Giovedì 14 e Venerdì 15 Novembre si è svolta la Gamerome, manifestazione di settore dedicata in particolare agli sviluppatori e agli “addetti ai lavoratori”. Non parliamo infatti di un evento consumer, bensì di una serie di conferenze mirate e utili a chi è già impegnato (o vorrebbe esserlo) nell’arduo compito di ideare, sviluppare e vendere un videogioco. Proprio per questo nel nostro recap, diviso in due parti, troverete soltanto quegli incontri e quelle informazioni che credo possano interessare un pubblico più ampio possibile.
Bando alle ciance, passiamo a quello che abbiamo visto (e sentito).

Intellivision Amico: Getting back to the core roots of gaming

In questo incontro Hans Ippisch, presidente di Intellivision Europe, ha illustrato quello che è il futuro e l’obiettivo di Amico, nuova console in uscita il 10.10.2020.
La serie di slide si apre con un’affermazione effettivamente “controcorrente”, affermazione su cui poi si basa tutto il lavoro concettuale dietro la nuova console:
“Ci sono 200 MLN di hardcore gamers, ma ci sono 3 MLRD di casual gamers”.
L’obiettivo di Amico è quindi quello di rivolgersi a quella fetta di pubblico, la più ampia, che gioca solo ed esclusivamente come passatempo saltuario. Per riuscire a farlo, secondo Intellivision, bisogna tornare (come suggerisce il titolo della conferenza) alle radici del videogioco. Comandi semplici e intuitivi, tanto gameplay e pochi fronzoli. L’intento è quello di offrire un divertimento immediato e universale, provando a mettere di nuovo al centro dell’esperienza la socialità, facendo riunire amici e familiari nella stessa stanza, con in mano gli stessi joystick.
Non so dirvi quanto questo format possa realisticamente funzionare. Ovviamente auguriamo a Hans e a tutta l’Intellivision il successo sperato.

Pride Run e LGBTQ+ in videogames

Ivan Venturi, Mauro Copeta e Giacomo Guccinelli hanno parlato del nuovissimo (e chiacchieratissimo) Pride Run al pubblico della Gamerome. Noi lo conosciamo già bene: oltre al buonissimo rapporto con Ivan Venturi, il nostro Fraws ne ha parlato recentemente nella sua rubrica “Giochi WTF”. Pur essendo arrivando in ritardo (è finita tardi la conferenza precedente), i pochi minuti a cui ho assistito sono bastati per sottolineare e ribadire alcuni punti importanti.
Il primo: la dinamica con cui gli sviluppatori si sono ritrovati a combattere più frequentemente è stata il sentirsi dire “bello il gioco, bella l’idea, avete il nostro pieno appoggio…però non ne parliamo”. Inaspettatamente la stampa italiana è quella che ne ha parlato di più.
Il secondo: alcune società e, più in particolare, alcuni individui fanno gli splendidi mostrandosi gay-friendly solo quando c’è da guadagnarne in visibilità o economicamente. Senza fare nomi, caratteristico il caso di una società che, da una parte, finanzia il Pride di una nota città inglese; dall’altra, attraverso la nota testata videoludica di cui è padrona, comunica di non voler parlare di Pride Run perché “di nicchia e di scarso interesse”. Viltà e ipocrisia fuse insieme.
Il terzo: frutto in parte dei primi due, è racchiuso nella (triste) frase con cui Ivan Venturi ha chiuso la conferenza: “E’ chiaro che l’ambiente videoludico non è pronto per dinamiche di questo genere”. 
Non posso che essere d’accordo con Ivan, “rincuorandolo” però sulla questione: probabilmente non è solo l’ambiente videoludico a non essere pronto.

