Siamo nel 2017, l’era digitale ci ha oramai avviluppato nel suo vortice tecnologico e noi ne siamo al centro, a farci cullare da onde di dati che ci arrivano addosso, fondendoci con esse. Oggi più che mai la nostra personalità da libero sfogo di se stessa da dietro la schermata di un computer, credendosi al sicuro e, spesso, tirando fuori il peggio possibile. Siamo nel periodo della progressiva digitalizzazione della vita stessa e alcuni dei nostri beni materiali stanno cominciando a prendere una forma meramente elettronica. Parliamo di Videogiochi, ma non solo.
Parte delle nostre giornate e delle nostre attività quotidiane è oramai intrisa di leggere occhiate, quasi fugaci, verso lo schermo del telefono, alla ricerca di una notifica o di un messaggio. I social hanno avvolto oramai da anni il mondo intero ed avanzano inesorabili ma come affrontano la morte di un utente? Vi siete mai chiesti cosa accade al momento della dipartita di quell’utente che, per voi, è magari solo una simpatica immagine del profilo, un nome e qualche sparuto post in bacheca, aggiunto chissà quanto tempo prima e mai contattato? Le società ci hanno pensato, e già da qualche tempo, grazie al testamento digitale e ad atti volti a soddisfare la volontà del deceduto. Ma andiamo con ordine.
Intanto definiamo il testamento digitale, e cioè quel testamento che determina il fato della presenza di una persona nel mondo virtuale e partiamo subito dal social più famoso in assoluto, Facebook. La piattaforma adopera uno strumento perfetto per assolvere allo scopo prefissato, l’account commemorativo. In ogni momento, un utente può nominare un contatto erede dalle impostazioni. Egli è una persona a cui è affidata la gestione del proprio account nel caso di decesso e potrà solo rispondere a richieste di amicizia e modificare l’immagine del profilo, non postare. Nel momento in cui l’account viene reso commemorativo entrano in atto una serie di modifiche come la possibilità di scrivere sulla bacheca e condividere ricordi, l’assenza dell’account nella barra degli utenti consigliati e la dizione “in ricordo di” vicino al nome. Un’ottima azione da parte della società statunitense che permette quindi al defunto di essere onorato e ricordato ma vi è comunque la possibilità, sempre da parte di familiari o amici, che l’account venga totalmente eliminato. È possibile fare lo stesso identico discorso anche con Instagram, e ciò, ovviamente, non stupisce, dato l’acquisto del social network da parte di Facebook nel 2012.
Discorso analogo è possibile fare con Google, da cui è anche possibile ottenere i contenuti dell’account del deceduto ma mai password o dati sensibili. Già con Twitter la situazione è leggermente più complessa, con la sola possibilità di eliminare l’account dopo il decesso dell’utente. Eliminazione che deve comunque essere preceduta da una richiesta di un familiare e dall’invio di svariati documenti, giustamente.
Insomma, la linea guida chiara ed unica per tutti questi social, fondamentalmente, è una sola: designare un erede tramite i servizi messi a concessione dell’utenza in modo da non lasciare gli account nel limbo digitale. Un passo in avanti giusto e che deve essere fatto da tutti i servizi online. Il problema sorge quando non vi è alcuna possibilità di “lasciare in eredità” i propri averi. Parliamo in questo caso degli account Steam.
Se fino ad ora avevamo parlato di account social, dal valore quindi “meramente” affettivo/morale, qua entrano in gioco i soldi, e spesso pure tanti. Veri e propri “tesori digitali” che, alla morte del proprietario, potrebbero rimanere senza alcun proprietario. Ecco quanto si legge nell’accordo di sottoscrizione della piattaforma:
L’account e tutte le informazioni ad esso relative (comprese, a titolo di esempio, le informazioni di contatto e di fatturazione, la cronologia dell’Account e le Sottoscrizioni) sono strettamente personali. L’Abbonato non può dunque vendere né addebitare costi ad altre persone per il diritto d’uso del proprio Account né trasferire altrimenti l’Account, […], tranne nel caso e nella misura in cui ciò sia espressamente consentito dal presente Contratto (ivi incluse le Condizioni di sottoscrizione o le Norme d’uso) oppure sia consentito in altro modo da Valve.
