Le visual novel non sono mai state molto popolari al di fuori del giappone, ma ora, grazie soprattutto alla saga di Fate e al tanto chiacchierato Doki Doki literature club, il genere è riuscito a ritagliarsi una buona fetta di pubblico anche al di fuori del territorio nipponico. In questo clima di scoperta e di apertura a un genere sicuramente non per tutti, il team australiano Route 59 sarà riuscito a creare una visual novel innovativa con il suo Necrobarista, o avrà semplicemente svolto il compitino?

Quindecim? No, questo è il The Terminal

Il gioco si apre in uno vicolo di una Melbourne cupa e piovosa. Dopo aver percorso qualche passo e aver letto poche righe di testo che confermano sin da subito il vostro stato di salute, il giocatore viene indirizzato verso un locale presente sulla strada: il The Terminal.
Una volta entrati nel cafè si viene accolti da Maddy, una ragazza esuberante che, oltre a essere la barista del locale, ne è anche la nuova proprietaria. Proprio la giovane, dopo una breve chiacchierata con il giovane protagonista hipster Kishan, gli rivela in tutta tranquillità la natura del bar: “Questo, caro defunto, è il capolinea“.

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L’incipit potrebbe sembrare non particolarmente originale e ispirato ad altre opere come l’anime Death Parade, ma questo è solo l’inizio di un viaggio tra personaggi carismatici, situazioni tragicomiche, magia, alchimia e momenti di vera e propria riflessione filosofica sulla vita e sulla morte. Essendo la trama il fulcro del genere videoludico preso in esame, non voglio rivelarvi altro di Necrobarista per non rovinarvi l’intera esperienza.

La gioia dei millennial

Se non viene mai imbattuti nel termine millennial, non preoccupatevi, vi riassumo in breve il significato di questo neologismo. Per millennial si intende quella generazione nata tra gli anni ottanta e la metà degli anni novanta. Tutti coloro che, come dice la parola, sono venuti al mondo al termine del millennio precedente e che hanno vissuto la nascita ed evoluzione dei trend, dei social network e del mondo digitale.
Perché intitolare questo paragrafo “la gioia dei millennial” dunque? Perché Necrobarista è pieno di modi di dire di noi ormai non più così tanto giovani – ci sono dentro pure io -, citazioni a opere e mode che abbiamo assimilato durante il corso della nostra vita comprensibilissime per noi ma probabilmente un po’ meno da altre generazioni.

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No, non è una partita di Yu-Gi-Oh!

Il protagonista racchiude in sé alcuni tratti del trentenne -o quasi- di oggi, perciò se vi trovate in questa fase della vita, entrerete sicuramente in empatia con lui. Un plauso all’adattamento italiano, che non si limita a svolgere il minimo lavoro ma regala delle linee di dialogo davvero piacevoli e coerenti con quello che è il nostro modo di esprimerci.

Possiamo parlare di vero gameplay?

Da sempre il gameplay è la parte più limitata all’interno di una visual novel. Spesso l’intera esperienza si basa esclusivamente sulla lettura di centinaia di linee di dialogo, magari alternata da qualche scelta multipla, ma non è questo il caso. Necrobarista offre la possibilità di controllare in prima persona Kishan, muovendolo all’interno del locale per curiosare in ogni angolo e scoprirne ogni segreto.

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Questi vanno sbloccati inserendo determinati simboli nell’apposita schermata: ma come si ottengono questi simboli? Durante le conversazioni alcune parole appaiono scritte in giallo, basta dunque selezionarle per avere una spiegazione delle delle stesse. Queste vanno memorizzate, perché alla fine di ogni capitolo saranno da selezionare tra una serie di termini anche casuali. Una volta scelte correttamente, queste parole mutano nei già citati simboli. Un gameplay semplice, ma che aiuta a spezzare il ritmo dal continuo click tra un dialogo e l’altro. necrobarista

La morte si fa bella

Senza troppi giri di parole, il comparto artistico di Necrobarista è davvero fantastico. Abbandonate le schermate in 2D tipiche del genere, il team di sviluppo adotta uno stile 3D cell shading che ricorda molto da vicino alcuni anime e, soprattutto, alcuni titoli ATLUS come Persona 5 e Catherine. Le scene che accompagnano i dialoghi sono statiche per quanto concerne i personaggi a schermo, ma spesso contengono un buon numero di particellari in movimento. I filmati, non doppiati come tutti il resto del gioco, utilizzano lo stesso motore grafico presente in game, regalando una regia niente male per il genere di appartenenza.

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Sia i dialoghi che i filmati sono spesso accompagnati dalla bellissima colonna sonora composta da Kevin Penkin – autore delle OST di Made in Abyss, Tower of God e The Rising of the Shield Hero – che sa adattarsi perfettamente alle situazioni proposte a schermo.
Unica nota dolente in tutta questa bellezza è il frame rate, spesso troppo ballerino durante le fasi di esplorazione. Certo, non si tratta di veri e propri cali che rendono ingiocabile il titolo, ma sono comunque visibili.

Welcome to the Black Parade

Gli sforzi della software house australiana hanno dato i loro frutti regalandoci una visual novel brillante ed esteticamente accattivante. I dialoghi non sono mai noiosi o ripetitivi, il ritmo è buono e il gameplay, seppur limitato, aiuta il titolo a farsi largo tra le altre opere dello stesso genere videoludico. Necrobarista, complici il già citato ottimo adattamento italiano, il prezzo budget e i bassi requisiti di sistema richiesti per giocarlo, è il perfetto punto di partenza per tutti coloro che vogliono entrare in questo mondo fatto di lunghi dialoghi e scene statiche, ma saprà sicuramente farsi apprezzare anche da coloro che masticano il genere da tempo.
L’appuntamento è fissato al 22 luglio su PC, mentre per le versioni PS4 e Nintendo Switch si dovrà attendere il 2021.