Ma vogliamo parlare di quanto sia diventato fastidioso e invasivo il mondo degli eSport per noi poveri e bistrattati giocatori amatoriali? Eh si, perché in un mercato in grado di concepire o assimilare il concetto di Pro Player la diretta conseguenza è che tutta l’utenza non ricadente in quest’ultima definizione rientrerebbe nella categoria di giocatori non professionisti: amatoriali dunque per l’appunto. Volessimo scomodare il vocabolario italiano scopriremmo che un sinonimo di “amatore” è anche “dilettante”. Come? Io sarei un giocatore dilettante? Premo pulsanti spasmodicamente di fronte a uno schermo da più di vent’anni; se c’è qualcosa in cui proprio non posso, neanche volendo, definirmi dilettante quello è sicuramente il videogiocare. Per questo motivo oggi è polemica.
Un videogiocatore amatoriale
Personalmente mi sono avvicinato al mondo dei titoli competitivi circa 10 anni fa. Correva l’anno 2010, frequentavo il liceo e avevo un sacco di tempo libero da perdere. Arrivai un giorno a casa con un bel PC nuovo di zecca e decisi di installare immediatamente il titolo più giocato in quel momento dai miei amici più stretti: S4 League; un TPS sviluppato in Corea e fortemente basato sull’utilizzo di un sistema di microtransazioni (molto più infami di quanto ci viene propinato oggi) in grado di rivestire un ruolo fondamentale ai fini del gameplay e delle prestazioni dei giocatori. Chi spendeva di più aveva l’equipaggiamento migliore per farla breve. In quello scenario i miei amici non pensavano ad altro se non alle guerre tra clan e posizioni nelle partite competitive, con conseguenti malumori e discussioni, che io sinceramente facevo fatica a comprendere. Io giocavo e mi divertivo. Perché mai dovrei rovinarmi la giornata per colpa di uno stupido videogioco? Ebbene, questa domanda me la feci anche qualche anno più tardi, dopo 400 ore di gioco spese su Overwatch. Dannata Blizzard.
Oggi, nel 2020, giocare a un titolo eSport non è solamente indice di essere delle persone competitive. Essere un Pro Player è Status Quo vero e proprio. I team più famosi di League of Legends hanno sponsor, tifosi e guadagni stellari proprio come le celebrità sportive delle discipline che oserei definire “classiche”. Cristiano Ronaldo spostati e lascia il posto a quel ragazzo cicciottello che è riuscito a entrare nelle fantasie più recondite e proibite delle sue fan a suon di pentakill. La rivincita dei nerd cavolo. Negli anni ’90 non ci saremmo mai neanche immaginati si potesse così sovvertire un trend chiaro per cui i videogiocatori venivano etichettati come reietti della società buoni solo per comparire in veste di hacker nei film statunitensi,dalla dubbia qualità, in onda la domenica pomeriggio su Italia Uno.
La Polemica
E allora perché lamentarsene?
Ma avete mai partecipato ad una partita competitiva?
Gente che si insulta, gente che si augura il cancro a vicenda, gente che grida, gracchia, gracida o rantola! Ma di che stiamo parlando?
Negli sport tradizionali ci si allena e, solitamente, si viene seguiti da un istruttore in grado di prepararci, oltre che a livello prettamente prestazionale, anche sul piano mentale. Poi è ovvio che non si possa fare un discorso generalizzato di entrambi i casi, però che diamine! Gli eSport lanciano bambini nella competizione in mezzo ad altri utenti incattiviti e dalla sete di rank up perenne. E non me ne voglia chi sostiene che i ragazzini andrebbero seguiti dai genitori perché semplicemente è un discorso che non regge. Vogliamo essere pratici? Un ragazzino non può esser posto sotto l’occhio vigile della mamma 24 ore al giorno. Se vuole giocare a Fortnite il modo LO TROVA con i mezzi a cui abbiamo accesso al giorno d’oggi. ‘Sta competizione ha rotto le palle.
Bello e divertente spararsi in faccia (si fa per dire) o gareggiare nell’ultimo circuito inserito dagli sviluppatori nel racing game che tira per la maggiore, ma la competizione NON È ADATTA A TUTTI. Certi videogiocatori non hanno il carattere adeguato per affacciarsi al mondo degli eSport. Non reggono. Il problema è che oggi la competizione è accessibile a chiunque abbia voglia di lanciare le proprie frustrazioni su un videogioco.
Qual è la soluzione? Non lo so; questa è solo la polemica di un videogiocatore amatoriale.
Io me ne torno ad annaffiare le zucche del mio orto su Animal Crossing.