Ci sono generi che nel corso del tempo si sono evoluti poco, soprattutto nelle meccaniche, restando al passo della tecnologia solo dal lato grafico. Poi c’è Infinite: Beyond The Mind, che anche nell’aspetto tecnico ricorda gli anni ’90, e allora il tuffo nel passato è totale. Un bene o un male? Una via di mezzo, visto che il platform/action sviluppato da Emilie COYO e pubblicato da Blowfish Studios riesce in quel che fa, ma probabilmente avrebbe potuto farlo meglio.

Sulla trama non c’è molto da dire, d’altronde il genere non impone ci sia una storia così profonda da spingere il giocatore ad andare avanti. Siamo su una Terra su cui i conflitti mondiali sono all’ordine del giorno, e due ragazze con poteri speciali vogliono ribellarsi alla tirannia della Regina Evangelyn. Una delle due viene però rapita (quella che non scegliamo di utilizzare per l’avventura) ed è nostro compito salvarla.

Bene, tutto ciò che vi ho appena descritto in realtà l’ho letto su internet poiché, nonostante abbia selezionato la lingua italiana del gioco, l’introduzione è apparsa inspiegabilmente in francese. Avrei potuto capire se fosse stato in inglese ma no, il francese a parte qualche parola proprio non lo capisco. Fortunatamente il gioco poi è stato, come da me selezionato, in italiano: non che per proseguire serva capire la storia, ma vedersi l’incipit in francese è stata una sorpresa.

Scelto il personaggio si vieni buttati nella mischia, come un buon platform/action deve fare. Proprio come i più conosciuti Metal Slug o Shantae, i primi che mi son venuti in mente giocando a Infinite: Beyond the Mind, anche qui dobbiamo a sconfiggere una miriade di nemici che si parano sulla nostra strada. Inizialmente abbiamo solo un colpo fisico a bassa potenza per difenderci e attaccare, ma con l’avanzare del gioco si ha l’opportunità di potenziarsi con power-up stabiliti dall’avanzare della storia, senza possibilità di scelta.

I livelli sono 16 e abbiamo anche alcune fasi, che ho apprezzato, di sparatutto a scorrimento orizzontale; per portare a termine l’avventura principale ho impiegato poco più di due ore. Complici moltissime morti (circa una quarantina) dovute in parte a miei errori e in parte ad una fisica non proprio intuitiva, ho avuto qualche momento di frustrazione dal momento che una volta vista la scritta del Game Over bisogna ricominciare il livello da capo: old school in tutto e per tutto.

Poco male in realtà, il titolo alla fin fine si lascia giocare con piacere e andando avanti nei livelli, migliorando sia la mia abilità che quella del personaggio, sono arrivato ad eseguire attacchi e salti millimetrici che mi hanno dato molta soddisfazione.

La difficoltà non è mai proibitiva, per quanto alcune sessioni siano effettivamente più ostiche di quanto ci si aspetterebbe a causa di una curva di difficoltà altalenante: ho portato a termine livelli in un determinato tempo e perdendo alcune vite, per poi superare il livello successivo indenne e in nemmeno un minuto, per poi rimanere su quello successivo per più di dieci minuti perdendo decine di vite.

Come già detto, spesso la causa della nostra morte risiede nella fisica non proprio eccezionale: non che ci si aspetti realismo da un action old school, ma vedersi sbalzati via da una piattaforma perché colpiti da un raggio laser senza possibilità di poter far nulla se non cadere nel vuoto è un po’ limitante.

Sull’aspetto tecnico ci sarebbe tanto e allo stesso tempo poco da dire. Lo stile retrò e pixellato lo amo e credo che la pixel art, se usata a dovere, possa regalare grandissima soddisfazione ed essere benissimo al passo con i tempi (vedi Sonic Mania). Assistiamo troppo spesso però a giochi che si nascondono dietro questo stile visivo per regalare all’utente un comparto grafico pigro, che tenta di giustificarsi con la ricerca di un gusto vintage quando, in realtà, si sarebbe potuto fare molto di meglio.

Infinite: Beyond the Mind non è brutto da vedere e, come detto inizialmente, riesce in quel che fa. Non mi è mai capitato di non capire dove andare, o di non distinguere i nemici, o ancora di vedere rallentamenti nelle fasi più caotiche. Il tutto fila liscio, ma per tutta la durata dell’avventura si ha la sensazione di un gioco abbozzato, con animazioni limitate e scenari vuoti. Di certo non una gioia per gli occhi. Nulla da segnalare dal lato del comparto sonoro: effetti tipici da action vecchio stile, con musiche non memorabili e quasi accessorie.

Il lavoro svolto da Emilie COYO può essere sicuramente apprezzato da tutti coloro che hanno voglia di un platform/action in pixel art, un qualcosa di poco pretenzioso e per passare qualche ora di divertimento “ignorante” in cui uccidere nemici e mettere alla prova le proprie abilità e pazienza.

Una maggior cura nei dettagli, a partire da quell’introduzione in francese fino allo stesso comparto tecnico, una fisica leggermente rivista e qualche livello in più probabilmente avrebbero reso Infinite: Beyond the Mind ancora più interessante; attualmente è solo uno dei tanti action a scorrimento orizzontale da giocare se recuperato a pochi euro.