Io crescerò, felice per il netherealm andrò
Correva l’anno 1993, ed un bel dì in edicola vidi questo logo nero dove campeggiava un drago avvolto tra due fulmini. Il disegno mi ammaliava, mi lasciava come intontito, inebetito e solo io sapevo il perché. Tutti ne parlavano: in televisione (straordinariamente!) tra gli amici, in sala giochi dove c’erano cabinati a tutto spiano del primo capitolo, nonché nelle case dei pochi fortunati che su SNES potevano giocare anche al primo di episodio. Sto parlando di sua maestà Mortal Kombat 2. Fu un vero e proprio colpo di fulmine: sulla copertina di quel mensile oramai consegnato ai posteri, quel logo mi ipnotizzò come pochi, dando il via a quel fulgore videoludico che mi porto dietro da ben due lustri.
Con Deadly Alliance ho rivissuto quei bagliori di grande trepidazione consolara figlia della trilogia originale, grazie anche al discorso finale di Rayden nel quinto capitolo. “We must act now, we must stop this deadly alliance!”; con riferimento alla malefica alleanza tra Quan Chi e Shang Tsung. Dopo più di venti anni rivivo ancora quei magici momenti, tra una fatality ed un “come here” di Scorpion, difatti eccomi a giocare questo undicesimo capitolo della saga creata da Ed Boon, che ci fa mazzuolare di santa ragione a suon di lance, roncole, cesoie, sbudellamenti e fontane di organi interni a più non posso, che nemmeno i coriandoli al carnevale di Rio.
Il serpente antico
In Mortal Kombat 11, gli eventi partono esattamente dove il precedente capitolo era terminato: dalla sconfitta di Shinnok per mano di Cassie Cage. Di conseguenza troviamo un Rayden malvagio che decapita Shinnok dopo averlo torturato, col solo fine di ripristinare il Jinsei che era stato corrotto dallo stesso dio anziano. Nel bel mezzo di tutto ciò vengono introdotti due nuovi personaggi: Kronika, signora del tempo e capace di agire su quest’ultimo a proprio piacimento per modificare gli eventi, e Geras suo servo. Il resto, tra colpi di scena, vecchie conoscenze e nuovi arrivati, lo scoprirete solo videogiocando.
Venendo alla “sostanza da joypad”, in Mortal Kombat 11 il roster è di buona fattura: attualmente composto da 25 lottatori tra cui Shao Kahn per chi ha prenotato il titolo, ed i nuovi Geras, Kollector e Cetrion, nonché vecchie conoscenze redivive come Frost (primo DLC) o Skarlet. Noob Saibot è un personaggio della madonna ma questa è un’altra storia, scusate l’hype da scriba. Vi sono le classiche modalità da beat’em up: in Konquista si può accedere alla modalità storia, alle torri del tempo o classiche, o si possono sbloccare ricompense nella Kripta. In Kombatti invece ci sono a loro volta quattro sotto-categorie: Locale, grazie alla quale si ha la possibilità di affrontare un avversario in carne ed ossa online o sfidare il computer o un amico in locale, Torneo modalità che consente invece di affrontare un giocatore con le stesse regole di un torneo online, e Battaglia IA che dà la possibilità di proporre il proprio team di personaggi personalizzati in battaglie online o in locale, creando una squadra difesa ed una squadra attacco (rifacendosi alle famose barre di cui sopra in sostituzione di quella super presente in Mortal Kombat 10).
Uscendo dalla macro-modalità Kombatti vi è Personalizza. Ivi sarà possibile scegliere se creare delle varianti personalizzate per i propri combattenti, oppure visualizzare i tesori nascosti. In Palestra c’è una componente parecchio intrigante che ci conduce passo dopo passo verso la completa conoscenza del titolo, ovverosia la modalità tutorial, oltre alle oramai ben note Allenamento (come d’uopo per ogni picchiaduro che si rispetti) e Allenamento Fatality.
