Le avventure dei tre eroi giungono alla loro quarta incarnazione. Trine 4 – The Nightmare Prince, sviluppato da Frozenbyte, è arrivato su tutte le console e su PC, pronto a farvi scervellare. Ho già avuto modo di mettere le mani sul titolo precedentemente, anche se con una build di prova, per scrivere una piccola anteprima che potete trovare al seguente link, e in questi giorni mi è stato finalmente consegnato il codice della versione definitiva. Se già con una versione provvisoria avevo avuto modo di saggiare la bontà del prodotto, la prova del titolo completo partiva già con uno spirito tutto sommato positivo. Per carità, i dubbi comunque erano presenti, ma sono stati spazzati via quasi del tutto. Preparatevi dunque a camminare in bilico sulle corde di Zoya, mentre vi riparate con lo scudo di Pontius e create cubi, sfere e lastre con Amadeus tentando di affrontare i loro peggiori incubi.
Dopo aver avuto a che fare con l’Artefatto che dava il titolo al terzo capitolo, questa volta il trio deve far fronte ai terribili incubi del principe Selius, dotato di poteri magici, sfortunatamente poco controllabili, che permettono la materializzazione delle paure non solo del principe, ma anche delle persone che gli stanno attorno. Dobbiamo quindi partire all’inseguimento del principe attraverso foreste, paludi e cime innevate, dando anche una mano ai personaggi che incontreremo – non confondetevi pensando che siano delle missioni secondarie perché, appunto, non lo sono – e tentando di creare una pozione, grazie anche all’aiuto di potenti creature magiche, da donare allo sfortunato sognatore. La trama, anche durante il gioco, non si sviluppa mai più di così e rimane sempre sottotono, blanda e senza alcun colpo di scena, apparendo quindi piatta e decisamente poco ispirata. Appare comunque simpatico il tentativo di arricchire il tutto tramite lettere, da trovare all’interno dei vari livelli e che valorizzano leggermente il quadro generale. Ma ve ne dimenticherete subito: il succo del gioco si trova da tutt’altra parte.
Durante tutta l’avventura gli eroi acquisiscono sempre nuove abilità e le vanno potenziando tramite un albero delle abilità alquanto scarno. È diviso in due: da una parte sono presenti le abilità essenziali, acquisite automaticamente in determinati punti del gioco, che possono poi essere migliorate. Miglioramenti che comunque appaiono alquanto irrilevanti. Fate conto che io ne ho sviluppate giusto un paio senza poi trarne un effettivo bonus tangibile: insomma, se questa possibilità non fosse stata inserita, nessuno ne avrebbe sentito la mancanza. Tali miglioramenti sono poi incentrati prettamente sul migliorare le capacità offensive o difensive, utili nei combattimenti che definire copia e incolla l’uno con l’altro è forse un favore. Ogni tanto, nel corso del livello, ci troviamo impegnati in delle brevi lotte contro un gruppetto di nemici, di solito divisi in ragnoni elementali, lupi, arcieri e bombaroli. La varietà dei nemici è pressoché inesistente e anche arrivando agli ultimi livelli, il livello di sfida è sempre a livelli infimi.
Discorso completamente diverso quello riguardante gli enigmi ambientali. È infatti su questi che poggia l’intera proposta ludica di Trine 4. Per affrontarli al meglio bisogna imparare bene a districarsi tra le varie possibilità offerte dai personaggi ed intrecciarle tra di loro. Ci sono quindi situazioni in cui, mentre stiamo su una corda creata da Zoya, deflettiamo con lo scudo di Pontius un raggio di luce verso un fiore mentre siamo protetti da una lastra creata da Amadeus e precedentemente posizionata. A questo si aggiungono poi puzzle basati sugli elementi, in cui dobbiamo sfruttare la possibilità di congelare gli oggetti data dalle frecce congelanti, attivare interruttori particolari tramite le frecce infuocate o sfruttare la conduttività degli oggetti creati dal mago per collegare con l’elettricità delle bobine. Peccato che quest’ultima possibilità venga offerta in un solo livello, ma sembra sia stata una precisa scelta di sviluppo in quanto, in ogni livello o quasi, troviamo un elemento peculiare con cui avere a che fare. Rovi verdi che fanno esplodere gli oggetti, neve in cui poterli fissare, o ancora magneti da sfruttare. Le idee non sono mancate di certo ma, anche in questo caso, sembrano tutte affrettate e ben poco sfruttate, complice forse la congenita mancanza di budget dello studio di sviluppo.
