che interferiscono con l’innovazione creativa incontrano la cruda realtà. Perché vi svelo un segreto: al momento, comprare PS5 significa buttare una buona parte dei vostri risparmi e farsi fregare da un marketing frettoloso e a tratti ingannevole.

Però niente, tutta questa incompetenza e ipocrisia non viene discussa abbastanza, ma si preferisce simpatizzare. Perché se lo fa Sony allora è giustificabile, se lo dice Cory Balrog allora va bene. Se a dirlo è Phil Spencer o qualcun altro al di fuori del team blu invece non va più bene, e questo silenzio accondiscendente diventa una mandria di pecore infuriate, che non fanno altro che lanciare parole vuote e ammantate da un’aura che Sony ha imparato ad abusare fin troppo bene: l’ipocrisia.

Ma magari sono solo io ad avere questa impressione, magari io stesso guardo le cose da una prospettiva distorta e in realtà Sony è già stata held accountable su alcune delle sue porcate. Quello che so è che non la perdonerò mai per avermi creato un danno inimmaginabile. Ma ci rendiamo conto che in questo editoriale io, un utente Linux, ho cercato di difendere Microsoft? Dove cazzo andremo a finire?