All’inizio degli anni ’90, le Tartarughe Ninja spopolavano in televisione raccogliendo consensi sia tra il pubblico dei più piccoli che quello dei più grandi. Nello stesso periodo, prendendo ispirazione dal successo della serie animata dedicata alle quattro creature mutanti, Rare dava vita a Battletoads, un eccellente beat ‘em up che trovava il successo prima su NES e, nel corso degli anni successivi, su altre piattaforme. Dopo un paio di seguiti più o meno riusciti e un tentativo fallito di riportare in vita la saga nel 2011 (su Game Boy Advance), i tre rospi sono rimasti con le mani in mano per 26 anni. Fino ad oggi.
I rospi tornano in battaglia
L’atletico Rash, il velocissimo Zitz e il forzuto Pimple sono i Battletoads, tre rospi antropomorfi chiamati, stavolta, a combattere la minaccia dei Topiani in un frenetico picchiaduro a scorrimento… o almeno è quello che sembra nei primi minuti di gioco. Già perchè i Dlala Studios, responsabili dell’opera sotto la supervisione di Rare, non si limitano a rimanere nel loro campo di competenza e presentano agli occhi del giocatore qualcosa di inaspettato. Dopo qualche canonico livello da beat ‘em up infatti, il gameplay sembra non prendere una strada ben precisa ma esplora, proseguendo con l’avventura, i generi più disparati. Dal menare le mani si passa infatti a scenari da videogioco di corse arcade con ostacoli da evitare (un po’ come in Outrun o Road Rash), proseguendo poi con livelli platform per finire addirittura in ostici bullet hell, il tutto farcito con alcuni puzzle qua e là, quick time event e originali boss fight. Dopo alcune ore di gioco è evidente l’intento degli sviluppatori di accompagnare i giocatori verso un piccolo viaggio attraverso alcuni dei generi più popolari durante i primi anni ’90, riprendendo quella commistione degli stessi che aveva già caratterizzato gli episodi originali del franchise. La scelta di non rimanere ancorati al solo picchiaduro è coraggiosa, con il forte rischio di mettere insieme un prodotto troppo scollato e frammentato nei pezzi che lo compongono, ma è una sfida che i Dlala superano più che dignitosamente, con un gioco che riesce a rimanere coerente nelle sue intenzioni pur saltando da un genere all’altro e, a parte qualche sbavatura negli scenari platform, a mantenere molto alto il livello di sfida, uno dei marchi di fabbrica della serie.
Facciamo progressi
Riportare in vita una saga come Battletoads richiede consapevolezza. La stessa che hanno i tre protagonisti di essere rimasti chiusi nel dimenticatoio per quasi un trentennio, con un mondo che è cambiato e i videogiochi con esso. Riproporre nel 2020 qualcosa che ormai è praticamente sparito dai radar dei giocatori è sfida ardua, soprattutto se si vuole evitare di finire con il “sapere di vecchio”. Il team di sviluppo riesce però a riprendere piuttosto fedelmente l’anima delle opere originali e ad evolverla in qualcosa di più fresco: le fasi beat ‘em up su tutte sono frenetiche, variegate e nel complesso divertenti, affrontabili con un sistema di “Tag” che permette di alternarsi nell’utilizzo di uno dei tre rospi, ognuno con il suo stile di combattimento e le sue originali combo. Una scelta che fornisce dinamismo al gameplay e si mette anche al servizio di un’eventuale partita in multiplayer, supportato fino a tre giocatori. Il lavoro di svecchiamento è accompagnato anche dal comparto tecnico, con il passaggio ad una grafica cartoonesca totalmente realizzata a mano, che porta in scena con stile eccellente sia i protagonisti che i vari nemici che si alternano durante i differenti scenari. Anche questi ultimi godono di una pregevole fattura e risultano nel complesso artisticamente ispirati e funzionali per il gameplay. Una nota di merito va inoltre al bilanciamento della difficoltà: come detto in precedenza, questo Battletoads rispetta la nomea dei suoi predecessori e offre una sfida ostica al giocatore già a difficoltà standard, esattamente come succedeva tanti anni fa su NES e Sega Mega Drive. Non dimentica, però, di aggiungere qualche accortezza per i meno pazienti giocatori odierni, come ad esempio la possibilità di attivare l’invincibilità a seguito di una serie piuttosto lunga di Game Over. Una funzione da ignorare per i puristi, ma che probabilmente risparmia ai meno abili l’acquisto di un calendario (non compreso nel Game Pass) da utilizzare per le imprecazioni più colorite.
A quando la seconda stagione?
Battletoads torna quindi sul palcoscenico dopo tanti anni, dietro la regia di Rare e Dlala Studios, con un’operazione rischiosa e ad alta probabilità di fallimento. Il risultato però è un titolo davvero sorprendente, che riesce a conservare intatto lo spirito che permeava il franchise ormai tre decenni fa e lo riporta ai giorni d’oggi in veste più moderna e accattivante. Il gioco è letteralmente un’opera a cavallo tra due epoche, che si pone come un piacevole revival per i giocatori di vecchia data e come l’opportunità di un più digeribile salto indietro nel tempo per i più giovani. Battletoads ha l’ambizione di fare tante cose e riesce bene praticamente in tutte, compresa l’ottima caratterizzazione dei personaggi che dona alla produzione il giusto tono irriverente e scanzonato. Peccato solo per un eccessivo uso di mini-giochi, distribuiti durante il corso dell’avventura, che a volte finiscono con il dilungarsi più del dovuto, portando via al giocatore qualche minuto di troppo. Niente di compromettente per quello che in conclusione è un reboot divertente e assolutamente ben realizzato che merita una prova anche solo grazie alla presenza nel catalogo Xbox Game Pass e al prezzo contenuto a cui viene proposto. Una piacevole sorpresa che pone ottime premesse per eventuali capitoli futuri, in cui magari esplorare nuove strade e correggere un po’ il tiro sui piccoli e fisiologici errori dettati dall’inesperienza.