I temi trattati nei videogiochi, è risaputo, spaziano dall’infantile al maturo, da giochi che possono essere usufruiti anche in tenera età ad altri con contenuti più impressionanti e che quindi sono destinati ad un pubblico più adulto e maggiorenne.
Proprio per questo in Europa esiste il PEGI, l’ente che classifica i videogiochi per età in base ai contenuti e ai temi trattati in un titolo: questo dovrebbe aiutare i genitori a fare acquisti adatti alle proprie esigenze (e a quelle dei figli), ma a quanto pare in pochissimi ne tengono davvero conto.
Un sondaggio fatto da Childcare.co.uk e che ha visto votare più di 2000 genitori ha infatti un risultato clamoroso, per quanto aspettato: l’86% dei votanti ha dichiarato di non badare al PEGI, con ben il 43% dei votanti che ammette di vedere comportamenti violenti nei propri figli una volta giocato a determinati titoli.
Di contro, degli stessi votanti, solo il 23% non segue le restrizioni di età sui film e solo il 18% permette ai propri figli di vedere una pellicola vietata ai minori. C’è quindi minor consapevolezza di ciò che i bambini vanno incontro giocando a determinati titoli rispetto ai film, ma allo stesso tempo i videogiochi vengono poi accusati di “far male”, etichettati come la causa dei comportamenti sbagliati adottati nell’infanzia e adolescenza.
La colpa è dunque dei videogiochi o forse dei genitori che non rispettano il PEGI?