Il tutorial in Mortal Kombat 11 è un cammino mano nella mano verso l’ade dello Ying e dello Yang, partendo da movimenti ed attacchi base for dummies, fino a tutto ciò che di complesso c’è da sapere. Corse sul muro, interazioni con gli ambienti, combo più mosse speciali, schivate, parate e chi più ne ha più ne metta, in un quadro combo molto istruttivo e pedagogico. Se cercate di non farvi prendere a cesoie tra i denti dal primo scafesso ics online, questo tutorial, unito alla giusta dose di abnegazione, fa al caso vostro. Per ogni fase completata si ricevono mille gettoni da spendere poi nella Kripta. Elemento intrigante e fondamentale ad una certa evoluzione da provetto kombattente è la cosiddetta schivata di lancio, ovverosia il divincolarsi dopo essere stati afferrati dall’avversario. Si può eseguire sia all’indietro con quadrato oppure x, o in avanti con triangolo o cerchio, molto utile nei momenti più concitati e ravvicinati del match, sopratutto contro le mosse speciali amplificate e le Fatal Blow.
Esplorando il corpo umano quante mazzate che ci diamo!
Veniamo al nucleo di ogni picchiaduro che si rispetti: le meccaniche di gioco, volgarmente dette gameplay. Sarete particolarmente curiosi in merito a ciò che di nuovo c’è da spulciare rispetto al suo predecessore. Gli attacchi base paiono più congeniati, meno concitati e più istruttivi, frutto di un combat system più cadenzato e meno frenetico. Questo cambiamento vi evita di ritrovarvi a capire poco e niente nel bel mezzo di un nugulo di mazzate: in Mortal Kombat 11 si cerca di dare a tutti la possibilità di imparare a combattere mossa dopo mossa. Ed il tutorial ne è la controprova più vivida. Le combo in serie hanno un timing più serrato, in buona sostanza sembrano più complesse, non tanto a livello di mappatura dei tasti bensì di momento propizio nel quale riuscire ad eseguirle. Far librare in aria il vostro avversario sotto i vostri colpi è un tantino più impegnativo rispetto al capitolo precedente, ma dà una soddisfazione incommensurabile.
Una delle grandi novità a livello di gameplay per la saga di Mortal Kombat, risiede nell’aver tolto il tasto della corsa ed aver conseguentemente “ridotto” il tutto alla semplice “doppia corsa” della manopola del pad, ovverosia il dover direzionare lo stick analogico o digitale due volte verso il malcapitato di turno. Joypad alla mano questa scelta appare molto più pratica e maneggevole rispetto al capitolo precedente. Altro elemento ex-novo è il cosiddetto Fatal Blow (che è un po’ come la rage art in Tekken) e si esegue con la pressione in sincronìa di L2 ed R2. Una mossa questa, più dettata dalla “disperazione” di un incontro avverso che altro, tale da permetterci, se non di ribaltare in maniera sempiterna le sorti di un match,almeno di riuscire a risalire la china, visto che compare come attivabile solo con il circa 30% di energia. Nel momento in cui un fatal blow viene parato, può essere utilizzato solo dopo un po’, e se va a segno non può essere ripetuto durante l’incontro. Altra innovazione risiede nelle cosiddette mosse speciali amplificate, cioè delle mosse speciali che vedono accrescere la propria distruttività con la sola pressione, prima di eseguirle, del tasto R1, ma che purtroppo consumano a loro volta un nuovo fondamentale elemento: l‘indicatore offensivo, che fa il paio con quello difensivo, contrassegnati rispettivamente con una spada ed uno scudo.
L’indicatore offensivo indica l’effettiva possibilità di poter eseguire mosse offensive potenziate, come le mosse speciali amplificate viste in precedenza o combo chain più lunghe. Quello difensivo invece varia in relazione ai colpi subiti. Più è carico più alte sono le possibilità di eseguire determinate manovre evasive come: le schivate di lancio o il semplice rotolare, e via discorrendo. Ad esempio, durante una combo concatenata o in fase di juggling, alias l’essere letteralmente palleggiati dal vostro nemico con i suoi colpi, questo indicatore si abbassa in maniera considerevole, per poi ricaricarsi solo dopo un po’, in quanto non vi è possibilità alcuna di difendersi.
