Code Vein non ha avuto uno sviluppo facile e sereno. Le primissime demo giocabili mostravano diversi problemi e difetti, al punto che Bandai Namco si è vista costretta a rimandare l’uscita del titolo sempre più in là nel tempo, fino ad arrivare ad un anno di distanza rispetto alla prima data di pubblicazione prevista. I disfattisti hanno interpretato questo gesto come indice di scarso impegno iniziale verso questa nuova IP, un gioco che viste le premesse non sarebbe riuscito a migliorare poi così tanto rispetto alla sua iterazione originale. Tuttavia, ritardare la pubblicazione di un anno dimostra anche quanto Bandai creda fortemente in questo progetto, al punto da subire critiche e pregiudizi più che leciti con lo scopo di risollevare un gioco dalla polvere e presentarlo al meglio delle sue potenzialità, rendendolo in grado di esprimersi pienamente e riscattarsi, smentendo le accuse. Il Code Vein che ci mostra oggi Bandai Namco riesce quasi completamente nell’obiettivo. Un gioco solido, intrigante, lungo, con molta personalità nonostante i tantissimi richiami ai Souls di Hidetaka Miyazaki. Ma soprattutto divertente, tanto divertente e piacevole da giocare seppur con qualche difetto tecnico.
Nel mondo di Code Vein, una catastrofe planetaria di origini sconosciute, battezzata come la Grande Rovina, ha rischiato di estinguere completamente la razza umana distruggendo l’ambiente attraverso i Rovi del Giudizio, radici gigantesche e acuminate inarrestabili. Nel tentativo di combattere il cataclisma, gli umani rimasti hanno impiantato nei cadaveri il Parassita BOR, in grado di rivitalizzare le cellule in decomposizione. Nascono così i Redivivi, cadaveri rinati dalla morte che possono morire nuovamente solo se il loro cuore viene distrutto. I Redivivi sono quindi immortali e quasi invincibili, pienamente dotati di senno, ma nel risveglio dalla morte perdono una piccola parte dei propri ricordi della passata vita umana e hanno bisogno di sangue per mantenere la ragione a causa del Parassita BOR. Qualora la Sete di Sangue prendesse il sopravvento, un Redivivo diventerebbe folle e si trasformerebbe in un Corrotto, un essere mostruoso e immondo anch’esso immortale ma ostile verso tutto e tutti.
Il nostro personaggio si sveglia in questo mondo devastato al fianco di una donna dai capelli bianchi. Non ricorda nulla e non sa perché si trovi lì, così come la donna. Se inizialmente lo scopo principale è quello di scoprire la propria identità, il corso degli eventi porta a dei risvolti sorprendenti che avranno conseguenze per il destino di tutti i Redivivi. Sebbene inizialmente la storia risulti poco intrigante e sembri solo un contorno necessario a giustificare i nostri combattimenti, proseguendo diventa uno dei motivi principali che spinge a proseguire il gioco. Un paio di colpi di scena sono davvero ben riusciti e cambiano completamente la prospettiva delle cose, donando una profondità inaspettata a una trama che si rivela molto più complessa del previsto. Il gioco offre moltissime ore di contenuti non solo per il primo completamento, ma anche per la presenza del New Game Plus e di finali diversi, che offrono ulteriore rigiocabilità e possono spingervi a scoprire diversi risvolti narrativi. Se non siete quel tipo di giocatori e trovate sufficiente un solo viaggio nel mondo di Code Vein, la durata di una run nella quale cercate di completare il più possibile può tranquillamente raggiungere le quaranta ore.
La creazione del personaggio precede il tutorial e dopo averlo completato, in seguito ad una cutscene nella quale ci risvegliamo e veniamo catturati, si passa subito all’azione. Parlando del gameplay, prendiamo subito in considerazione l’elefante nella stanza. Code Vein è un souls like? Sì e no. O meglio, sarebbe riduttivo e ingiusto definirlo solo come tale. A conti fatti, Code Vein è un action RPG in terza persona che utilizza e riadatta molti elementi dei Souls per quanto riguarda il design di certe meccaniche di gioco, ma che allo stesso tempo li trasforma in una chiave inedita, mutandoli in qualcosa di unico. Vediamo quindi un sistema di checkpoint basato sul vischio, una pianta che purifica l’aria dal miasma creato dai Rovi del Giudizio mappando parte della zona e fungendo da punto di teletrasporto verso tutti i vischi purificati. Come per i falò di Dark Souls, al vischio è possibile salire di livello spendendo la foschia accumulata uccidendo i nemici, che riappaiono ogni qualvolta ci si riposa presso di esso. La foschia funge anche da valuta di gioco per quasi ogni oggetto ottenibile, e se veniamo sconfitti quella accumulata finora rimane al punto della nostra ultima morte. Come potete immaginare se conoscete i souls like, se si muore nuovamente senza aver recuperato la foschia, questa viene persa per sempre. Potete recuperare metà della foschia persa senza raggiungere il punto della morte precedente recandovi alle terme, un luogo presente all’hub centrale che offre tanto fanservice e la possibilità di approfondire gli argomenti inerenti alla storia. Con la foschia e con un metallo speciale si possono potenziare le armi e i Veli di Sangue, di cui parlerò tra poco, oltre che acquistare oggetti alla Base, il luogo dove risiedono i nostri alleati quando non ci aiutano nell’eliminazione dei Corrotti.
