Si sa, i giorni estivi portano con sé davvero molto tempo libero. E, inutile dirlo, per noi giocatori molto tempo libero equivale a..beh, molto da giocare. Se siete indecisi su cosa sfogare la vostra fame videoludica, perché allora non buttarsi su non uno, non due, ma ben 22 giochi diversi? Ed effettivamente, sembra che NAMCO abbia pensato proprio a questo, pubblicando due titoli: Namco Museum Archives Vol. 1 e 2. Si tratta di due raccolte, ognuna comprendente 11 giochi differenti, che compendiano al loro interno alcuni dei titoli storici più iconici e caratteristici della nota casa giapponese, che condividono quindi il marchio di fabbrica della stessa.
Nostalgia canaglia
Namco Museum Archives Vol. 1 e 2 fanno subito leva, e questo è evidente, su un grandissimo effetto nostalgia: impossibile non pensare ai bei vecchi tempi che furono, quando, ancora sbarbati, avevamo modo di giocare questo o l’altro titolo sulla console di un amico o sul tanto conteso cabinato nella sala giochi di quartiere. Tutti i giochi proposti all’interno delle collection, infatti, sono selezionati tra quelli che maggiormente hanno lasciato un’impronta, un segno e un ricordo nella mente di tutti i giocatori di vecchia data e più in generale, degli amanti del retrogaming. E se è vero che non tutti sono invecchiati particolarmente bene, alcuni di essi regalano ancora quelle sensazioni di soddisfazione, sfida e divertimento immediato che in molti titoli odierni ha assunto connotati e sfumature diverse. Volendo parlare solo di alcuni titoli presenti all’interno del Volume 1 basti pensare a Pacman, che non ha bisogno di presentazioni. Oppure a Galaxian, che è possibile definire come il cugino non particolarmente intelligente di Space Invaders, seppur altrettanto valido e d’intrattenimento. Per gli amanti delle ambientazioni fantasy, impossibile non citare Dragon Spirit e Dragon Buster. Il primo, in realtà, è paragonabile a uno shoot’em up con visuale isometrica: solo che, al posto della comune astronave, abbiamo il controllo di un vero e proprio drago e, sconfiggendo i nemici, possiamo ottenere diversi bonus e miglioramenti. Il secondo, invece, è definibile come un dungeon crawler ante litteram, con una manciata di tasti per saltare, colpire e spostarsi. Senza dimenticare Mappy, in cui impersoniamo un tenero roditore intento a scappare, saltando da una piattaforma all’altra, da orde di gatti davvero ostinati.
Passando alla seconda raccolta, possiamo trovare altri undici titoli altrettanto iconici: alcuni di essi sono i diretti sequel di alcuni visti prima, come Dragon Buster II, che in sostanza non introducono cambiamenti rilevanti all’interno del gameplay, o Galaga, che riprende a piene mani da Galaxian proponendo però uno stile più aggressivo e frenetico del titolo citato. Presente anche Pac Land, un platform a scorrimento in cui impersoniamo la celebre pallina gialla intenta a schivare i tanto temuti fantasmi non più all’interno di un labirinto bidimensionale e monocromatico, ma per le strade della sua città: obiettivo principale è infatti quello di percorrere la massima distanza possibile, prestando molta attenzione a non scontrarsi con i nemici e dunque, impegnandoci quanto più possibile nell’evitarli non solo saltando, ma anche regolando attentamente la velocità della nostra corsa e, nei punti che lo richiedono, fermandoci bruscamente per poi riprendere ad avanzare una volta che il campo visivo è libero. Legacy of The Wizard rappresenta, invece, un platform fantasy all’interno del quale possiamo prendere il controllo di molteplici personaggi: ognuno di essi ha abilità e armi uniche, e riesce a fronteggiare i nemici che gli si parano davanti in maniera fortemente differenziata rispetto agli altri. Chiudiamo la rassegna dei titoli del Volume 2 che mi hanno maggiormente colpito con Rolling Thunder, platform shooter a scorrimento orizzontale nel quale impersoniamo un agente segreto intento a farsi strada tra gli agenti nemici, con l’obiettivo di fuggire e neutralizzarli.
