Dopo oltre un decennio di prezzi sostanzialmente invariati, la nuova generazione di console ha portato anche una sgradita novità. I prezzi dei giochi tripla A sono aumentati dai tradizionali 60€ a 70€. Secondo un analisi condotta da NPD Games però, questo non influenzerà le vendite.
A condurre la ricerca è stato Mat Piscatella, analista per NPD che ha spiegato i risultati da lui ottenuti durante una puntata del Virtual Economy Podcast.
“I prezzi dei videogiochi sono fermi dal 2005, da quando Call of Duty 2 uscì per Xbox 360 a 59,99$ raggiungendo quel prezzo per la prima volta. Molti hanno ipotizzato che questo aumento sia stato implementato per coprire maggiori costi di produzione o per bilanciare l’inflazione, ma questi argomenti non stanno in piedi. La verità è che le aziende si sono accorte che un aumento di 10$ non farà la differenza, e chi vuole comprare un gioco tripla A lo pagherà.”
Piscatella sostiene quindi sia una semplice questione di domanda e offerta. I giocatori vogliono videogiochi di nuova generazione, con cui utilizzare le potenzialità delle loro nuove console. Per questo non faranno attenzione ad un lieve aumento di prezzo, vista anche la non vastissima offerta.
Questa teoria va in diretto contrasto con quello che ha affermato Jim Ryan, portavoce di Sony Interactive Entertainment che a giugno infatti aveva avvisato di un possibile aumento di prezzo dei videogiochi. La causa era secondo Sony da imputare ad un aumento del costo del lavoro e delle tecnologie impiegate per creare giochi così performanti.
Meno delicato era stato Phil Spencer, vicepresidente esecutivo della sezione gaming di Microsoft, che aveva sottolineato che l’industria videoludica può assegnare ai propri prodotti i prezzi che vuole. Saranno poi i giocatori a decidere se esso sia adeguato o no.
Piscatella dà ragione a Spencer. L’analista ha infatti sottolineato come l’unico modo per vedere i prezzi tornare a 60$ sarà un picco al ribasso della vendite, che lui vede però come improbabile.