Ad ottobre ci sono tre cose che, per la gente comune, ormai sono assicurate:
- il cambio di stagione
- l’arrivo di una festa (per alcuni superflua) come Halloween
- Un nuovo episodio di The Dark Pictures Anthology: House of Ashes, serie di videogiochi horror.
Da un paio di anni a questa parte i ragazzi dello studio inglese di Supermassive Games sono impegnati a sviluppare nuovi tasselli da aggiungere all’antologia di videogiochi dalle tinte horror distribuite dal colosso nipponico di Bandai Namco.
Ogni anno l’attesa per scoprire le nuove dinamiche della storia si fanno sempre più interessanti ma la sensazione, mettendo mano al pad, è quella di non provare più la stessa paura che il titolo avrebbe voluto indurre sin dai precedenti capitoli ma, al contrario, un leggero senso di deja-vù.
Chi vi scrive, infatti, è dal terzo anno di seguito che segue le imprese dei poveri malcapitati e penso che questa antologia comunque, nella sua tensione, può regalare diversi spunti di riflessione interessanti. Intanto, una delle differenze principali di questo episodio, che lo differenzia dai due precedenti, è la timeline decisamente più moderna e per certi versi anche cupa. Ma non perdiamoci in chiacchiere e scopriamo cosa ha da dirci il terzo capitolo di The Dark Pictures Anthology: House of Ashes, seguito di Man of Medan e Little Hope.
Le vicende di questo episodio si svolgono in Iraq nel 2003 e vedono coinvolti dei soldati americani impegnati in una particolare missione di ricerca. In questa spedizione vediamo in azione un plotone americano, con il tenente Eric King e l’agente della CIA Rachel impegnati nella ricerca di un possibile nascondiglio in cui Saddam Hussein potrebbe aver nascosto delle armi di distruzione di massa. Tuttavia la missione non riesce e, per un motivo ignoto, il terreno della spedizione dove i soldati americani si vanno ad imbattere, insieme ad un contro-plotone di soldati iracheni, si rivelerà in realtà più ostico di quanto pensassero dato che, sotto quelle terre, è presente un antico monumento sumero che sembra nascondere delle insidie più pericolose delle stesse armi di distruzioni di massa ricercate.
Come nei precedenti capitoli, il titolo da un’importante risonanza allo sviluppo della trama: ogni singola scelta, effettuata dal giocatore, è fondamentale per il progresso del gioco. Non conoscerete nell’immediato se ciò che selezionate è una scelta corretta o sbagliata, ma potreste trovare durante il gioco delle lastre di pietra premonitrici che rivelano, per pochi secondi, delle scene che poi vedrete in game in futuro. Trattandosi della terza esperienza che ho con questo tipo di titoli, per rendere la situazione più accattivante e decisamente più intrigante rispetto alle due precedenti esperienze, ho deciso di provare il videogioco con la difficoltà più alta che c’era: la “Letale”. Sappiate che scegliendo quest’ultima, ciò in cui vi imbattete è davvero un’esperienza “infernale”. Ma non nel senso negativo. Mi spiego meglio: l’antologia di Dark Pictures Anthology si basa non solo sullo storytelling, e quindi nei rapporti che si sviluppano tra i diversi personaggi, ma anche da alcuni eventi che possono incidere positivamente o negativamente in base al tempismo che il giocatore ha nel superare delle prove basate su degli appositi quick-time event.
Con la difficoltà “Letale“, i quick-time event (che possono avere una durata di circa 20/30 secondi) mettono a dura prova i vostri pollici e la vostra salute mentale in quanto è molto complicato superare determinate prove poichè esse si basano più sulla vostra resistenza (fisica) nel premere velocemente, e per più volte, un particolare tasto piuttosto che sull’impiego di effettive skill. Ricordatevi che in base a ciò dipenderà il destino dei vostri poveri personaggi. Dunque siate prudenti e fate attenzione. Se invece non gradite questo tipo di approccio e volete una sfida più “soft” sono presenti altre due difficoltà, “Agevole” e “Impegnativo”.
Se non siete grandi amanti del genere horror, e volete magari “condividere” questa esperienza con più persone, The Dark Pictures Anthology: House of Ashes mette a disposizione (come nei precedenti episodi) una modalità intitolata “Non giocare solo” che permette di provare il titolo sia in locale (passandosi il pad nel momento degli intermezzi di un determinato personaggio) che online.
Il curatore, figura che nei precedenti capitoli fa da voce narrante e introduce, prima di addentrarci nello specifico, le rispettive storyline è presente anche in questo episodio, tuttavia la sua figura risulta meno invadente se paragonata agli altri due episodi. Non perde comunque il vizio di commentare (e talvolta suggerire eventuali soluzioni) gli eventi in cui, tragicamente, siamo coinvolti.
Ad inizio recensione accennavo ad un senso di deja-vù ricorrente, sappiate che non è per forza un male, anzi, per chi non è novizio con questa antologia le meccaniche di gioco risultano immediatamente familiari. Inoltre, dei miglioramenti sono stati effettivamente implementati: le telecamere con le visuali fisse (che però non sempre reagiranno in modo perfetto), per esempio, sono sostituite da una telecamera libera a 360 gradi che rende più coinvolgente l’esplorazione, oltre all’introduzione di un apposito comando per gestire meglio la luce delle torcie nei frangenti oscuri, che consentono di scoprire eventuali zone e/o oggetti segreti.
The Dark Pictures Antholgy: House of Ashes è un capitolo che prende ispirazione (almeno nell’ambientazione, modificandone ovviamente alcune cose) sia da episodi, tristemente già avvenuti nella nostra storia che da altre fonti. Sono presenti infatti alcuni tributi (che purtroppo, per motivi di possibili spoiler non vi possiamo rivelare, ma confidiamo nella vostra buona fede nel ricercarli e trovarli) a personaggi horror molto popolari e di diversi medium. I più attenti osservatori possono trovare anche riferimenti a uno scritto di H.P. Lovecraft. House of Ashes è disponibile anche per le console di nuova generazione, PlayStation 5 e Xbox Series X, per le quali, al contrario delle versioni delle precedenti generazioni (PS4 e Xbox One), sono stati implementati dei palesi miglioramenti grafici come la risoluzione 4K nativa, i riflessi in ray-tracing, tempi di caricamento decisamente più veloci e texture con una risoluzione maggiore.
Siamo dunque giunti alla conclusione di questa recensione, i ragazzi di Supermassive Games con questo capitolo si sono addentrati in un’altra tipologia di horror preferendo tentare la carta della sorpresa, passando quindi da un approccio più psicologico ad uno in cui le fasi action sono più predominanti e prendono il sopravvento sulla paura. Onestamente, tra i tre capitoli provati, The Dark Pictures Anthology: House of Ashes è quello che ha saputo, a livello di ritmo (ma non di tensione), coinvolgermi maggiormente. Il gioco è disponibile in lingua italiana.