Man mano che si procede con il gioco il tutto si dipana e complica sempre di più, con il mago impegnato a creare fino a tre oggetti, di tre forme diverse; il guerriero che impara a creare fino a due copie del suo scudo in modo da deflettere, oltre la luce, anche i proiettili in arrivo o l’acqua. La curva di difficoltà si alza in maniera graduale ma inesorabile, senza mai arrivare a una vera e propria sensazione di frustrazione. Solo in tre/quattro casi particolari sono rimasto fermo un po’ più a lungo in alcune sezioni. Certo, alcune volte mi è sembrato quasi di imbrogliare, oltrepassando enigmi con metodi poco ortodossi, sfruttando collisioni mal realizzate e posizioni estremamente di fortuna, regalatemi anche dalla fisica approssimativa del gioco, ma è stato comunque divertente. C’è da ribadire però una cosa importante: il gioco, se affrontato insieme ad amici, cambia radicalmente. Durante la fase di test della versione di prova che mi venne mandata giocai tutti i livelli insieme alla mia ragazza, sfruttando la possibilità offerta dalla cooperativa locale, e le risate erano costanti. Tentavamo di sopravvivere in ogni modo ma spesso saltavamo l’uno in testa all’altro, cadendo quindi verso la morte. Litigavamo anche per decidere come superare un determinato enigma. Il gioco cambia realmente, e non è un modo di dire. In base a quanti giocatori “umani” sono presenti, i puzzle si modificano di conseguenza, rendendo quindi necessaria la partecipazione di tutti. E credevo anche che proprio i puzzle sarebbero stati la base anche dei diversi boss presenti nel gioco, ma mi sbagliavo. A parte un paio “generici”, i mostri di fine mondo che incontriamo sono affrontabili da un solo personaggio del party essendo la loro nemesi o meglio, il loro incubo. Escluso quello dedicato ad Amadeus il mago, gli altri necessitano di un po’ di forza bruta e di una conoscenza estremamente basilare delle possibilità offerte dal personaggio controllato per averne la meglio nella maniera più facile e indolore possibile.
Insomma, anche in questa quarta incarnazione, Frozenbyte non sembra essersi scrollata di dosso i problemi che si porta dietro. Molti aspetti del gioco appaiono curati in maniera superficiale ma, nonostante tutto, la combinazione tra enigmi, musiche e lo splendido stile artistico riescono a catturare il giocatore, soprattutto in compagnia. Il motore grafico utilizzato, proprietario della software house e aggiornato per l’occasione, restituisce dei paesaggi semplicemente incantevoli. Tecnicamente non ho avuto il benché minimo problema e, date le opzioni, il titolo sembra ben scalabile ed eseguibile anche su configurazioni poco performanti. Siamo arrivati comunque alla quarta volta in cui pensiamo “bhe dai, magari al prossimo capitolo correggono i loro difetti”. Forse sarebbe anche giunto il momento, in modo da dare ancora più lustro ad una serie che, tutto sommato, se lo meriterebbe anche.
Il gioco è stato eseguito sulla seguente configurazione:
- Mobo: Gigabyte Z390 AORUS PRO
- CPU: Intel Core i7-9700K
- Ram: 16GB DDR4 2133mhz Corsair Vengeance
- Dissipatore: Noctua NUH-D14
- Alimentatore: EVGA 650GQ 80+ Gold
- GPU: Gigabyte G1 2080 8GB
- HDD: WD Blue 1TB
- SSD: Samsung 256 GB