Sebbene negli anni Supergiant Games ci abbia abituato fin troppo bene ad indie di qualità indiscussa come Bastion e Transistor, con Hades il piccolo studio californiano ha voluto questa volta cimentarsi in un genere di cui il mercato indipendente è spesso saturo, il roguelike. Come se ciò non bastasse, questa tipologia di gioco vanta dei veri e propri colossi al suo interno come Dead Cells, Crypt of the Necrodancer e Spelunky, che hanno nel corso del tempo alzato di molto l’asticella su come deve essere confezionato un roguelike con i fiocchi, tracciando una vera e propria linea di confine fra la miriade di titoli che si perdono nella massa e le poche gemme che invece vi riescono a distinguersi.
In questa impresa degna di un eroe dell’Olimpo si erge dunque Hades, che rispecchiando in pieno l’anima di Supergiant, mescola sapientemente una narrazione ed uno stile unici e magnetici, con un gameplay hardcore ma allo stesso tempo estremamente divertente, capace di catturare sempre di più il giocatore run dopo run, in un vortice di quasi dipendenza.
Una trama tutta da scoprire
L’intreccio di Hades, per quanto possa sembrare un po’ semplicistico e molto diretto all’inizio, si rivela nel corso delle run una vera e propria trama ben scritta e congegnata, con tutte le sfaccettature del caso. Il nostro protagonista è Zagreus, principe dell’Oltretomba e figlio di Ade in persona, che stanco di vivere nel regno dei morti, decide di fuggire dalla casa paterna e di attraversare l’aldilà per raggiungere i propri parenti sul monte Olimpo. Detta così la storia pare dunque essere davvero un semplice pretesto per giustificare i dungeon che Zagreus va ad affrontare durante la sua ascesa dall’ade, tuttavia dialogo dopo dialogo, ci accorgeremo di come la vicenda non sia così semplice come appare a prima vista. Il principe infatti non conosce tutta la verità, così come il giocatore stesso, e ogni passo che compiremo insieme a Zagreus verso la superficie andrà a svelare dettagli sempre nuovi ed inaspettati riguardo la vita ed il passato di quest’ultimo, completando man mano un puzzle sempre più complesso ed articolato.
Ogni singolo personaggio dopo ogni singolo tentativo di fuga avrà dialoghi sempre diversi ed unici, e l’atteggiamento dei residenti dell’ade verso il principe cambierà in continuazione col procedere nella storia, facendo percepire al giocatore uno spessore di questi ultimi difficilmente raggiunto anche nei Tripla A più blasonati. La cura nei dettagli è maniacale, e se a ciò si aggiunge il fatto che tutte le linee di dialogo sono doppiate (in inglese), si rimane quasi esterrefatti di come Hades riesca in modo così convincente a far immergere completamente il giocatore in mezzo a questi personaggi della mitologia greca, ognuno delineato da una personalità forte ed estremamente sfaccettata.
Un gameplay mai banale
Se l’intreccio e la scrittura dei personaggi raggiungono dunque un livello eccelso, lo stesso si può dire del gameplay di Hades, che funge da solido collante a tutto il progetto. Come per la trama, a prima vista anche la struttura di gameplay presenta elementi molto basilari. All’inizio della run si sceglie una fra sei armi diverse con la quale è possibile effettuare un attacco base ed uno speciale, mentre il resto dei comandi si limita ad uno scatto di Zagreus e ad un attacco a distanza. Ogni arma tuttavia, oltre a cambiare radicalmente il modo in cui il principe si approccia al combattimento – ad esempio l’arco Coronacht richiede di mantenere una certa distanza, lo scudo Aegis invece consente un attacco di sfondamento, e così via – ha a disposizione ben tre configurazioni diverse, che trasformano sia visivamente che a livello di gameplay lo strumento, aggiungendo mutevolezza e profondità agli scontri.
La variabilità tuttavia è appena iniziata, poiché in pieno stile roguelike, al completamento di ogni stanza il gioco ci mette davanti a dei bivi da scegliere, che porteranno in ogni run ad ottenere il favore di questo o quell’altro dio dell’Olimpo, che oltre a fornire dei bonus alle statistiche, vanno ad aggiungere anche degli effetti secondari agli attacchi in questione. Ad esempio i doni della dea Atena aggiungono degli effetti respingenti alle mosse, consentendo di parare i proiettili invece di schivarli, Afrodite dall’altra parte può invece ammaliare i nemici, indebolendo i danni che infliggono, Dioniso infligge danni nel tempo tramite la Sbornia, Zeus elettrifica gli attacchi, e via discorrendo. Procedendo attraverso le stanze si viene così a creare una vera e propria build, mixando e sperimentando con combinazioni sempre diverse e virtualmente infinite, che spingono ancora di più ad iniziare nuove run per trovare magari quella combo mai vista prima in grado di rivoltare radicalmente il modo in cui viene usata una determinata arma.
Dulcis in fundo, senza voler spoilerare nulla sul perché, vi basti sapere che una volta arrivati in fondo alla prima fuga verrà sbloccato il cosiddetto Patto della Pena, che facendo leva sullo spirito dei giocatori più hardcore ed incalliti, aggiungerà restrizioni aggiuntive alle successive run, in cambio ovviamente di ricompense più ghiotte a seconda del numero di penalità scelte prima della partenza.
Stile e personalità
Sebbene si tratti di un action isometrico con grafica disegnata, e dunque non ci troviamo davanti al comparto tecnico dei più moderni blockbuster, la direzione artistica di Jen Zee e le coinvolgenti musiche di Darren Korb riescono a rendere Hades una gioia anche per gli occhi e le orecchie, oltre che per il pad. Gli scenari sono coloratissimi e particolareggiati, con un’atmosfera che varia in maniera radicale dai roventi vulcani dell’Asfodelo alla pace dei sensi offerta dai Campi Elisi, passando ovviamente per la gelida prigione che è il Tartaro. Tutti i background sono completamente realizzati a mano, rendendo ancora più strabiliante la cura e l’amore che Supergiant ha messo in questo progetto. Le animazioni, così come gli attacchi dei nemici, sono sempre chiare e pulite per quanto riguarda hitbox e portata, consentendo di muoversi con precisione chirurgica anche nelle situazioni più caotiche e coincise, lasciando il destino di Zagreus completamente all’abilità del giocatore.
Al di là di tutte le caratteristiche e sfaccettature che compongono questo piccolo gioiellino che è Hades, mi sento infine di aggiungere una nota ancora più personale al termine di questa recensione. Questo titolo mi ha infatti riportato alla mente una delle colonne più importanti di questo medium, che spesso e volentieri viene anche trascurata in quelle che sono le impressioni della stampa o le discussioni online e non sui prodotti di questo mercato. Era davvero da tempo infatti che non mi divertivo così genuinamente a giocare ad un videogioco per il mero gusto di farlo.
Il divertimento puro che provoca superare le varie sfide proposte in Hades – mai banali, mai scontate e mai frustranti – riesce quasi ad assuefare il giocatore, ed è per questo motivo che mi sento di consigliare davvero caldamente a tutti i possessori di PC o di Nintendo Switch di dare una possibilità a questo progetto, che è nato come un piccolo indie, ma che (e la metafora qui ci sta tutta) è destinato senza ombra di dubbio ad entrare nell’Olimpo assoluto del genere, diventando una pietra miliare ed un cult assoluto a cui guardare anche in futuro con ammirazione e rispetto.