Chi segue da anni cinema e videogiochi e soprattutto chi, come scrive, è un fan di entrambi i mondi, lo sa bene: parlare di opere d’intrattenimento che si basano su una commistione dei due generi non è affatto facile. Non fosse altro perché, nel corso degli anni, siamo stati abituati a ritenere – non a torto – che i lungometraggi tratti da un qualsivoglia titolo non solo non fossero in grado di eguagliarlo completamente, ma che certe volte si riducessero a una maldestra riproposizione della fonte videoludica a cui si ispirano. Ed effettivamente, salvo qualche rara eccezione – vedasi Silent Hill del 2006, tanto per fare un esempio – basta pensare all’ultimo Resident Evil uscito nelle sale per accorgersi quanto sia facile avere ragione. Vien da sé, dunque, che apprendere della realizzazione di un film basato su una delle più famose esclusive Sony, all’epoca, lasciava spazio, oltre che all’hype, ad una serie di dubbi, paure ed incertezze più che lecite. Tuttavia, potremmo tranquillamente affermare che, con Uncharted, Ruben Fleischer sia riuscito a dissolvere buona parte di questi timori, anche se non tutti e, soprattutto, non senza qualche riserva.

Questa riproposizione cinematografica dell’universo di Uncharted intende porsi non come una rimodulazione di uno specifico capitolo della saga videoludica, bensì come un racconto delle origini. Il film dunque si propone di narrare una vicenda “inedita”, costruita e diluita, però, sulle basi dell’universo narrativo che tutti conosciamo: abbiamo un giovane Nathan Drake (Tom Holland) che, anni dopo essere stato separato dal suo fratello ladruncolo Sam, entra in contatto con un altrettanto giovane Victor Sullivan (Mark Wahlberg): questi, notando le sue capacità, gli propone di diventare soci in un’avventura alla ricerca dell’oro perduto di Magellano, nascosto dal suo equipaggio al ritorno da quella che ai più è nota come la prima circumnavigazione del mondo. I due, ovviamente, dovranno riuscire nell’impresa con l’aiuto di una vecchia – ma non qui – conoscenza, Chloe Frazer (Sophia Taylor Ali), mentre cercano di avere la meglio sul rampollo della famiglia che, secoli addietro, finanziò infruttuosamente proprio la spedizione di Magellano: Moncada (Antonio Banderas) e il suo braccio destro Braddock (Tati Gabrielle). Il tutto con la speranza, per il giovane ed inesperto Nate, di mettersi in contatto con il fratello di cui si sono perse le tracce da tempo.

Uncharted

Si tratta, a tutti gli effetti, del tipo di trama che ci si aspetterebbe da un capitolo della saga, e questo al regista bisogna riconoscerlo sin da subito: è stato perfettamente in grado di catturare l’essenza dei giochi e riproporla sul grande schermo. Troviamo un Tom Holland davvero in forma, capace di dare al suo Nathan Drake il carisma, la sagacia e l’arguzia che siamo stati abituati ad amare. Allo stesso modo, Wahlberg è a tutti gli effetti un Sully davvero credibile: la sua scaltrezza, il suo fare brusco e la sua bonaria bramosia sembrano essere stati presi direttamente dal cassetto del character designer di Uncharted: A Drake’s Fortune. Al tempo stesso, stupisce positivamente la capacità di Fleischer di delineare le basi di quell’affabile rapporto padre-figlio che caratterizza il duo Nate – Sully: ma ancor di più, è davvero piacevole vederlo delinearsi e svilupparsi pian piano dall’inizio della proiezione, come appunto ci si aspetterebbe da un film incentrato sul principio delle avventure dei nostri amati protagonisti. Menzione a parte merita il personaggio di Chloe Frazer: ho personalmente adorato l’interpretazione di Ali, perfettamente in sintonia con l’ambigua e affascinante ladra che abbiamo incontrato per la prima volta in Among Thieves.

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Tutta questa impalcatura è sorretta da una messinscena solida, d’intrattenimento  e convincente. Per tutta la durata del film la noia difficilmente farà capolino se non, forse, in specifici momenti di breve durata caratterizzati da scene scontate e/o telefonate. Eccezion fatta per queste piccole parentesi però, le quasi due ore di proiezione scorrono in maniera decisamente fluida e divertente, complice soprattutto un leitmotiv leggero ed ironico che contribuisce a ricordare più di una volta la fonte d’ispirazione del film. Tra esplorazioni in pericolosi anfratti, infiltrazioni in musei e chiese, e combattimenti al cardiopalma l’impressione è davvero quella di assistere non soltanto ad una lunghissima e frenetica cutscene di gioco – positivamente parlando – ma anche ad un rifacimento in chiave moderna e più leggera di classici del calibro del Codice Da Vinci, tanto per citarne uno. La regia di questo Uncharted si mostra sempre chiara e concisa, le scene d’azione risultano ben girate e, soprattutto, mai confusionarie. A questo si aggiunge una fotografia che, senza giri di parole, potremmo definire decisamente ispirata e funzionale, sicuramente in grado di restituire la bellezza di alcuni scorci esotici che è chiamata a riprodurre.

Uncharted

Parlando di ladri e tesori, è però purtroppo il caso di dirlo: non è tutto oro quel che luccica, e questo Uncharted non è certo esente da qualche sbavatura e imperfezione. Come anticipato inizialmente, Fleischer è sì riuscito a innestare la trama della proiezione sugli stessi binari seguiti dalla saga videoludica ma, se questo da un lato rappresenta sicuramente un elemento encomiabile, dall’altro si pone anche come un vero e proprio limite. Nonostante l’intreccio sia a tutti gli effetti una reinterpretazione dei capitoli Playstation e proprio per questo motivo godibile allo stesso modo, bisogna comunque tenere presente la mancanza di interattività. Quella che, sulla nostra console, siamo stati abituati a vivere come un’avventura decisamente memorabile si trasforma, in sala, in un’epopea sì entusiasmante, ma che forse avrebbe potuto dare di più. Altro punto che non convince appieno è la controparte antagonistica del film. Senza fare spoiler vi basti sapere che, nonostante sia rimasto positivamente colpito dall’interpretazione di Banderas, il suo Moncada finisce per essere abbastanza anonimo, e allo stesso modo la presenza dei personaggi secondari schierati dalla sua parte, quali Braddock, si riduce ad essere banale, scontata e piatta, non contribuendo di certo a migliorare la situazione. Se è vero che anche nei giochi della saga i nemici principali non brillavano certo tutti per originalità o carisma, avevano quantomeno un minimo di spessore che qui, purtroppo, sembra non pervenuto. Un vero peccato, specie se consideriamo le potenzialità di Tati Gabrielle, attrice di spicco in questi ultimi tempi ma che, per qualche motivo, in questa sede non risulta del tutto convincente.

Insomma, volendo tirare le somme, Uncharted è sicuramente un esperimento che, al netto dei timori iniziali, possiamo tranquillamente definire più che riuscito, anche se non al cento per cento. Ma non solo: nell’essere un film piacevole e godibile per tutti – fan e non – rappresenta soprattutto la prova che, quando gestito dalle professionalità adatte, il connubio tra cinema e videogiochi non solo è possibile, ma è anche appagante ed entusiasmante. Se questo capitolo ha sicuramente dalla sua evidenti potenzialità, l’augurio non può che essere quello di vederle espresse pienamente in un’eventuale seguito, specie considerando una delle ultime scene che lascia, in questo senso, ampie possibilità. Sic parvis magna, dunque: e speriamo che il motto di Sir Francis Drake valga anche per regia ed attori.