Per terminare tutte le similitudini con i souls like, i combattimenti si svolgono agganciando un nemico e attaccandolo finché la barra del vigore ce lo consente. Si possono evitare gli attacchi nemici parando o schivando, ma se si viene colpiti bisogna aver pronte a disposizione le rigenerazioni, ricaricabili al vischio una volta terminato il numero concesso. Le rigenerazioni possono essere aumentate e potenziate trovando gli oggetti appropriati. I nemici sconfitti possono lasciare oggetti utili per ottenere altra foschia o per curare problemi di stato causati dagli attacchi di nemici specifici. Infine, alcune aree richiamano al limite del plagio molte zone presenti in Dark Souls, dai sotterranei allagati dove l’acqua rende più difficile muoversi liberamente fino ad arrivare a quello che potrebbe tranquillamente essere definito un “momento Anor Londo” quando si arriva alla Cattedrale del Sangue Sacro. Si respira pienamente il rispetto dimostrato dal team di sviluppo verso la saga di Hidetaka Miyazaki, che ha cambiato per sempre un certo modo di concepire i giochi con un grande livello di sfida. Ma come ho già detto, definire Code Vein un semplice souls like sarebbe quasi offensivo, e adesso vi spiego il perché.
Sebbene i combattimenti abbiano alle spalle molto dei souls like, la costruzione dello stile di combattimento del proprio personaggio è dove Code Vein si distacca di più e dove brilla maggiormente di luce propria. Il modo in cui un personaggio si approccia agli scontri è determinato dal Codice Sanguigno. Questo Codice è essenzialmente una build preconfezionata nella quale caratteristiche e statistiche sono scelte a tavolino. Detto così può sembrare un malus che limita molto la libertà di scelta del giocatore, ma in realtà è il più grande pregio di Code Vein. Normalmente un Redivivo ha un solo Codice Sanguigno che lo contraddistingue, ma per motivi di trama inizialmente a noi sconosciuti che verranno svelati proseguendo nella storia, il nostro Redivivo è una rarissima eccezione che non ha un proprio Codice Sanguigno, quindi può utilizzare qualsiasi Codice a sua disposizione cambiandolo in ogni momento quando più lo preferisce. Non solo, ogni Codice ha a disposizione dei Doni. Questi Doni sono abilità fisiche attivabili, abilità passive o magie che contribuiscono alla caratterizzazione dello stile di combattimento. Alcuni Doni presenti in determinati Codici sono già disponibili, altri vanno acquistati con la foschia e altri si possono sbloccare solamente ottenendo i Vestigi, frammenti dei ricordi dei Redivivi sparsi per tutto il mondo di gioco.
Una volta equipaggiato un Dono, sconfiggendo i nemici se ne aumenta la dimestichezza. Raggiunto il massimo della barra di dimestichezza, il Dono viene ereditato, ossia può essere equipaggiato anche qualora non si stia utilizzando il suo Codice Sanguigno originario, a patto di rispettare i requisiti di equipaggiamento. Ed è qui che inizia il bello. I più attenti ci saranno già arrivati, ma se non avete ancora capito, Code Vein permette di creare un numero di stili di combattimento e di sottoclassi pressoché illimitato e interscambiabili in qualunque momento. Le potenzialità sono sorprendenti nel momento in cui ci si rende conto di quante possibilità si parano dinnanzi a noi. Il più grande vantaggio, è che se un giorno si vuole giocare con un alabardiere tank ma poi si vuole provare un mago puro, per poi passare ad uno spadaccino incredibilmente rapido e veloce negli attacchi e nelle schivate, è possibile farlo. Questo incredibile livello di libertà e di ibridazione è ciò che eleva Code Vein sopra la media degli altri action RPG presenti sul mercato, almeno per quanto riguarda il sistema di combattimento.
