Dopo questa prima parte di 2019 a dir poco spettacolare per Capcom con titoli dal calibro di Devil May Cry 5 e Resident Evil 2 Remake, ecco arrivare un po’ d’amore da parte dell’azienda giapponese anche per Nintendo Switch, grazie alle remastered di Resident Evil, RE0 e RE4 sull’ibrida della grande N.

Un remastered del remake?!

A voler essere precisi e puntigliosi, quello uscito su Switch non è il primissimo Resident Evil datato 1996, ma il remastered del remake pubblicato su GameCube nel 2002, quando l’allora ammiraglia di Nintendo divenne la console da avere assolutamente per i fan di Resident Evil, visto e considerato che il quarto capitolo fu inizialmente progettato in esclusiva per la console cubica. Sarà dunque riuscita l’operazione di chiusura del cerchio, con questa “nuova” versione del primo capitolo per una console Nintendo?

Il capolavoro di Shinji Mikami non ha bisogno di presentazioni, sarebbe superfluo e anche quasi ridicolo fare una recensione del primo Resident Evil nel 2019. Stiamo parlando di un titolo che ha letteralmente fondato il genere del survival horror, divenendo una pietra miliare nella storia del videogioco, e che ha poi lanciato una delle saghe di più successo per Capcom stessa. Tuttavia vale la pena spendere due parole su questo gioiello per coloro che non hanno mai voluto, o potuto, approcciarsi al brand, vuoi perché troppo giovani o per qualsiasi altro motivo.

Un’atmosfera immortale

L’atmosfera che si respira nei lunghi corridoi stretti della magione Spencer è soffocante e claustrofobica, e l’inquadratura fissa, nonostante possa far storcere il naso all’inizio ai giocatori più giovani, è parte integrante del game design. La tensione che si vive non sapendo cosa o chi ci aspetterà dietro il prossimo angolo è una sensazione di paura che anche i videogiochi horror più moderni non riescono più a creare. Nonostante la grafica e gli engine sempre più avanzati, il vero terrore si cela sempre nell’ignoto, nell’insicurezza del non poter vedere.

Gli enigmi ben integrati col backtracking aumentano inoltre di molto la longevità, portandoci ad esplorare ogni angolo della villa e a notare ogni minimo dettaglio, il tutto con la costante pressione dell’ansia che qualcosa possa sbucare alle nostre spalle da un momento all’altro. Fortunatamente il sonoro è nostro alleato, e se l’inquadratura non permette di guardarsi intorno, ci pensa il sound design in 5.1 ad avvertirci dei pericoli nascosti, almeno nella maggior parte delle volte.

Un porting non senza difetti

Tuttavia questo porting di Resident Evil non è esente da difetti, anzi. Il titolo gira a 30 frames al secondo, e sebbene sia chiaro a tutti che Nintendo Switch non possiede l’hardware di PlayStation 4 e Xbox One, viene da chiedersi se sia davvero così difficile far girare un gioco del 2002 a 60fps anche sull’ibrida di Nintendo. Come se non bastasse, soprattutto nella parte finale del gioco si possono facilmente riscontrare cali di frame e tempi di caricamenti decisamente lunghi, che ripetiamo, per una remastered in HD di gioco del 2002 venduto a 30 Euro, non sono per niente accettabili.

Il problema più grande di questo Resident Evil è senza ombra di dubbio proprio questo, il rapporto qualità-prezzo che offre Capcom per un porting che probabilmente all’azienda è costato molto poco, ma che è venduto ad un prezzo decisamente alto rispetto anche a quello di qualsiasi altra piattaforma sul quale è stato rilasciato. Se a 30 euro fosse stato venduto il pacchetto di tutti e tre i RE, o di almeno i primi due, forse non ci sarebbe stato bisogno di andare a cercare il pelo nell’uovo nei cali di frame o nei tempi di caricamento. Ma se da un lato guardiamo al successo e alla qualità dei Tripla A che Capcom ha sfornato per le altre piattaforme negli ultimi mesi, e li confrontiamo con “l’operazione nostalgia Resident Evil” operata su Nintendo Switch, viene da chiedersi se veramente la volontà dello studio sia stata quella di riportare dei classici immortali anche sulla console ibrida in buona fede, oppure se il tutto sia una semplice mossa di marketing per racimolare qualche incasso facile.

Ne vale la pena?

Resta comunque il fatto che il primo Resident Evil anche in questa versione rimane quello che è sempre stato e che ha sempre rappresentato per tutte le generazioni che lo hanno approcciato: una perla indimenticabile, che oltre a dar vita ad uno dei generi più popolari nella storia del medium videoludico, lascia un segno indelebile in chi lo gioca, anche dopo 23 anni dalla sua prima uscita. Il vantaggio di poterlo giocare in modalità portatile inoltre non deve essere sottovalutato: si tratta di un valore aggiunto molto importante per il primo capitolo del brand, ed è anche per questo che non mi sento di sconsigliare l’acquisto di Resident Evil, un titolo immortale che vale la pena giocare almeno una volta nella vita, e che grazie ai porting su qualsiasi piattaforma è ormai facilmente recuperabile da qualsiasi giocatore. Se non l’avete mai provato prima, date una chance anche alla versione per Nintendo Switch, si tratta di un porting ben fatto e senza difetti troppo pesanti che rendono meno godibile l’esperienza. Rimane solamente l’amaro in bocca per l’approccio al pricing di Capcom per questa remastered, che poteva sicuramente essere venduta al lancio ad un prezzo minore per ciò che offre.