Resident Evil 0 è un videogioco dalla storia travagliata e particolare: nato su Gamecube nel 2002 e poi portato su Wii qualche anno dopo, è rimasto esclusiva Nintendo fino al 2016, anno in cui Capcom ha deciso finalmente di portare il primo capitolo e questo prequel su tutte le altre piattaforme. Spesso snobbato anche dagli appassionati del brand, è invece un capitolo chiave per comprendere tutta la timeline e la lore di Resident Evil. Ambientato precedentemente agli eventi di villa Spencer narrati nel primo titolo, Resident Evil 0 svela molti retroscena riguardanti l’origine del Virus T e della stessa Umbrella Corporation.

Un ibrido fra vecchio e nuovo

Il gioco inoltre offre un interessante fusione fra meccaniche old school e feature più moderne, permettendo anche ai giocatori meno avvezzi alla telecamera fissa e agli sfondi pre-renderizzati iconici dei primi capitoli del brand, di familiarizzare con quest’ultime. L’impostazione e il level design sono infatti sicuramente più ispirati e complessi rispetto a quelli del primo Resident Evil, e inoltre per la prima volta nella saga viene introdotta la possibilità di intercambiare il controllo di due personaggi, Rebecca e Billy, ognuno con le loro peculiarità. È sicuramente questa feature la base del gameplay di questo capitolo, che ha permesso ai game designer di creare degli enigmi con meccaniche inedite per il marchio di Resident Evil, il quale ci ha sempre abituati ad affrontare le nostre paure da soli.

Nonostante però la presenza di due personaggi a schermo, il gioco non è più facile, anzi. La tanto amata cassa magica dove depositare gli oggetti presente in ogni safe house fin dal primo RE è stata completamente eliminata in questo capitolo, e ciò rende la gestione dell’inventario ancora più problematica di quanto già non lo sia in un survival horror ostico come questo. Il fatto di dover lasciare oggetti in giro costringe il giocatore ad un backtracking forsennato per cercare di recuperare le (poche) risorse utili a nostra disposizione. La differenza fra i livelli di difficoltà inoltre è decisamente alta per gli standard odierni: i nemici già a difficoltà intermedia faticano ad andare giù, e l’estrema scarsità di munizioni e oggetti curativi non fa altro che aumentare il terrore di girare l’angolo e trovarsi due mostri davanti.

Terrificanti sorprese

Esatto, ho parlato di mostri e non zombie: sebbene la saga di RE ci abbia sempre abituato ad una varietà di creature extra oltre ai classici non-morti, in questo titolo i nemici “avanzati” arrivano già nelle prime fasi del gioco, facendoci tremare ogni volta che apriamo una porta verso un corridoio sconosciuto. Le ambientazioni in questo Resident Evil 0 segnano inoltre senza ombra di dubbio un passo in avanti rispetto al primo capitolo: gli sfondi sono molto più elaborati, e la telecamera in alcune stanze compie anche dei piccoli movimenti in orizzontale o in verticale, rendendo l’inquadratura più dinamica. Anche gli stessi luoghi che esploriamo sono decisamente più variegati, il prologo si svolge in un treno spettrale invaso da mostri, mentre successivamente ci ritroviamo in un misterioso centro d’addestramento della Umbrella, e le sorprese non finiscono qui.

Un gioco nato su Nintendo, che torna a Nintendo

Approfondendo invece quelli che sono gli aspetti più propriamente tecnici di questo porting su Nintendo Switch, Resident Evil 0 si avvicina molto alle versioni remasterizzate pubblicate da Capcom un paio di anni fa sulle altre piattaforme, fatta eccezione ovviamente per la risoluzione. Il framerate è fisso a 30fps, ma non si riscontrano quasi mai cali di prestazioni, che invece sono addirittura più presenti nel porting del primo Resident Evil. Il problema più fastidioso è tuttavia senza ombra di dubbio il lungo tempo di caricamento che si accompagna all’animazione dell’apertura delle porte. In un titolo del 2019 che promuove così tanto il backtracking è inaccettabile che oltre alla classica animazione della porta fra una stanza e l’altra, sia presente anche un lasso di tempo nel quale lo schermo diventa nero e appare il simbolo del caricamento, facendoci arrivare ad attendere certe volte anche più di una decina di secondi. Immaginate di trovarvi nella situazione di dover recuperare un oggetto che si trova dall’altra parte della mappa o su un altro piano della struttura per risolvere un enigma: nei tre minuti di tragitto per arrivare in quella stanza, vi potete ritrovare ad aspettarne altri due in caricamenti vari, sommateci poi il percorso di ritorno, e vi rendete conto da soli che la tensione e l’immersione tendono a svanire, lasciandosi dietro frustrazione e noia.

Per concludere, nonostante qualche sbavatura, Resident Evil 0 è un capitolo che non può mancare nella libreria di un appassionato della saga, o anche di chi vuole per la prima volta approcciarsi ad essa. Nonostante siano passati 17 anni dalla sua prima release, il titolo è invecchiato più che egregiamente, e offre una buona longevità unita ad un livello di sfida non indifferente per gli standard odierni. Rimane l’amaro in bocca per la politica del pricing per queste remastered, propugnate ad un prezzo superiore rispetto a qualsiasi altra piattaforma. Certo, il vantaggio di poter godere di capolavori del survival horror come questi in modalità portatile non è da sottovalutare, ed è per questo che non mi sento di sconsigliare in assoluto l’acquisto di Resident Evil 0 su Nintendo Switch. Speriamo solamente che con le remastered di Resident Evil 5 e 6 annunciate in questo E3 2019 Capcom possa adottare un approccio diverso, magari proponendo entrambi i titoli a 30 euro in un bundle, piuttosto che farli pagare ognuno a quel prezzo.