Difficoltà dal passato e aiuti dal presente
Senza dubbio, la difficoltà dei titoli presenti all’interno di Namco Museum Archives Vol. 1 e 2 è fortemente tarata verso l’alto. E non poteva essere altrimenti, considerando il retaggio culturale che si trascinano e la mentalità old school con cui sono stati pensati: durante le sessioni di gioco, è fondamentale tenere sempre alta l’attenzione, distrarsi quanto meno possibile e, al contempo, osservare i movimenti dei nemici, i quali se ignorati o comunque presi sottogamba, riescono davvero a dare del filo da torcere. Insomma, i giochi dei due Volumi sono sicuramente affascinanti, divertenti e nostalgici, ma proprio per questo non vanno trattati superficialmente e anzi sanno come farsi valere. Questo elevato tasso di sfida, che agli occhi di un retrogamer – o semplicemente di un giocatore nostalgico – rappresenta un grande valore aggiunto e un motivo all’acquisto, finisce però per perdere di significato, quantomeno per la maggior parte dei giocatori. Gli sviluppatori hanno infatti deciso di inserire, in entrambi i Volumi, la possibilità di effettuare in qualsiasi momento un breve rewind: questo permette di annullare, di fatto, gli ultimi 5-10 secondi di gioco. Il che comporta a sua volta l’impossibilità di morire. Ogni volta che un’azione, una manovra, un movimento non hanno funzionato nel verso giusto, è sufficiente la pressione di un tasto per annullare l’azione eseguita e continuare a giocare normalmente. Se è vero che questa trovata non è in alcun modo obbligatoria, sinceramente spezza la tensione e non invoglia a dare il massimo, specie se si considera che lo scopo principale che accomuna tutti i giochi delle collection è quello di realizzare il punteggio più alto possibile. Cosa che, con un exploit simile, finisce per essere tutto meno che impossibile.
Tecnicamente valido e accattivante
Dal punto di vista tecnico, Namco Museum Archives Vol. 1 e 2 su PS4 girano senza alcun tipo di intoppo o rallentamento: ma questo è abbastanza scontato e, anzi, sarebbe stato strano il contrario. Stiamo quindi parlando di 60 FPS stabili e fissi, che non accennano a calare in praticamente nessuna situazione. Analizzando invece i contenuti secondo un approccio prettamente più artistico e incentrato sul design, è innegabile che l’atmosfera retro, e quella arcade in generale, fanno sempre la loro figura e riescono a esercitare il loro fascino in maniera diretta, concisa e vivace, indipendentemente dagli anni passati o dalle preferenze nel frattempo maturate in ognuno di noi.
Centrato, ma non in pieno
Insomma, Namco Museum Archives Vol. 1 e 2 rappresentano sicuramente una di quelle operazioni nostalgia che molte aziende intraprendono, chi con più e chi con meno successo. In questo caso specifico, la manovra potrebbe dirsi riuscita, anche se non del tutto. I giochi selezionati sono validi, intrattengono e riescono a mantenere viva l’attenzione e la concentrazione. Ma bisogna pur sempre ricordare che si tratta di titoli con determinati anni sulle spalle, e la cui componente più sfidante ha subito un notevole ridimensionamento a causa dell’introduzione della possibilità di annullare le azioni di gioco intraprese. A tutte queste considerazioni bisogna anche aggiungere il prezzo decisamente eccessivo e spropositato rispetto all’offerta che accompagna: stiamo parlando, all’incirca, di 20 euro per ciascuna collection, per un totale quindi di ben 40 euro a fronte di “soli” 22 titoli. Non proprio un affare, soprattutto se si considera che con una cifra simile si possono portare a casa ben altre produzioni. L’acquisto, stando così le cose, sarebbe consigliato soltanto ai più appassionati e irriducibili retrogamers. Per tutti gli altri, la mossa migliore sarebbe quella di aspettare un calo di prezzo, per godere comunque di un prodotto ben realizzato ma a condizioni decisamente più favorevoli.