Sakura Wars – o Sakura Taisen per i più appassionati – è una IP di SEGA non conosciutissima qui da noi, eppure è un brand storico che affonda le sue radici nell’ormai lontano 1996. Si sa, ventiquattro anni in questo media corrispondono a un paio di ere geologiche, e ciò lo rende uno dei brand più longevi di sempre (ha due anni in più di Metal Gear Solid, tanto per fare un esempio), presentando un cospicuo numero di iterazioni presenti su molte piattaforme, tra cui ben quattro giochi mobile. Il novello Sakura Wars approdato su PS4 arriva dopo ben quindici dall’ultimo capitolo principale, l’apprezzato – ma sfortunatissimo – Sakura Wars V: So Long, My Love, edito su PlayStation 2 e Wii, di conseguenza ci troviamo di fronte a una produzione con un bel peso sulle spalle, avendo il compito di riportare in auge una serie così importante con un titolo che oscilla fra sequel e reboot. Il titolo esce insospettabilmente dal suolo giapponese arrivando sui nostri scaffali con un ritardo neanche troppo marcato – meno di cinque mesi – ribadendo forse il fatto di voler davvero abbracciare il suo pubblico vecchio e nuovo con ritrovata determinazione. Una consegna assolutamente ardua da rispettare e una scommessa che, come vedremo, presenta qualche azzardo.
Ucronia
Tokyo, 1940. Circa vent’anni dopo i fatti accaduti nell’ultimo e lontanissimo Sakura Wars V: So Long My, Love, ci ritroviamo nei panni di Seijiro Kamiyama un giovane – giovanissimo – capitano della Marina, ricollocato dall’organizzazione WLOF nella capitale nipponica con il compito di guidare le giovani leve della celeberrima Divisione Floreale, squadra di combattimento a bordo di mech che nell’ultimo decennio ha perso quell’eccellenza che l’ha resa tanto famosa e rispettata. Base della divisione è il Teatro Imperiale, che funge non solo da ottima copertura per ospitare gli agenti segreti che ne ingrossano le fila (che infatti si mostrano al mondo come semplici attrici o addetti ai lavori) ma anche per rallegrare gli animi e allietare il morale dei cittadini di Tokyo. Ahinoi, anche sul fronte teatrale mala tempora currunt: il Teatro Imperiale è quasi in bancarotta e le performance delle protagoniste riescono a guadagnare solo insulti e risate di scherno. La missione di Kamiyama è dunque duplice, dovendo addestrare non solo delle giovani truppe ma anche portarle al successo nel campo dell’arte drammatica.
E se dover far fronte a demoni meccanizzati e estenuanti lezioni di recitazione non fosse già abbastanza estenuante, ecco che si avvicinano sempre più i tanto chiacchierati World Games, che vedranno fronteggiarsi le divisioni di tutto il globo terracqueo in una sorta di gigantesco torneo a bordo di robottoni. Ecco dunque un terzo compito assai ostico per Kamiyama: vincere la competizione. Sakura Wars mette insomma sul fuoco molto carne a un primo sguardo, il tutto condito da un setting ispirato e intrigante, (ri)presentando un mondo alternativo a base steampunk, con tanto di mecha da combattimento, ambientato nella prima metà del ‘900. Le basi di partenza risultano semplici e modeste, ma allo stesso tempo forti e ben delineate, scivolando però su alcune leggerezze.
Supercalifragilistichespiralimecha
La formula canonica della serie ha sempre visto un alternarsi di sessioni di combattimento a fasi da visual novel e dating sim, sbilanciandosi fortemente su queste ultime. La “tradizione” viene rispettata anche in questo capitolo: ecco dunque che torna il Live & Interactive Picture System (o LIPS) che in sostanza consiste nel dover scegliere nel più veloce tempo possibile la risposta più idonea durante dialoghi ed eventi di gioco, cambiando radicalmente l’incedere della storia a seconda delle nostre scelte, potendone variare perfino l’epilogo. Questo sistema risulta di cruciale importanza e permea l’intera struttura ludica del titolo, tanto che – in maniera non dissimile da Persona – i legami costruiti con le fanciulle intorno a noi ne vanno a determinare l’efficacia in combattimento, oltre che a riflettersi nei rapporti quotidiani spesi al di fuori delle combat suite. Sfortunatamente non si rivela un meccanismo molto approfondito, negli innumerevoli dialoghi di Sakura Wars avremo sempre un massimo di tre scelte e le risposte più ovvie sono anche quelle corrette, il che smorza un po’ la scelta del giocatore. Inoltre, sebbene sia doveroso notare alcuni momenti di buona scrittura, divertenti e a volte spassosi – e qui si vede come il gioco cerchi di non prendersi troppo sul serio – la narrazione e il canovaccio principale risultino abbastanza piatti, pur mostrando di tanto in tanto alcuni apprezzabili guizzi.
Una volta indossate le uniformi e saliti a bordo dei nostri potenti Spiricle Striker Mugen (i mech d’assalto) inizia la vera azione, mostrando una delle novità più importanti del franchise. Salutiamo dunque i combattimenti tattici a turni a cui eravamo stati abituati e diamo il benvenuto a un sistema decisamente più frenetico e di stampo action. La formula adottata da SEGA ci permette di muoverci liberamente sul campo di battaglia sfruttando le peculiarità di tutti i diversi mech schierati in campo, potendo passare dall’uno all’altro con le semplice pressione di un tasto e affrontando numerose orde di nemici in un approccio che si avvicina molto simile a quello musou. Colpi leggeri e pesanti si alternano in un sistema di combo semplicistico e senza fronzoli, che pur non brillando per profondità funziona, sebbene si abbia comunque la sensazione che si poteva – e probabilmente doveva – fare qualcosa in più. Ciò nonostante, quasi tutti i mecha differiscono bene gli uni dagli altri, tra quelli più veloci e aggraziati a quelli più lenti e devastanti, alcuni dediti al combattimento ravvicinato mentre altri votati a quello dalla distanza. Si crea un mix funzionale ma anche molto leggero, non che questo sia necessariamente un male, soprattutto considerato il fatto che il tempo passato a bordo delle macchine da guerra è estremamente ridotto. Le fasi degli scontri sono decisamente diluite nel corso dell’avventura, rimarcando la volontà di SEGA nel volerle regalare a un compito secondario nell’equilibrio di Sakura Wars.