Altra innovazione presente in Mortal Kombat 11 risiede nell’assenza della barra super, che una volta riempita poteva portarvi ad eseguire o una x-ray oppure una contromossa dopo la più classica delle parate. Nel caso delle mosse speciali che stordiscono l’avversario, se da un lato sono più cadenzate, quasi per aumentarne il realismo, dall’altro c’è stato un netto miglioramento delle animazioni. I personaggi sembrano eseguire movimenti in caduta più credibili rispetto agli effetti un po’ più “cercati” o condizionati di Mortal Kombat 10, nonostante il motore grafico sia lo stesso.
Vi sono poi le Krushing Blows, attacchi dal danno maggiorato con tanto di zoom ed effetto grafico x-ray, che se eseguite consentono di aumentare i danni inflitti ma anche talvolta di aumentare il valore, punteggio alla mano, delle hit affondate nell’incauto avversario. Come per le fatal blow, se ne ha a disposizione uno solo a match. Vengono a galla solo ed esclusivamente in concomitanza con particolari colpi da combo “tecnica”, tipo primo colpo o colpi ambientali o che coinvolgano la testa o la cassa toracica, esibendo la classica radiografia in-game (nomen omen delle ei fu x-ray). Le Flawless Block invece sono delle contromosse perfette seguite da un vigoroso attacco consequenziale, eseguito cioè dopo un blocco durato un determinato numero di colpi subiti. Queste possono fornire potenziamenti a livello di punteggio hit count ma non danni maggiorati, ed hanno bisogno di parecchia pratica per far sì che si trovi l’attimo più propizio nel quale eseguirle.
In fin della fiera, il gameplay di questo capitolo pare più equilibrato, meno sbilanciato a livello di propensione offensiva per taluni personaggi e più aperto a tutti, armandosi di una buona dose di pazienza nel tutorial cui sopra. Un gameplay magnifico,non più dettato da una offensività portata all’estremo, che favoriva, sopratutto con cheap di una certa semplicità, un determinato numero di lottatori sfavorendone altri.
Don’t sweat the technique
Graficamente parlando, il motore grafico è lo stesso del titolo precedente, ma è stato tirato letteralmente a lucido. La resa visiva anche in full HD è al massimo splendore e spicca per: dettagli, animazioni facciali (ora i personaggi sembrano avere una mimica facciale più responsiva a colpi vari ed eventuali), effetti particellari che C.S.I a confronto è il trenino Thomas, giochi di luce parecchio di effetto sopratutto tra le mura di santuari, cripte e quanto di più esoterico ci sia in questo titolo. A tal proposito, gli scenari risultano incantevoli, l’isola di Shang Tsung pullula di oggetti a schermo, tra giochi di luce, translucenza della pavimentazione ed intagli della stessa, infiniti dettagli di tutto quello che vi si para davanti. Nulla è lasciato al caso. Di grande caratura anche la modellazione poligonale dei visi, dettagli fisiognomici e anatomici compresi. Unica pecca forse le onde d’urto, sopratutto quella del colpo finale, forse un po’ troppo grossolane. Gli shader delle armature sono di pregevole fattura, così come la resa visiva dei tessuti dei vestiti (pieghe dettagli in merito al materiale e via discorrendo), e la palette cromatica presenta finalmente una temperatura colore meno tendente al grigio scuro ma con un contrasto più aderente alla realtà. A primo acchitto colpiscono le rese cromatiche delle skin di Shao Kahn e Baraka. Ottimi anche gli effetti grafici sui residui organici, in particolar modo per quel che ne concerne la trasparenza e la composizione dei grumi di sangue, indi per cui ne giova il realismo a piè pari. L’effetto “camera buia” delle Fatal Blow con tanto di luce solare a mò di proiettore puntato sul povero malcapitato di turno, conferma effetti da grande produzione hollywoodiana. Per quel che riguarda il comparto audio, musiche ed effetti di grande caratura, unico neo forse nell’adattamento in italiano non proprio azzeccatissimo. Il jingle delle fatality mette letteralmente i brividi, come nei capitoli principe dell’epopea beat’em up più famosa di tutti tempi assieme a Street Fighter.
“Capo, lui come lo finiamo?”