Per utilizzare i Doni si consuma icore, quello che potremmo definire come il mana. Più è potente il Dono, più icore richiederà per essere utilizzato. L’icore può essere ricaricato con degli oggetti o attaccando i nemici corpo a corpo, prosciugandone una certa quantità ad ogni attacco. Il modo migliore per recuperare l’icore però è attraverso il Velo di Sangue. Questo è un’armatura speciale che aumenta la sua efficacia a seconda delle statistiche del Codice Sanguigno equipaggiato. Più il Velo di Sangue è in sintonia con il Codice, più sarà potente, in grado di assorbire icore e di ridurre i danni dei nemici. Il Velo di Sangue determina anche l’animazione con la quale si eseguono i colpi alle spalle, i parry e gli attacchi critici. I Veli sono meno versatili dei Codici, ma in linea generale è facile trovare quello che soddisfa sia dal lato estetico sia dal lato offensivo.
La minaccia dei Corrotti richiede alleati potenti se si vuole sopravvivere a lungo. Ad accompagnarvi sul campo di battaglia ci sono Louis e Yakumo, due Redivivi dotati di grande abilità e potenza che stanno cercando una soluzione definitiva alla Sete di Sangue. Avanzando nell’avventura se ne sbloccano altri con caratteristiche diverse. Tuttavia è possibile richiedere l’aiuto di altri giocatori online a patto che non si abbia ancora battuto il boss dell’area. Purtroppo l’alleato online ha a disposizione solamente tre cure, dunque è piuttosto frequente che non riesca a completare un’intera area dall’inizio alla fine. La difficoltà di gioco è tarata tenendo in considerazione che il giocatore viaggi con almeno un compagno, soprattutto nelle fasi avanzate di gioco. Sebbene all’inizio i compagni siano delle macchine da guerra in grado di semplificare di molto l’esperienza, più si prosegue e più il loro apporto viene ridimensionato, data la crescente potenza dei nemici. Qualora lo desideriate e cerchiate una sfida davvero impegnativa, si può scegliere di viaggiare in solitaria lasciando a riposo i due combattenti. Potrete comunque interagire con loro attraverso il sistema dei regali, oggetti di vita quotidiana che potete donare ai personaggi della storia affinché si affezionino a voi e vi facciano a loro volta dei regali. Louis e Yakumo potrebbero persino donarvi la loro arma.
Sebbene siano molte le lodi da fare a Code Vein, il titolo non è esente da difetti. Come detto poco fa, Louis e Yakumo ad inizio gioco sono eccessivamente potenti e rendono il gioco molto semplice: solo i boss riescono ad impensierirli e creano molti problemi. Durante i passaggi da un’area all’altra, gli sviluppatori hanno avuto l’accortezza di inserire dei corridoi molto lunghi in modo da permettere al sistema di processare gradualmente le nuove informazioni. Tuttavia la scelta sembra essere stata inutile, dato che questi corridoi sono il momento nel quale il framerate crolla più vistosamente. Anche durante alcuni combattimenti può capitare una situazione simile, meno lampante ma ugualmente fastidiosa. Il level design in alcune zone è davvero ben curato, ma nella maggior parte dei casi è basato su dei semplici corridoi che si allargano improvvisamente in modo drastico per poi tornare nuovamente come prima. E come sapranno bene i fan dei souls like, un corridoio stretto non aiuta per niente la telecamera di gioco, gestita decisamente meglio rispetto ad altri titoli simili ma ugualmente fastidiosa nelle zone più anguste. La disposizione dei nemici diventa prevedibile e ripetitiva già dopo la seconda area, e la loro intelligenza non brilla particolarmente. Non è raro che alcuni di loro si suicidino gettandosi nel vuoto o non riescano a vedervi nonostante siate ad appena dieci metri di distanza. Infine, sono molti i luoghi che presentano texture in bassa risoluzione o comunque poco convincenti. Da questo punto di vista il lavoro di Bandai non è migliorato poi tanto.
Code Vein è sicuramente una delle sorprese più grandi e gradite di fine anno. Un gioco che ha saputo cancellare gran parte dei suoi difetti, pur lasciandone molti dal punto di vista tecnico. Questi ultimi però non inficiano in modo grave sull’esperienza e vengono bilanciati più che egregiamente da un gameplay solido, incredibilmente variegato e cosa più importante, divertente. Nonostante siano più che evidenti i richiami ai souls like, Code Vein riesce ugualmente a far emergere la sua personalità, complice anche la consapevolezza del suo target di riferimento e di come soddisfarlo. Che siate fan dei souls like o degli action, Code Vein è un gioco decisamente consigliato, che sarà in grado di impegnarvi piacevolmente per molto tempo. Se siete anche fan di ciò che gira intorno al mondo dell’animazione giapponese, l’acquisto diventa obbligatorio. Tuttavia, l’alto tasso di punizione e le meccaniche un po’ più complesse rispetto agli standard degli altri action, lo rendono un titolo adatto principalmente a giocatori esperti e meno ai neofiti, pur non essendo una sfida impervia allo stesso livello di altri souls like. Non sarei sorpreso se in futuro Bandai Namco decidesse di produrre un sequel. Un gioco come Code Vein lo meriterebbe.