Tocca citare nuovamente Persona, ma si può tirare pure in ballo Yakuza, per sottolineare come un titolo, che vuole rendere fulcro dell’esperienza la componente della scrittura debba riuscire imprescindibilmente a rendere la stessa scorrevole e brillante. Purtroppo Sakura Wars risulta davvero troppo prolisso. Inoltre, i titoli sopracitati, pur sfidando il giocatori con lunghissime sessioni di “lettura”, bilanciano al meglio l’equilibrio elargendo lunghe e complesse sessioni dedicate esclusivamente ai combattimenti mentre in questo caso si può detonare una sfrontata ostinazione nel voler lasciare il grosso del lavoro alla scrittura, che non riesce sempre a sostenere il peso di questa enorme responsabilità nel corso delle trenta ore che ci vengono proposte. Complessivamente si presenta una formula ludica non perfettamente centrata ma comunque valida, a patto che si sia pronti a un’esperienza leggera, verbosa e ricca di cliché.
No Waifu no Laifu
Guardando trailer e immagini di Sakura Wars è facile pensare che tutto l’intreccio narrativo, robottoni compresi, sia una mera scusa per porre il fortunato protagonista all’interno di un ambiente tutto al femminile, nella più classica delle situazione di harem giapponese. In effetti, è proprio così. Non che sia un difetto, intendiamoci, la produzione non cerca di nascondersi dietro un dito e anzi da subito scopre le sue carte, rimanendo per altro fedele alla tradizione del brand, circondandoci di avvenenti fanciulle che ricalcano gli stilemi costruiti in decenni di anime e manga. Essendo Kamiyama a capo della divisione, il giocatore ha modo di intrattenersi con il cast femminile, relazionandosi con le ragazze, potendo anche sbloccare speciali eventi tete-a-tete, in cui entrare più in’intimità con le protagoniste, creando sotto-trame romantiche che si rivelano determinanti per la nostra avventura. Sakura, Hatsuo, Claris e le altre si presentano come personaggi ben caratterizzati ma fortemente legati ai propri stereotipi e dunque non troppo sfaccettati. Detto questo, il gioco si impone di soddisfare tutti i “palati” dei vari giocatori e riesce nell’intento, riponendo il suo successo nella forza del cast.
Polvere di Zombi
Il processo di “riesumazione” del brand passa anche per il lato artistico: abbandonato il vecchio character design ecco che SEGA si avvale del talento dell’autore di Bleach, Tite Kubo. Il mangaka ci ha abituato a storie di qualità altalenante ma a delle caratterizzazioni di personaggi sempre molto curate, è dunque un po’ deludente notare come in Sakura Wars il suo tocco, pur riconoscibilissimo, non risulti troppo ispirato. Oltre a notare vistose somiglianze – che però possiamo vedere come omaggi – ad alcuni suoi vecchi personaggi, si nota forse una scarsa libertà creativa concessagli dal team di sviluppo ma comunque il suo tratto non riesce a impattare come dovrebbe, pur saltando subito all’occhio e creando dunque forti contrasti con i personaggi non disegnati da Kubo.
Tecnicamente il titolo si mostra abbastanza valido, con un buon colpo d’occhio e una lodevole pulizia di fondo, contrapponendosi ad ambienti squadrati e non ricchissimi di dettagli. La cura dei modelli poligonali si vede, soprattutto per quanto riguarda mech nemici e alleati e l’esubero di effetti speciali arricchisce ottimamente i combattimenti. La colonna sonora accompagna facendo il suo lavoro ma non riesce ad avere il mordente necessario per continuare a ronzare in testa una volta spenta la console, molto buono il doppiaggio giapponese anche se purtroppo non presente in tutti i dialoghi, altra prova che forse ve ne siano un po’ troppi, e che ci costringe a guardare i personaggi boccheggiare come pesci smarriti in un acquario.
Rompere le righe
Se Sakura Wars avesse dosato meglio i suoi equilibri e approfondito, neanche di troppo, scrittura e combattimenti ci troveremo di fronte a un titolo eccellente. Purtroppo, i “se” contano molto poco e dunque questa affermazione può ricordare molto la scolastica stoccata “è intelligente ma non si applica”. In realtà Sakura Wars è una degna ripartenza del brand, che incresciosamente tira il freno a mano sotto vari aspetti e non riesce a centrare completamente il bersaglio. Ci troviamo di fronte a un prodotto che farà la felicità degli appassionati ma che difficilmente conquisterà nuovo pubblico. Le basi per creare una formula vincente ci sono tutte e certo non è da condannare la voglia di creare un titolo leggero e spensierato, anzi, ma è bene notare come la voglia di semplicità scivoli a volte in un quadro poco accattivante, non riuscendo a sfruttare pienamente i suoi indubbi pregi. Sakura Wars resta dunque in un limbo, dimostrandosi un titolo valido ma forse privo della forza necessaria che lo avrebbe posto al di sotto delle luci della ribalta.