Eccoci al piatto forte ovverosia le fatality. Sono di un irriverente più crudo e meno canzonatorio ad personam rispetto al precedente capitolo, in particolare quella di Johnny Cage (come da tradizione) è da manuale dello sberleffo. Rasentano quasi uno stile alla “Bad Taste”, ma sopratutto il Jingle che le accompagna in ogni match è meraviglioso. Si è tornati a quello stesso climax orrorifico delle mosse finali che ha fatto la storia del brand, con un pizzico di taglio cinematografico a livello compositivo che non guasta mai. Per il resto grandi trovate splatter, tra vecchio e nuovo, e lo stesso discorso vale per le brutality. Apparentemente non sono presenti stage fatality, tranne che per una sorta di “cameo” di una risalente a Mortal Kombat 2 nel bel mezzo di una brutality: lascio a voi la truculenta scoperta. Vi è poi, dopo numerosi capitoli, l’introduzione della cosiddetta funzione Mercy, ovverosia una sorta di reprise nella fase di stordimento pre-fatality dopo essere stati “ufficiosamente sconfitti” e quando ci si trova ad un passo dal diventare un caro estinto a tutti gli effetti, funzione che come nel 3 è a discrezione di chi vi fracassa per benino.
La sfido a singolar sbudellamento
Come in Mortal Kombat 10, anche in questo capitolo vi sono delle sfide quotidiane. Queste sono presenti anche nelle cosidette Torri, assieme alle innumerevoli e complesse varianti come è classico della saga. Le torri si suddividono in: torri del tempo, in rotazione e mutazione continua a seconda delle sfide giornaliere o ad altra cadenza temporale, e torri propriamente dette klassiche, e come nel precedente capitolo vi è anche la presenza dei consueti modificatori. Non manca a tal proposito la possibilità di vedere comparire un timer per centrare una sfida ogni dieci secondi, come ad esempio il dover eseguire tre calci in alto, quattro spazzate o cinque pugni in basso. In ogni incontro è possibile scegliere tra tre varianti standard e tre slot personalizzabili, nelle quali sciorinare tutto ciò che di customizzabile riuscite a lootare nelle kripta. Ovviamente solo dopo aver combattuto in singolo e in multiplayer mezzo mondo per i verdi prati sanguinolenti di Mortal Kombat 11. Personalizzare un personaggio non significa agghindarlo a mo’ di gira la moda con un determinato numero di skin, monili e quant’altro, bensì significa aggiungere dei power-up (detti konsumabili e che dipendono dal numero di slot necessari all’utilizzo degli stessi) ma sopratutto cambiarne anche il moveset. Questa è la grande novità che dona quel quid in più, al fine di personalizzare il gioco secondo le varianti che più vi si confanno: c’è la possibilità di poter inserire negli slot delle mosse extra, in numero di uno a tre a seconda del grado di distruttività delle stesse.
Non è un mistero che in Mortal Kombat 11 vi sia una paventata componente ruolistica: in ogni incontro, nel susseguirsi delle scazzotate splatter a cui ci ha abituati l’eterna lotta tra i vari reami, determinate mosse consentono di acquisire un numero variabile di valute da utilizzare nella kripta. Ciò può consentire di potenziare i personaggi con nuove mosse più distruttive da poter inserire nel nuovo slot, il tutto nel perpetrarsi di un gameplay potenzialmente quasi infinito.
A tales from the crypt
La Kripta, non è solo un luogo cimiteriale dove spaccare tombe per raccattare monili fatality e quant’altro, bensì consente quel quid in più a livello di personalizzazione senza inficiare più di tanto la vostra solidità economica ed i vostri portafogli. Rappresenta un avventura a tutto tondo che rasenta la componente da accattino classica dei GDR (con i dovuti distinguo si intende). Sulle orme di Injustice 2, vi è la possibilità di personalizzare e potenziare il proprio personaggio attraverso tre tipologie di “valute” in-game ovvero: i gettoni, i frammenti d’anima e i cuori. Tra ricette, attrezzature per armi, forgia oggetto, chiavi kripta bozzetti, mosse, mosse speciali e finali, chi più ne ha più ne metta. I miglioramenti portano un incremento dei danni, ma al contrario del titolo ispirato ai personaggi DC Comics di cui sopra, non attraverso l’upgrade dei vari pezzi di armatura, bensì tramite migliorìe del moveset. Nella Kripta è possibile anche forgiare determinati pezzi o pozioni, come in una sorta di esperienza parallela molto GDRosa. Tale attività rappresenta un buon viatico verso una longevità parecchio rilevante ed una progressione più accattivante. Solo un dato numero di configurazioni di base per personaggio sono utilizzabili nelle partite classificate, in modo tale da rendere il tutto il più equo possibile, senza creare personaggi più sgravi a discapito di altri.
