Quando ho deciso di giocare The Legend of Zelda: Link’s Awakening su Nintendo Switch, alcune voci hanno cominciato a risuonarmi in testa. Dicevano qualcosa del tipo “È troppo difficile per te!”, e un’altra addirittura ululava “Ti perderai sull’isolaaa!”. Il motivo di tali avvertimenti mi era chiaro, anzi cristallino: l’originale The Legend of Zelda: Link’s Awakening mi ha dato dei bei problemi all’epoca. Ma avevo solamente nove anni! E oltretutto, giocavo di notte sotto le coperte con una torcia, perciò ero relativamente certa che nel 2019 – e alla luce del sole- avrei potuto saldare il conto con il gioco. Con gli interessi.
Le prime ore sull’isola di Koholint mi hanno insegnato due grandi verità, la prima delle quali è che il titolo offre ancora oggi un buon livello di sfida. Non è così sorprendente: si chiacchiera costantemente di quanto i giochi di oggi siano più facili e i bei vecchi tempi della sofferenza videoludica sono passati. L’originale The Legend of Zelda: Link’s Awakening su GB e GBC intratteneva i giocatori con una intricata esplorazione e con combattimenti complessi. L’isola era tutta da scoprire, e a volte non era facile capire dove recarsi successivamente, per continuare l’avventura. Il remake su Nintendo Switch mi sembra ricalcare le vecchie mappe passo passo finora, e ho adorato il poter ri-perdermi tra paludi e boschi. La nuova grafica rende tutto un po’ più chiaro però, perciò ho avuto un po’ meno difficoltà a comprendere dove dirigermi.
I dungeon sono anch’essi rimasti belli tosti, come piacciono a noi. I primi strumenti che si ottengono nel gioco, subito dopo spada e scudo, sono la Polvere Magica e la Piuma di Roc. La prima delle due è una sorta di incantesimo multi uso, che riesce ad esempio ad accendere fuochi e luci, ma possiede anche altri effetti…stupefacenti. La Piuma invece consente a Link di saltare, con mia personale croce e delizia: non aspettavo altro che di potermi lanciare sopra i dirupi, cadendo rovinosamente. Zompettare qua e là non solo è necessario per risolvere vari enigmi ambientali, ma è fondamentale anche per superare le sezioni platform-2D del titolo ispirate al Mondo dei Funghi. Sapendo già che ci sarebbero stati Goomba e co. non mi sono stupita più di tanto, ma quanto deve essere stato sorprendente all’epoca dell’uscita dell’originale?
La seconda verità che ho imparato da The Legend of Zelda: Link’s Awakening su Nintendo Switch, è che i game over non mi pesano affatto. Il gioco è talmente bello che si fa perdonare tutto, e non crea nessuna fatica dover ripetere una boss-fight o un passaggio nei dungeon. Lo stile è semplicemente delizioso: personaggi e ambientazioni sembrano un mix tra creaturine di pongo e elementi usciti da una fiaba. Sono così carini che mi fanno costantemente venire fame, un effetto collaterale inaspettato. Anche le musiche sono maestose: i riarrangiamenti orchestrali accompagnano l’avventura, dandole carattere. Non mi resta perciò che rimboccarmi le maniche e continuare la mia esplorazione, per finire – finalmente – il gioco, e scoprire tutte le novità e le aggiunte che Nintendo ci ha regalato con questo remake.