Chiunque legga fumetti sa quanto la DC sia stata maltrattata al cinema negli ultimi anni: adattamenti non all’altezza, fotografia deprimente, effetti speciali discutibili (coff coff labbra in CGI coff coff), ma soprattutto, i film erano completamente asettici. Marvel ha continuato a farla da padrona indiscussa, un po’ come la Juve nel campionato, ma la controparte ha cominciato a mostrare segni di vita: Shazam! era un film divertente e disimpegnato, a cui è seguito l’inarrivabile Joker di Todd Phillips, e il 6 febbraio arriverà nelle sale Birds of Prey e la fantasmagorica rinascita di Harley Quinn.

Dopo il deludente Suicide Squad, Margot Robbie ha lavorato anni per dare una seconda chance alla sua Harley Quinn, il risultato di questa fatica è un sequel che si piazza leghe avanti al primo capitolo. La storia comincia poco dopo la conclusione di Suicide Squad: il Joker (che saggiamente non viene mostrato) rompe con Harley e lei ne è distrutta; la parte peggiore però è che tutti quelli a cui ha fatto dei torti sono pronti a reclamare la sua testa, ora che non è più sotto la protezione del clown. Uno dei più ansiosi di toglierle il sorriso dalla faccia, anzi proprio la faccia, è Roman Sionis (Ewan McGregor), figlio di potenti industriali diseredato e diventato signore del crimine, aka Maschera Nera. Il suo braccio destro è il famigerato psicopatico Victor Zsasz (Chris Messina), uno di quelli che a sentire i vicini salutava sempre. Per salvarsi la vita Harley è costretta a recuperare un diamante rubato, e nel viaggio alla ricerca della sua emancipazione incontrerà le altre protagoniste del film: la cinica detective dimissionaria Montoya (Rosie Perez); Black Canary (Jurnee Smollett-Bell), cantante e autista personale di Roman; la giovane ladruncola Cassandra Cain (Ella Jay Basco); e Cacciatrice (Mary Elizabeth Winstead), una misteriosa assassina dal movente sconosciuto.

La storia di Birds of Prey non è niente di nuovo, ma la scrittura è funzionale e i salti temporali danno più spessore alla struttura narrativa, senza però renderla confusa o incoerente. Altro grande pregio è la quasi totale assenza di collegamenti con Suicide Squad, tanto che il film è del tutto godibile senza averlo visto: una delle mosse più intelligenti della sceneggiatrice Cristina Hodson. Le interazioni tra le protagoniste sono divertenti, a volte anche con un barlume di profondità, altre con un pizzico di cringe, ma riescono per la maggior parte a risultare credibili e non forzate. Trattandosi di un film corale, alcuni personaggi sono meno caratterizzati, ma tutti hanno degli obiettivi chiari e delle motivazioni comprensibili; o nel caso di Harley qualche disagio psichico più o meno grave. I dialoghi trovano comunque un buon equilibrio tra la serietà e la follia. Alcune infodump della voce pensiero di Harley sono ridondanti, visto che parlano sopra l’azione su schermo, ma niente di compromettente. Il mondo di che ne viene fuori è più sfaccettato di quanto ci si potrebbe aspettare, ma la sua costruzione emerge senza il bisogno di ricorrere al mero name dropping per fare numero.

La regia è di Cathy Yan, alla sua seconda esperienza col grande schermo, ma alcuni reshoot sono stati affidati a Chad Stahelski, e si vede. Le inquadrature sono pulite, non c’è più la tipica saturazione DC con verde/blu al 95% possiamo quindi apprezzare i toni pastello di Harley Quinn e del suo mondo, contrapposti al grigiume di Gotham. Ma la parte più interessante del film sono le scene d’azione: le botte fanno male, le sentono i personaggi e le sente il pubblico. Le coreografie hanno alti e bassi, mantenendo un livello buono per tutto il film, e l’ambiente ha un ruolo centrale ogni volta che si viene alle mani. Non a caso il film si è beccato il rating R negli USA: l’azione, magari meno spettacolare, rimane più profonda e d’impatto di qualsiasi cosa abbia prodotto la Marvel, almeno dai tempi di Winter Soldier. Il montaggio aiuta a enfatizzare pugni e calci, accompagnando i colpi invece di tagliare ogni mezzo secondo, e il rallenty è usato con parsimonia dove serve. Gli effetti speciali non sono il fulcro di tutto come ormai siamo abituati a vedere, anche questi hanno un tempo e un luogo, e delle ottime controfigure pensano al resto.

Birds of Prey ha dalla sua anche le eccellenti performance di tutto il cast, ma soprattutto di Margot Robbie e Ewan McGregor: lei si conferma un’ottima attrice in grado di dare profondità anche a ruoli apparentemente superficiali, e lui è un mostro sacro che sembra divertirsi tantissimo in questo ruolo. Nonostante si porti dietro molti dei difetti del genere, sarebbe ingiusto non riconoscere al film i suoi meriti, e ne ha più di tanti altri cinecomics usciti negli ultimi anni. L’universo DC sembra essersi tirato fuori dal buco in cui l’avevano sepolto, e quello di cui aveva bisogno era una buona dose di moderazione: nei toni, nella scrittura, nelle ambizioni di grandezza. Ma più di ogni altra cosa la produzione doveva smettere di inseguire la Marvel e sperare di batterla al suo stesso gioco, e sembra che la strada che stiano percorrendo sia proprio questa: speriamo che duri e che ci regali altri film di intrattenimento di ottimo livello come questo.