Tra vecchie glorie e nuovi arrivati
Analizzando invece il roster, oltre a Skarlet e Frost, ritroviamo il vecchio signore di Outworld Shao Kahn. Grazie al suo grande martello riesce a spedire a distanza i suoi avversari e risulta essere il più diretto ed immediato se utilizzato con cheap intervallate dai attacchi medi. È anche tra i più lenti e dotato altresì di combo concatenate meno praticabili rispetto alla media. Facendo una carrellata tra vecchi e nuovi che più hanno colpito la mia attenzione, c’è sicuramente Kollector. Questo simpatico necrofilo con il lume ad olio, inibisce l’avversario più facilmente di tutto il roster, grazie ai suoi attacchi a distanza stordenti, e per certi versi assomiglia vagamente allo spauracchio di Injustice 2. Attenzione: necessita di impegno per palleggiare l’avversario con i suoi colpi, ma se lo si sa usare è letale, perché combina cheap con le sue braccia ad attacchi a distanza grazie al lumimo con tanto di catena. Se lo si sa utilizzare, come ci si muove e si muove sono mazzate, oppure ci si può “accontentare” di attacchi ravvicinati susseguiti da attacco stordente a distanza. Nel gioco online la ripetività talvolta, come in sala giochi, ha il suo perché, ma solo contro i più nabbi altrimenti addio sogni di gloria!
Venendo poi alle vecchie conoscenze, è stata reintrodotta anche Skarlet che non compariva da un bel po’. Costei possiede combo ravvicinate parecchio proficue, difatti risulta complesso districarsi dalle sue mosse speciali più combo, sopratutto a distanza ravvicinata. Jacqui Briggs sotto questo aspetto risulta essere ancora più letale, poiché possiede lo stile del padre (Jax) ma con una velocità di esecuzione ed un raggio del colpo più corto, indi per cui da vicino riesce a stordire facilmente l’avversario con un non nulla. Forse la donzella è un po’ più statica sulla gambe rispetto al capitolo precedente, ma niente di che. Altro personaggio nuovo degno di nota è Cetrion, dio elementale nonché adepta di Kronika. È un mix fra Poison Ivy de l’enigmista di Batman, Swamp Thing di Injustice 2 e Aganos di Killer Instinct, sopratutto quando esegue la mossa speciale Schianto di macigno., Le sue combo concatenate sono da registrare passo dopo passo nonché eseguibili con una certa “ritmica”, ma solo dopo aver preso confidenza con il personaggio: per nulla adatto agli schiaffoni da casual. Poi conosciamo Geras, il servo di Kronika (attualmente personaggio non giocabile), una sorta di Jax dedito allo spiritismo e vagamente somigliante per stile di combattimento ad una crasi tra Bruce di Tekken 5 e Shan-ra di Killer Instinct. Le sue combo di base gli consentono di spezzare la guardia avversaria con una spallata,e pur non avendo colpi così fulminei o cheap da serie concatenate che non lasciano spazio , da boxeur navigato dalla stazza medio-alta possiede tutta una serie di pugni posteriori e anteriori non particolarmente celeri ma alquanto poderosi, che spazzano a distanza l’avversario.
