Metal Gear Solid V: The Phantom Pain… Credo che quasi ogni videogiocatore stesse aspettando come noi l’ultimo lavoro del gran maestro Hideo Kojima (“maestro” perchè, parliamoci chiaro, dopo 20 anni di successi nel mondo videoludico merita di essere definito tale) tanto discusso quanto travagliato, a causa degli ultimi trascorsi che ormai tutti conosciamo tra Konami e Kojima.
La storia si apre bene, con un prologo ai livelli di un capolavoro cinematografico candidato all’ oscar, ma tutto questo si perde in seguito, data la vastità (forse troppa) dell’ open world non proprio pieno di contenuti o luoghi che valga davvero la pena visitare, se non per la bellezza grafica dell’Afghanistan.
Graficamente il titolo è ottimo, con una densità di texture piuttosto dettagliata anche nelle versioni Xbox One e Ps4; la paesaggistica afgana è stata riprodotta abbastanza fedelmente, con ambientazioni desertiche dove non poche volte desidererete fermarvi un attimo ad ammirare il panorama dalla sella del vostro fidato D-horse. Esplosioni ed effetti visivi come polvere e fumo sono stati ricreati con cura; per quanto riguarda invece il comparto audio, è ben fatto ma non eccelle. Un discorso a parte va fatto per le colonne sonore, come sempre degne di nota, con brani da far venire i brividi già dal primo momento di gioco.
Le missioni non mancano di certo, ma poche tra quelle principali spiccano a livello di trama e colpi di scena; per quanto riguarda invece le secondarie, sono spesso simili tra di loro (salva ostaggio, distruzione mine e distruzione corazzati…). Punto a favore sono le svariate possibilità di scelta su come intraprenderle, dall’assalto più sfrenato a suon di mezzi corazzati, walker e bombardamenti aerei, allo stealth più fino, a colpi di CQC e tranquillanti, anche se l’IA dei nostri nemici molte volte ci ha lasciato a desiderare a tal punto, da permetterci di creare spesso ammassi di cadaveri solo attirandoli uno dopo l’altro in un’ unica posizione senza creare il minimo allarme. Interessante l’ idea di implementare cambi tattici, anche nel vestiario delle truppe nemiche in base allo stile di gioco che si utilizzerà durante le vostre operazioni, ad esempio, se troppo spesso cercherete di mettere fuori combattimento i vostri nemici facendo uso solo ed esclusivamente di colpi alla testa, allora a quel punto molto probabilmente vi ritroverete contro soldati più corazzati e con indosso un elmetto che non vi permetterà più di “headshottarli” istantaneamente. Avrete a disposizione un vasto assortimento di armi accessoriate e non, peccato però per la molto ridotta possibilità di customizzazione delle stesse, dal momento che si è costretti a scegliere tra modelli predefiniti e non modificabili.
I personaggi sono quasi tutti dotati di un buon carisma, come ad esempio quello che sarà poi l’antagonista del nostro caro Big Boss… Skullface. Come già dicevamo, tutto sembra partire bene: un buon prologo, nemici “misteriosi” che danno la caccia al nostro Boss, ma poi… PUFF! durante il gioco non vi troverete di fronte ad una vera e propria boss-battle (forse uno scontro può quasi essere definito tale) a differenza di tutti i vecchi titoli della serie. Per quanto riguarda il finale, invece, riesce sicuramente a dare qualche emozione, seppur moderatamente, data l’evidenza che sia rimasto incompleto durante lo sviluppo. In conclusione, Metal Gear Solid V The Phantom Pain è sicuramente un buon titolo che, in ogni caso, conclude in modo più che dignitoso la serie; peccato però che non si possa urlare al miracolo, come invece è quasi sempre accaduto con i suoi predecessori.
Seguirà prossimamente la recensione di Metal Gear Solid Online, intanto vi lascio con un trailer sull’ultima impresa del nostro caro Big Boss in un mix di ricordi e malinconia.