Increasing diversity and inclusion in the workplace 

La Gamerome ha dato molta importanza alle tematiche sociali e, almeno con me, è stata sfondata una porta aperta. In questo incontro si è affrontata la discriminazione presente nei luoghi di lavoro, in particolare nei confronti delle donne. A condurre la conferenza Mea Nilimaa, Marie-Claire Isaaman (CEO di Women in Games), Kate Edwards e l’italianissima Micaela Romanini, fondatrice di Women in Games Italia e Event Director proprio della Gamerome.
Le dinamiche toccate sono, sfortunatamente, le solite: disparità salariale, impossibilità di ambire a ruoli di estrema rilevanza e la tendenza a trattare le donne con meno “professionalità” rispetto ai colleghi uomini. Tutte le relatrici hanno denunciato questi comportamenti, raccontando le infelici esperienze subite in prima persona.
Mea Nilimaa, ad esempio, ha raccontato di aver lasciato una nota azienda dopo che quest’ultima si rifiutava di pagarle lo stesso stipendio di un collega uomo che svolgeva la stessa identica mansione.
Kate Edwards ha invece ricordato come, soprattutto a inizio carriera, venisse presa poco sul serio dal suo capo e dai suoi colleghi, quasi come se le sue abilità valessero meno.
Il punto è comunque chiaro: tutt’oggi esistono varie forme di discriminazione nei confronti della donna, anche e soprattutto nei luoghi di lavoro. E’ dovere di una società progressista (o, se vogliamo, semplicemente civile) far si che queste differenze diventino soltanto uno sbiadito ricordo. In questa direzione, si è giustamente sottolineata l’importanza dell’educazione e, soprattutto, della responsabilità individuale. Personalmente, non ho potuto non sottolineare l’importanza e la necessità di uno strumento politico, l’unico che, parallelamente a quello culturale e individuale, può veramente cambiare alcune dinamiche sozze e retrograde. Le relatrici hanno convenuto con me sulla questione, senza comunque nascondere la loro sfiducia sulla situazione politica attuale. Come dare loro torto.

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The Power of Play con Ian Livingstone 

Se ho fatto tardi alla conferenza su Pride Run è semplicemente perché, in contemporanea, a parlare sul palco L della Gamerome c’era una leggenda del videogioco e dell’intrattenimento: Ian Livingstone!
Classe 1949, Ian Livingstone ha raccontato la sua passione per l’intrattenimento, i suoi primi passi nel settore e, infine, come è riuscito a raggiungere il successo.
Da giocatore ossessionato di D&D, Livingstone inizia a scrivere i primi magazines dedicati al mondo fantasy e ai giochi di ruolo. Fonda quindi Games Workshop, con cui diventa unico distributore di D&D negli UK. Degno di nota l’aneddoto riguardante il bancario che gli concesse il primo, fondamentale prestito: “Mentre gli mostravo il progetto e gli parlavo di mostri, fate e via discorrendo, mi guardava come un cane guarda la TV. Affascinato ma senza capirne nulla”.
Il ruolo di distributore però cominciava a stargli stretto e, grazie alla collaborazione con Citadel, Ian decide di creare la propria IP: Warhammer. Da qui uno dei primi consigli di Ian agli sviluppatori di videogiochi: diventate proprietari dei vostri contenuti. Non vendete immediatamente le vostre idee, non limitatevi a fornire servizi. 
Il debutto di Ian nel mondo videoludico si ha con Eidos, publisher del primo Tomb Raider. Ed è proprio ribadendo l’importanza del nostro medium preferito che Ian ha chiuso la sua conferenza: i videogiochi possono promuovere la storia, la fisica, la gestione e il multi-tasking. Attraverso il videogioco si può e si deve imparare. Senza dimenticarsi che, tramite il videogioco, si possono intrattenere le persone disabili come mai prima d’ora. Emozionante, non lo nego, il video di chiusura dell’associazione SpecialEffect, organizzazione che si occupa di portare l’esperienza videoludica veramente a tutti.

 

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Per questo Gamerome – Day 1 è tutto, a breve con la seconda e ultima parte.