World wide fatality
E veniamo alla tanto agognata modalità online. In Mortal Kombat 11 questa consta di una serie di classificate, ovvero di partite competitive (in una serie di tre match su cinque) con il blocco delle abilità del personaggio sui predefiniti da competizione. Ciò porta alla composizione di una sorta di lega combat, serie che inizia ogni mese ed ha lo scopo di aumentare la competitività del gioco in vista dei più sontuosi tornei ad essa dedicati. In Kasuale troviamo le canoniche modalità Versus, Re della Collina ed i match IA descritti in precedenza in merito a match tra lottatori personalizzati ma gestiti dalla CPU, vi è poi la sezione online privato che offre partite non classificate, ed infine la canonica sezione delle stanze di dialogo unisciti e crea. Il matchmaking così come il netcode sembrano essere ottimi, eccezion fatta unicamente per le IA match kasuale dove ci mette un pochino più del solito. Il livello di una qualsivoglia partita classificata è parecchio diversificato, ma nella media molto alto, ed al contrario di Injustice 2, dove la caccia al consumabile da apporre al proprio personaggio è d’obbligo, è migliorata la maturità da moveset dell’utenza media. Si cura più il lato tecnico che quello estetico. Rispetto alla media dei picchiaduro, i giocatori sembrano spammare meno le cheap più proficue (al contrario ad esempio di un Dbz Fighterz), forse proprio perché la componente personalizzabile è stata relegata a modalità online più “amichevoli” al contrario del competitivo. Trovata questa ottima al fine di avere un multiplayer più solido ed impegnativo. Ripetto a Mortal Kombat 10, manca la lotta tra fazioni con relativo punteggio e ricompense varie ed eventuali, sia online che in locale.
The Force of good and evil
Mortal Kombat 11 rappresenta un imprescindibile punto di maturazione a livello del combat system nella storia della saga. Grazie all’implementazione dei nuovi elementi citati nell’articolo, il gioco di Netherealm Studios pare più equilibrato che mai, e meno votato all’offendere senza ragione. Rispetto al titolo precedente, dove le botte da orbi, come si suol dire, la facevano da padrone, il nuovo capitolo è più dedito a fasi di studio dell’avversario, ad un tatticismo non esasperato ma congeniato, intrigante ed avvincente, sopratutto nelle classificate online. A patto che non vi si pari davanti un pro con la p maiuscola, che non vi faccia manco prendere il joypad in mano che siete già belli e stecchiti.
In seno a questa vena empirica a livello di gameplay espressa in maniera magistrale da quest’ultimo episodio, il Fatal Blow è sì spettacolare, ma in parte stona leggermente. Sa di qualcosa di già visto a livello di innovazione e di meccaniche, ma nonostante ciò, ne giova comunque la spettacolarità e l’imprevedibilità di un combattimento. In definitiva si tratta di un mero peccato infinitesimale che va a sostituire le x-ray. Ed in tal senso, questo cambio di rotta risulta parecchio azzeccato proprio perché rende l’esito di un combattimento ancora più incerto. Il layout grafico da blockbuster è spettacolare, così come tutta la grafica nella sua interezza (nonostante si stia parlando di un motore grafico come l’Unreal Engine 3) risulta di grande livello sopratutto nei vari dettagli.
Per ciò che riguarda i nuovi personaggi, Kollektor è sicuramente quello più riuscito oltre che per caratterizzazione ed originalità, anche per utilizzo e pragmaticità , potendo alternare cheap ravvicinate ad attacchi a distanza ed alla capacità di coadiuvare in maniera occulata mosse speciali a combo piuttosto cicliche. Shao Kahn delle vecchie glorie ricorda molto la sua versione avvolta da un alone cupo ed oscuro in quel di Mortal Kombat 3, tant’è che la stessa icona nel roster durante la scelta del personaggio è già inquietante, vedere per credere. La modalità Storia vi lascia a bocca aperta sia per il proseguo dell’epopea, sia per i colpi di scena sia per la fotografia molto da cinepresa holliwoodiana. Mortal Kombat 11 è un tassello fondamentale nella storia della saga. Bello, divertente, avvincente, “pedagogico” ai fini del combattimento stesso, potenzialmente eterno, audace e ricco di pathos grazie ad un combat system più votato al pensiero (si fa per dire, le piogge torrenziali di mazzate, essendo un picchiaduro truculento, ve le dovete dare è chiaro!) che non al menare alla cieca. Consiglio di fare i tutorial anche per chi è esperto della saga: vi saprà trasmettere tutto il meglio, credetem. Mortal Kombat 11 ha la cosa più importante di tutte per un titolo videoludico che si rispetti: diverte in maniera sesquipedale. E questo è l’importante. State calmi se potete, tutto il resto è fatality.