Insomma, l’account è vostro, solo vostro e non potete cederlo a nessun’altro. Qua, come già detto, entrano in gioco sia il denaro che gli accordi di Steam con tutte le software house ospitate dallo store online e, di conseguenza, il tutto risulta molto più complesso. Una volta acquistata la licenza d’uso per il gioco, essa rimane vincolata al vostro account, che è personale, e di conseguenza una vostra cessione sarebbe illegale. Il non prevedere una possibilità di decesso dell’utente con conseguente passaggio di proprietà del contenuto appare come una scelta decisamente arretrata ma, dal punto di vista legale, Steam dovrebbe tecnicamente trovare degli accordi con ogni singola software house ospitata in modo da permettere un eventuale passaggio delle licenze previa dimostrazione della morte del proprietario, licenze che magari si andrebbero ad annullare nel caso in cui l’utente erede ne possieda già una uguale.
Al momento sono meri pensieri, purtroppo. Cercando online non sembrano esserci, al momento, precedenti simili ed il problema potrebbe comunque essere aggirato nominando personalmente un erede a cui lasciare i dati di accesso all’account che, dopo la dipartita, potrebbe entrarvi per chiuderlo o farne parte. Illegale, certo, ma a mio parere moralmente ed eticamente accettabile nonché addirittura necessario nel momento in cui determinati account superano i migliaia di dollari e possono tranquillamente essere inquadrati all’interno del patrimonio del soggetto, che deve poterne disporre come meglio crede, in libera e piena autonomia. Ho provato anche a contattare i servizi Origin e Blizzard ma, nel primo caso, non ho totalmente ricevuto risposta mentre nel secondo caso mi è stato detto di contattare il reparto legale via raccomandata da spedire alla loro sede in Francia.
In ogni caso, nell’accordo di sottoscrizione Blizzard è inserita una frase piuttosto lapidaria: L’utente non può trasferire i propri diritti e obblighi a utilizzare la Piattaforma. Insomma, praticamente è la stessa linea d’azione di Steam, escludendo anzi la possibilità che Blizzard stessa possa intervenire dietro richiesta così come Origin, che nell’accordo con l’utente presenta questa frase: Quando l’utente accede ai servizi EA o li utilizza, accetta di: Non vendere, acquistare, commerciare o altrimenti trasferire o offrire di trasferire il proprio Account EA, qualsiasi accesso personale ai servizi EA, o qualsiasi contenuto EA associato all’Account EA dell’utente, compresi la moneta virtuale EA ed altri diritti, sia all’interno di un servizio EA o su un sito web di terzi, o in connessione con qualsiasi transazione fuori dal gioco, se non espressamente autorizzata da EA. Frasi che, concettualmente identiche, troviamo anche per i termini d’uso sia del Playstation Store che dello store della Xbox di Microsoft.
Insomma, ci troviamo in una via di mezzo, con i social che hanno già ben affrontato il problema ed approntato le necessarie contromisure per scongiurare l’inutilizzo totale e la possibile vandalizzazione di un profilo mentre altri servizi e store online, tra i quali è inquadrato anche il più grande rivenditore online di videogiochi, si trovano ancora in difficoltà, a causa forse di vincoli legali e di una complessa burocrazia, obbligando l’utente, in caso estremo, a compiere un’azione illegale per non veder svanire nell’oblio quella che è una parte della sua eredità. È innegabile, comunque, che presto o tardi qualsiasi piattaforma online che permetta la registrazione di un profilo dovrà inserire all’interno del proprio accordo di sottoscrizione delle indicazioni ben precise in merito per evitare qualsiasi ulteriore problema o, ancora meglio, che tale procedura venga resa ben palese e semplificata durante la fase di creazione dell’account.