Nel già affollato panorama dei rompicapo horror, irrompe Close to the Sun, e va a piazzarsi ai primi posti in assoluto per la potenza dell’ ambientazione. Il titolo degli italianissimi Storm in a Teacup è estremamente godibile, pur non essendo esente da difetti, e prima di analizzarlo ho ritenuto necessario soffermarci un attimo sulla filosofia di questa software house.Gli sviluppatori di Close to the Sun hanno come mission aziendale quella di NON diventare una multinazionale, guardando sempre all’utente finale dei loro prodotti come ad un amico più che un semplice pollo da spennare. Infatti affermano di voler mantenere piccolo il team di sviluppo e non troppo pretenzioso il tiro del progetto proprio per far sì che scadenze e tempistiche ristrette non vadano ad inficiare il risultato finale del gioco. Siamo ormai del resto abituati a vedere giochi tirati fuori in fretta e furia per mere questioni di marketing: non mi dilungherò oltre citando famose software house, non abbiamo bisogno di fare esempi.
Ho voluto soffermarmi nello spiegare lo stile dei creatori di Close to the Sun proprio per farvi avere una chiave di lettura adeguata: sarebbe stato dunque un grosso errore giudicarlo come un tripla A di qualche multinazionale dal portafoglio a mantice.
Immerso in una ambientazione che strizza l’occhio a titoli come Bioshock e The Ship, questo gioco fa della location il suo cavallo di battaglia, unitamente ad un comparto audio di tutto rispetto e degno di nota e ad una realizzazione tecnica sopra la media. Fanno la loro comparsa nella narrazione anche personaggi del calibro di Nikola Tesla, Albert Einstein ed affini. Il gioco è un’esclusiva Epic Store, ma ascoltate un povero gamer disagiato: vale senza dubbio la pena fare lo sforzo.
Il titolo Close to the Sun è un chiaro riferimento al mito di Icaro, ma non è al sole ed alla luce che vuole mirare questo gioco, bensì al pizzicare le corde più profonde della nostra paura. La tensione è palpabile e sempre presente durante tutta la durata del gioco, con un sapiente gioco di alti e bassi ed un mix di momenti al cardiopalmo ed altri molto lenti creati ad hoc per stressare il giocatore. È tutta una questione di equilibrio
L’ambientazione è fenomenale, e sebbene la varietà degli ambienti non sia maestosa riesce comunque a farci sentire sempre totalmente fuori luogo. Vivere tutta l’esperienza su una nave, per quanto spaziosa, dona una claustrofobia che tiene sempre sulle spine il giocatore: dove ci si può rifugiare? Le stanze, gli arredamenti e tutti i dettagli sembrano di chiara ispirazione Bioshockesca. Gli sviluppatori ci tengono a ricordare inoltre che il cuore del gioco si rifà a titoli quali Soma, Outlast e Firewatch, attingendo a piene mani da alcune delle loro meccaniche vincenti e sfruttandole sapientemente. L’unico appunto che mi sento in dovere di fare riguarda il sistema di movimento unito alla vastità degli ambienti: sicuramente sul fronte del game design si sarebbe potuto fare un piccolo sforzo in più, risulta infatti tediosa la ricerca di determinati oggetti necessari al proseguimento nel capitolo. Pecca grossa del sistema di movimento è infatti la sua eccessiva legnosità e lentezza, potreste infatti incappare in problemi se, come il sottoscritto, non avete memoria e dovete ripercorrere decine di volte gli stessi corridoi perdendovi per ritrovare l’indizio che vi era sfuggito. Non è divertente girare a vuoto.
A livello grafico il gioco si difende bene mostrando una palette cromatica particolarmente ispirata e caratterizzante, aiutata anche da effetti di luce e particellari molto ben realizzati, complice l’Unreal Engine che regge l’opera.
I rompicapi sono altresì ben congegnati, e sono in grado di tenervi impegnati il giusto, presentandosi come ben calibrati dall’inizio alla fine, eccezion fatta per uno di essi opzionale che vi porterà via un po’ di tempo… ma lungi da me il fornirvi qualsivoglia dettaglio relativo alla trama. In fin dei conti Close to the Sun è proprio questo: trama e sensazioni. Anche i non anglofoni possono comunque godere al 100% della storia grazie ad una traduzione perfetta dei sottotitoli. Unica nota dolente dei puzzle sembra essere l’eccessiva ripetitività di alcune task necessarie all’avanzamento, ma nulla di insopportabile, perciò non è a mio avviso una criticità esagerata. Il gioco scorre via liscio, articolato in 10 capitoli di lunghezza variabile e, a meno che non siate duri di comprendonio come il sottoscritto, riuscirete a completarlo in circa 8-9 ore di gioco.
Facendo un ultimo cenno al comparto sonoro, credetemi fatico enormemente a trovare parole per descriverlo se non WOW. Gran parte delle volte non mi sono accorto della colonna sonora se non fermandomi a fissare un muro per non distrarmi, come i fili d’oro nella trama del vestito di seta di un monarca si intreccia alla perfezione con quanto vivete a schermo, soprattutto durante i numerosi colpi di scena e jump scare.
Close to the Sun vuole essere un’esperienza fatta di storia e tensione, in quanto tale non mi azzardo a far altro che presentarvi il plot principale: degli scienziati si occupano di esperimenti sul continuum spazio temporale, ma qualcosa va storto. Basta, non estorcerete altre informazioni a riguardo da me. GIOCATELO.
Ah piccola N.d.R., per chi se lo stesse chiedendo si può morire ma il sistema di salvataggio automatico è molto ben fatto e non avrete particolari tendenze suicide quando succederà. Di rado, ma succederà, oh se succederà.