Gli smartphone, oramai, si sono inseriti in qualsiasi ambito della vita delle persone, sostituendo di fatto una moltitudine di apparecchi oramai obsoleti, comprimendoli e facendoli tranquillamente entrare nella tasca della giacca del lavoratore medio che, in caso di chiamate, email, visualizzazione e firma di un contratto, gestione del conto in banca e chi più ne ha, più ne metta, si deve semplicemente limitare a prendere il suo telefono ed eseguire l’azione più opportuna, in modo semplice e veloce.

Ovviamente, oltre all’influenza in ambito lavorativo, lo smartphone va ad intaccare anche altri aspetti della vita quotidiana, magari più frivoli, come ad esempio il voler scattare una foto, girare un video o, semplicemente, passare un po’ di tempo su un videogioco. Prendendo in considerazione i primi esempi, quelli riguardo foto e video. Prima degli anni ’30 non vi era una regola ben definita riguardo il rateo dei video, che potevano essere realizzati un po’ come si voleva. Al seguito di un incontro tra i maggiori produttori del periodo, venne in seguito scelto il formato video orizzontale, e così fu, almeno fino agli inizi del 2010, periodo nel quali gli smartphone cominciarono a mietere consensi (e vendite) in modo sempre più elevato e con una velocità inarrestabile.

I video realizzati con tali dispositivi, per il 94% dei casi, sono registrati in maniera opposta a come, teoricamente, consiglierebbe la regola: tenendo il telefono in verticale perché, semplicemente, è normale tenerli in quel modo. Parte della colpa è da rivolgere pure all’app Snapchat, tra le più utilizzate al mondo per condividere temporaneamente video ed immagini con filtri od effetti simpatici, ma tutte rigorosamente in verticale tanto che la piattaforma richiede ai suoi partner (del calibro del National Geographic anche) solo video in verticale. Questa modifica va ad intaccare non solo la forma, l’estetica, ma anche il contenuto intrinseco del video, cosa che ad un prima occhiata distratta potrebbe non essere subito evidente. La prospettiva verticale rende meglio la personalità di un soggetto, con un bel primo piano sul volto da cui è possibile dedurre anche il linguaggio stesso del corpo ma, al contempo, il tutto è ridotto al singolo, in quanto chiaramente più complesso registrare gruppi di persone.

La mia prima esperienza nel mondo del mobile gaming: i dannattissimi Angry Birds.

Queste modifiche non stanno avvenendo solo in tali ambiti ma, come già detto, anche nel mondo del gaming. Oggi tanti, tantissimi utenti, all’annuncio di un nuovo gioco in arrivo, magari della propria serie preferita, realizzato da una software house presso cui si ripone fiducia, piuttosto che essere felici e festeggiare, tremano. Hanno paura perché, in un primissimo momento, magari non vengono comunicate molte informazioni sul gioco e, di conseguenza, l’incubo è sempre dietro l’angolo: la frase “il gioco sarà pubblicato su Android ed iOs” *tuoni in lontananza*.

Come già capitato, molte software house stanno spostando la loro attenzione su questo “nuovo” mercato, già esplorato da altre persone, magari nuovi sviluppatori, giovani ed intraprendenti, che sfruttano l’enorme bacino di utenza per proporre i loro progetti a basso costo ma ad alta resa economica. I vecchi giganti si muovono in maniera più lenta, più ragionata, ma si muovono, e prima o poi arrivano anche. È questo il caso, ad esempio, di Level 5, che ha già all’attivo diversi titoli per mobile tra cui anche uno spin off della serie Layton dedicato a Lady Layton. Oppure, dando un’occhiata proprio a pochi giorni fa, è il caso anche del nuovo Shin Megami Tensei. Tutti felici per l’arrivo di un nuovo titolo della serie. Arriva poi la fatidica frase: gioco mobile. Tutti in lacrime per l’occasione mancata. Perché spesso è questo che sono, semplici occasioni mancate. I produttori, trovandosi davanti alla possibilità di realizzare un titolo a bassissimo budget ma con un sicuro (e spesso enorme) ritorno economico, non ci pensano due volte. Non c’è da stupirsi, secondo le ultime stime, i gamer mobile sono oltre i 2 miliardi, con un valore economico superiore ai 100 miliardi di dollari. Di conseguenza, spesso si sacrificano le esperienze, i giochi ben realizzati e studiati a favore di titoli mordi e fuggi, magari con svariate transazioni pay-to-win, che occupano pochi minuti della giornata dell’utente. E ringraziamo anche di non vivere in Giappone, che in quel caso oltre all’incubo mobile è presente anche l’incubo pachinko!

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Un buon esempio di un buon titolo per smartphone. Peccato pesi tantissimo e surriscaldi praticamente qualsiasi dispositivo.

Nintendo, a suo modo, è riuscita a coniugare le due esperienze creando una console casalinga che possa anche diventare portatile (o viceversa) riuscendo quindi a proporre grandi esperienze videoludiche fruibili  però in qualsiasi contesto possibile, preferendo sacrificare piuttosto la classica portabilità e maneggevolezza di uno smartphone. Personalmente non credo che i giochi per telefoni sostituiranno in pieno il gaming “tradizionale”, prima di tutto per i vari limiti imposti dall’hardware (almeno momentanei) così come per quelli derivanti dai controlli: il touch screen non potrà mai essere al pari di un pad fisico e, utilizzando un pad bluetooth, si va comunque a sacrificare un minimo la portabilità e l’ergonomia del prodotto, quasi azzerando i benefici. Spero piuttosto che le software house continuino sì a realizzare titoli mobile, ma con l’obiettivo di finanziare e produrre opere di ben altro valore e spessore su ben altre console da gioco, siano essere Playstation, Xbox, Switch, PC o quant’altro.