La distopia e la decadenza sono due rappresentazioni estetiche che mi piacciono molto. Non è quindi una sorpresa che tra i miei film preferiti figurino i due capitoli di Blade Runner, soprattutto il secondo, con buona pace degli hardcore fan duri e puri. La fotografia regalatami da Roger Deakins non ha eguali, infatti Villeneuve e i Fratelli Coen non se lo lasciano mai scappare. Dopo il buon gioco pubblicato nel lontano 1997, non avevo quasi trovato nulla che mi trascinasse di nuovo in quel mondo, in quelle atmosfere, a meno di sparute eccezioni, fino a quando non ho visto CloudPunk. Le immagini sembrano promettere bene, la sinossi pure. Mentre svolgiamo il nostro lavoro di corriere, una storia si dipana davanti a noi, ma sarà così? Andiamo con ordine.
In Cloudpunk vestiamo i panni di Rania, una ragazza da poco arrivata nella metropoli di Nivalis, fuggita dalla sua città natale a causa dei debiti verso le megacorporazioni, che si reinventa corriere per la società clandestina di Cloudpunk. Prendi il pacco, portalo al destinatario, non fare domande e, soprattutto, non chiedere mai cosa sia il contenuto; queste le semplici regole che le sono imposte. Rania però è una ragazza molto curiosa e non sempre si costringe a seguirle. Il gioco è pieno di dialoghi pressoché continui, su cui poggia praticamente l’intero gioco. Il nostro compagno di avventura è Camus, l’IA che Rania porta sempre con se e che ha le fattezze di un bellissimo Border Collie: prima di essere installato nel mezzo che usa per le consegne infatti, era il suo cane, ma a causa dei debiti la protagonista ha dovuto venderne il corpo. Altra faccia amica con cui ci troviamo spesso a parlare è Controllo, colui che ci affida le varie consegna. A loro si alternano personaggi più o meno probabili: dai CEO di corporazioni a investigatori che parlano raccontando dettagliatamente ciò che stanno facendo fino a star dello spettacolo. Ognuno di loro ha una storia e una caratterizzazione precisa e i vari incontri possono ispirare simpatia, fastidio o anche odio. Da questo punto di vista il gioco centra in pieno il punto: ogni volta che abbiamo a che fare con un nuovo cliente siamo subito desiderosi di scoprire cosa fa, come vive, perciò riusciamo a calarci bene nei panni di Rania e della sua instancabile voglia di fare domande. Scordatevi però scelte multiple o simili, poiché noi siamo solo fruitori passivi. In tutte le storie è sempre presente un sottofondo malinconico, agrodolce, spesso dovuto alle spregevoli azioni della CorpSec, società a capo dell’intera città e che gestisce praticamente tutto ciò che accade, sorvegliando anche incessantemente la popolazione tramite innesti, più o meno volontari. E come se non bastasse, arrivano spesso notizie di strani incidenti, come se l’IA che gestisce l’intera città fosse impazzita.
Il gameplay del titolo si divide in due momenti ben distinti. Buona parte del nostro tempo viene speso a bordo del nostro mezzo per le consegne, un’auto volante. Il sistema di guida è basilare e funzionale, non ho riscontrato alcun bug. La città è costruita su più livelli, ognuno dei quali compone le varie zone attraverso le quali è possibile muoversi tramite degli ascensori: non vi è in pratica una grande mappa open world ma delle aree ben precise, divise da veloci caricamenti. Peccato che si faccia fatica a distinguerle: se escludiamo la zona del Midollo, quella più povera, e la Guglia, quella più ricca, tutte le altre zone sono estremamente simili tra loro e praticamente indistinguibili. Mi è piaciuto molto lo stile voxel utilizzato (simile a Cube World per capirci), si nota poco quando si è sull’auto ma quando si è a piedi rende davvero bene. Sfrecciare tra le futuristiche vie di Nivalis restituisce un buon feeling, ma ovviamente non aspettatevi un sistema in stile GTA. Bisogna semplicemente tenere d’occhio l’indicatore del carburante e i danni ricevuti dal mezzo, che necessita di riparazioni nel caso in cui si esageri con gli incidenti, e finisce tutto qua. Un sistema ridotto all’osso e che fortunatamente non annoia. A questo si alternano poi le fasi a piedi, momento in cui è possibile parlare con gli abitanti della città, che sbloccano anche alcune missioni secondarie, oppure in cui si può acquistare oggetti presso i rivenditori, totalmente inutili se non per il completamento delle suddette missioni.
Il focus principale degli sviluppatori non era rivolto nella costruzione di un vero e proprio mondo di gioco quanto più nel rendere al meglio l’ambientazione e la storia. Per il primo punto, dire che ci siano riusciti è un po’ forzato, e mi ripeto: l’ispirazione a Blade Runner è davvero palese. Una città perennemente avvolta nell’oscurità, illuminata solo dai neon delle insegne e con una pioggia incessante; persino alcuni mezzi che si vedono in giro somigliano a quelli visti nel secondo film. Devo dire che il tutto mi piace, ma pecca sicuramente di originalità. E non va tanto meglio per quanto riguarda la storia principale. Come detto sopra, se si esaminano le singole vicissitudini dei personaggi con cui abbiamo a che fare, il feeling è ben più che positivo, ma è quando si va a valutare la storia principale che tutto vacilla. Blanda, estremamente lenta ad ingranare e priva di mordente e di un finale anche solo interessante, un vero peccato. Hanno volutamente utilizzato una scrittura misteriosa per indurre il giocatore a scoprire cosa stesse accadendo ma, una volta arrivati ai titoli di coda, il risultato è deludente. Mi aspettavo di più o, almeno, mi aspettavo delle risposte, che non ho avuto. Spero che la software house lo utilizzi come una base di partenza per altri titoli del genere, magari ambientati nello stesso mondo. Per arrivare ai titoli di coda sono necessarie circa 7 ore di gioco e il titolo, pubblicato su Steam al prezzo di 20 euro, non richiede esigenti requisiti di sistema.